Il 7 aprile è la Giornata mondiale per il diritto alla salute.
Secondo l’Oms, l’Italia per molti anni è stata tra i Paesi con un Servizio Sanitario Nazionale tra i migliori al mondo, diretta conseguenza della riforma del 1978 che aveva reso effettivo il diritto universale alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Con l’istituzione del Ssn scomparivano le mutue collegate direttamente ad uno specifico settore lavorativo, residuo del modello Bismarck applicato nella seconda metà del XIX secolo in Germania, allora soluzione innovativa, diventata poi obsoleta per le ingiustificate differenze che produceva nell’accesso alla cura.
Il Ssn, fondato sull’universalità e la gratuità, trovava il suo sostentamento nella fiscalità generale basata su una tassazione progressiva in relazione al reddito e produsse un netto miglioramento delle condizioni di salute in particolare delle classi popolari, permettendo al nostro Paese di raggiungere un’attesa di vita tra le più alte al mondo. Cosa resta oggi di tutto questo? Non molto, e ciò che resta rischia di scomparire sotto i colpi delle controriforme realizzate dai governi passati e di quelle preannunciate da Renzi alla recente convention del Lingotto.
Vediamo in sintesi alcuni degli aspetti macroscopici della situazione attuale:
– Nel 2016 circa 10 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi, le ragioni principali sono di tipo economico;
– Nello stesso anno le famiglie hanno speso oltre 35 miliardi di euro per prestazioni sanitarie private, con un aumento di oltre il 3% rispetto al biennio 2013/2015;
– Il 70% di chi ha scelto la sanità privata lo ha fatto per i lunghi tempi di attesa del Ssn;
– Per la prima volta è stato inserito il numero chiuso per l’accesso a terapie indispensabili. La vicenda del Sofosbuvir, il farmaco contro l’epatite C prodotto dalla Gilead, né è un esempio. L’Agenzia Italiana del Farmaco, 20 giorni fa, ha annunciato con grandi squilli di tromba di aver ampliato il parterre di chi potrà accedere alla terapia – prima riservata a chi era in stato già avanzato di malattia – annunciando che sarebbero state curate 80.000 persone/anno e che in tre anni si sarebbe puntato ad eradicare l’epatite C. Nulla di più falso: secondo tutte le fonti internazionali le persone affette dall’Epatite C in Italia sono almeno 900.000, con i numeri forniti dall’Aifa occorrerebbero almeno 11 anni per curarli tutti, ma nel frattempo altri si infetterebbero;
– A fine marzo la ministra Lorenzin ha emanato una circolare che autorizza ad importare dall’estero (ad es. dall’India) i farmaci necessari, ma non accessibili in Italia, destinati ad uso personale per un periodo massimo di 30 giorni. L’importazione può avvenire anche via web sempre con ricetta medica. Una circolare generica, ma nei fatti rivolta ai malati di epatite C, che da un lato prende atto (con grande ritardo) dei viaggi della speranza di tanti nostri connazionali e dall’altro smentisce l’Aifa dichiarando formalmente che in Italia non esiste il diritto alla cura per tutti;
– La situazione è destinata a peggiorare nei prossimi mesi quando entreranno in commercio i farmaci oncologici di nuova generazione con prezzi non lontani dai 100.000 euro a persona. Il costo di produzione e ricerca spesso non arriva al 10% del prezzo di mercato stabilito dalle grandi aziende farmaceutiche. Ma i governi, non solo quello italiano, si guardano bene da rimettere in discussione gli accordi commerciali sui brevetti (i TRIPs): non è un mistero il peso che l’industria farmaceutica esercita sul mondo politico;
– Negli ultimi anni sono fortemente cresciute le assicurazioni integrative, che non sono solo integrative ma bensì sostitutive del Ssn, ed infatti il nomenclatore dei servizi che forniscono si sovrappone abbondantemente alle prestazioni garantite dai Lea, i Livelli Essenziali di Assistenza. Ultimamente queste polizze sono state inserite direttamente in vari accordi sindacalinazionali e sono finanziate almeno in parte dal pubblico attraverso la defiscalizzazione. Paradossalmente sono destinate ad entrare in conflitto con il Ssn, anch’esso finanziato dallo Stato… e non è difficile indovinare chi sarà lasciato soccombere;
– L’orizzonte è quello di un ritorno a qualcosa di molto simile alle vecchie mutue con il risultato di una sanità privata per chi potrà permettersela e di un’assistenza sanitaria pubblica, fortemente ridotta nell’offerta delle prestazioni, destinata ai tanti vecchi e nuovi poveri, all’esercito dei non garantiti.
Tutto ciò è sorretto da precise strategie di mercato fondate su un poderoso intreccio di interessi che coinvolge una gran parte dei decisori politici, come emerge dagli innumerevoli scandali che esplodono a livello locale, nazionale o globale.
La giornata del 7 aprile offre l’opportunità di affrontare pubblicamente questi temi. Ma non è sufficiente; sarebbe necessaria una forte consapevolezza collettiva in grado di sensibilizzare anche quelle forze politiche che, pur dichiarandosi contro questo sistema, non sembrano ancora consapevoli dell’importanza di una grande battaglia in difesa della diritto di tutti alla salute.