Quella della carta bianca, ecologica o riciclata è ormai un’annosa questione, che trova pareri favorevoli o contrari a seconda del punto di vista da cui la si affronti e che spesso subisce una lettura distorta e scarsamente informata, diventando poi un argomento dibattuto a seconda che la si consideri da una prospettiva estetica, di risparmio energetico, di inquinamento, di riduzione e riciclo. Non è poi l’unico tipo di carta su cui ragionare se parliamo di impatto sull’ambiente: esistono anche carte di riso, sbiancate, di cacca di elefante, per citare le più comuni. Una varietà particolarmente interessante però, anche se non ancora conosciuta, ma che promette di rivoluzionare il mondo della scrittura, è la carta riscrivibile messa a punto da una collaborazione congiunta tra l’Università di Shandong (Cina), l’Università della California, Riverside (USA) e il Lawrence Berkeley National Laboratory.
Dallo sforzo di combattere l’impatto deleterio degli inchiostri, soprattutto di quelli utilizzati per le stampanti, i ricercatori hanno progettato una “carta” che può essere stampata attraverso l’utilizzo di raggi UV, cancellata attraverso un’operazione di riscaldamento a circa 120°C e riscrivibile poi per oltre 80 volte: si tratta di una soluzione che si basa sull’utilizzo della chimica dei colori di nanoparticelle, applicabile attraverso uno strato sottile a una significativa varietà di superfici, inclusa la carta comune. L’aspetto innovativo dello studio è lo sviluppo di un sistema reversibile che permette la stampa senza inchiostro su una superficie riutilizzabile molto simile alla carta a cui siamo abituati per aspetto e consistenza. Una scoperta, presentata in un report pubblicato lo scorso novembre, che promette di influenzare sia da un punto di vista economico che da un punto di vista ambientale il futuro del classico supporto per la scrittura che siamo soliti utilizzare.
L’intenzione di superare l’utilizzo della carta si rafforza della considerazione che le componenti chimiche utilizzate nell’industria di produzione della stessa sono una fonte di inquinamento consistente, come lo è la stessa rimozione degli inchiostri per il riciclo, senza ovviamente nominare le problematiche legate alla deforestazione. E’ pur vero che l’avvento dell’era digitale ha già ampiamente contribuito alla riduzione di supporti cartacei (pur creando altri problemi non insignificanti, come ad esempio l’inquinamento da web), ma è anche vero che la carta continua a rimanere un punto di riferimento non solo per la stampa e la condivisione di documenti, ma anche per esempio per la circolazione e l’utilizzo di quotidiani e magazine, etichette, promemoria, aspetti dove la nuova soluzione messa a punto potrebbe farsi apprezzare particolarmente, considerando anche che le informazioni sono in casi come questi utilizzate per un breve periodo.
In passato i ricercatori hanno già lavorato sui vantaggi derivanti dalla chimica delle colorazioni cangianti, anche se questo approccio ha spesso dovuto affrontare sfide decisive in termini di stabilità, limitata reversibilità, costi molto alti, tossicità e difficoltà di applicare il rivestimento necessario alle caratteristiche porose della carta ordinaria. I progressi sviluppati recentemente apportano miglioramenti su molti di questi fronti, avvicinando la tecnologia alla sua applicazione: questo avanzamento della ricerca è stato reso possibile proprio dal nuovo rivestimento, che consiste di due tipi di nanoparticelle, quelle del blu di Prussia (pigmento comune, non tossico e non particolarmente costoso) che perde colore quando sollecitato da elettroni, e quelle del biossido di titanio, un materiale fotocatalitico che accelera le reazioni chimiche quando sottoposto a luce solare.
Una volta stampata la carta mantiene la sua configurazione qualitativamente inalterata per 5 giorni, poi lentamente svanisce (processo che può essere velocizzato riscaldando la carta per circa 10 minuti): si tratta di un processo che i ricercatori prevedono avrà costi davvero contenuti quando adottato su larga scala, anche perché economicamente competitivo rispetto alla carta convenzionale.
Molte domande e curiosità rimangono sul tavolo, ma nel breve futuro la ricerca ha in programma di avvicinare la scoperta tecnologica a un uso pratico e comune. A partire dalla costruzione di una stampante laser che lavori su questo nuovo tipo di carta, in modo da rendere possibile una stampa veloce, combinata alla sperimentazione di metodi effettivi per una stampa multicolore (e non solo in pigmenti di blu). Di sicuro una di quelle possibilità da tenere d’occhio, che promettono di venire incontro alle esigenze di chi ancora utilizza per lavoro o per piacere un supporto cartaceo e nello stesso tempo ha a cuore la salvaguardia dell’ecosistema e la riduzione dell’inquinamento.
Anna Molinari