Tibet: 58. anniversario della rivolta popolare (10.3.1959)

La Cina continua a ignorare i diritti umani dei Tibetani

 

In occasione del 58esimo anniversario della sollevazione popolare in Tibet, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accusa il governo cinese di portare avanti il proprio concetto di “sviluppo” violando sistematicamente i diritti umani dei Tibetani. Mentre il primo ministro cinese Li Keqiang ha definito lo sviluppo del Tibet come “la più importante garanzia per la stabilità”, per la popolazione tibetana il massiccio ampliamento delle infrastrutture significa perlopiù sradicamento dal proprio territorio e distruzione della propria cultura, religione e società.

In un discorso tenuto davanti al Congresso del popolo a Pechino Li Keqiang ha enfatizzato l’aumento del 11,5% del prodotto interno lordo della Regione Autonoma del Tibet nel 2016 ricollegandolo all’ampliamento delle infrastrutture e delle strade. Lo scorso 6 marzo è stato infatti inaugurato un nuovo terminal del secondo aeroporto del Tibet. E’ previsto che il nuovo terminal dell’aeroporto di Nyingchi Mainling vicino alla frontiera con l’India possa gestire entro il 2020 un flusso di circa 750.000 passeggeri. Il governo cinese sta inoltre costruendo sempre nuove linee ferroviarie e superstrade per facilitare i collegamenti della regione con i maggiori centri urbani nell’est della Cina.

Il massiccio ampliamento delle vie di comunicazione e delle infrastrutture avviene senza il coinvolgimento della popolazione tibetana e senza un confronto sulle visioni alternative di sviluppo della popolazione tibetana. Le decisioni governative non tengono conto delle reali necessità della popolazione per la quale il presunto sviluppo spesso non comporta altro che un peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita.

Le popolazioni nomadi perdono progressivamente il loro territorio, le loro mandrie e i pascoli, l’intensificarsi dell’attività mineraria è responsabile di distruzione ambientale e problemi ambientali sempre maggiori mentre l’ampliamento delle vie di comunicazione facilita soprattutto il crescente insediamento della popolazione maggioritaria cinese di etnia Han che ha assunto un ruolo di rilievo nell’economia e nell’amministrazione del Tibet. Questo a sua volta avvantaggia l’economia cinese che in questo modo si garantisce lo sfruttamento delle risorse naturali della regione.

Lungi dall’aver tratto degli insegnamenti dalla storia a partire dalla sollevazione popolare di 58 anni fa e contrariamente a quanto sostenuto dal primo ministro, il modello di sviluppo ufficiale cinese non sta affatto contribuendo a una maggiore stabilità nella regione ma sta invece fomentando frustrazione e rabbia tra la popolazione.

 

Bolzano, Göttingen, 10 marzo 2017