Le esecuzioni extragiudiziali possono costituire crimini contro l’umanità.
La polizia falsifica le prove, prende soldi sotto banco e produce rapporti falsi.
Sicari sul libro paga della polizia.
Agendo su istruzioni provenienti dai vertici del governo, negli ultimi mesi la polizia delle Filippine ha ucciso direttamente o attraverso sicari remunerati migliaia di persone per presunti motivi di droga, in un’ondata di esecuzioni extragiudiziali che potrebbero arrivare a costituire crimini contro l’umanità. Lo denuncia il rapporto di Amnesty International “Se sei povero vieni ucciso: esecuzioni extragiudiziali nella ‘guerra alla droga’ della polizia delle Filippine”, pubblicato il 31 gennaio. Il rapporto spiega in dettaglio come la polizia prenda sistematicamente di mira persone povere e indifese in ogni parte del paese falsificando le prove, pagando sicari, derubando le persone uccise e producendo rapporti falsi su scontri a fuoco mai verificatisi.
“Questa non è una guerra alla droga, è una guerra ai poveri. Spesso sulla base della più labile prova, persone accusate di consumare o vendere droga sono uccise per soldi in quella che è diventata un’economia degli omicidi”, ha dichiarato Tirana Hassan, direttrice del programma Risposta alle crisi di Amnesty International.
“Con il presidente Rodrigo Duterte al potere, la polizia nazionale sta violando le leggi che dovrebbe far rispettare e trae vantaggio dalle uccisioni di persone povere che il governo dovrebbe tutelare. Le stesse strade che Duterte aveva promesso di ripulire dal crimine ora sono piene di cadaveri di persone uccise dalla sua polizia”, ha commentato Hassan.
Istigati dalla retorica del presidente Duterte agenti di polizia, sicari sul libro paga e altre persone non identificate uccidono oltre 1.000 persone al mese nell’ambito di quella che è stata chiamata una campagna nazionale contro la droga. Dalla salita al potere di Duterte, sette mesi fa, ci sono stati almeno 7.000 omicidi per presunti motivi di droga, 2.500 dei quali direttamente ad opera della polizia.
Le indagini condotte da Amnesty International riguardano 33 casi in cui sono state uccise 59 persone. I ricercatori dell’associazione hanno esaminato documenti ufficiali, compresi i rapporti di polizia e hanno intervistato 110 persone nelle tre principali aree geografiche delle Filippine, individuando esecuzioni extragiudiziali in 20 città distribuite su tutto il territorio dell’arcipelago.
Per esecuzione extragiudiziale s’intende un’uccisione deliberata e intenzionale compiuta da un pubblico ufficiale, su ordine del governo o con la sua complicità o acquiescenza. Si tratta di una violazione del diritto alla vita, protetto dalla Costituzione delle Filippine e dal diritto internazionale.
Uccisioni di persone prive di armi e rapporti di polizia falsificati
Il rapporto di Amnesty International spiega come la polizia, sulla base di liste non verificate di presunti consumatori o spacciatori di droga, entri nelle abitazioni private e uccida persone non armate e persino pronte ad arrendersi.
Falsificando i successivi rapporti, la polizia sostiene regolarmente di aver risposto a colpi d’arma da fuoco. I testimoni ascoltati da Amnesty International hanno contraddetto questa ricostruzione, spiegando che la polizia compie raid notturni, non tenta neanche di arrestare le persone e apre il fuoco. In un caso la polizia ha piazzato droga e armi sulla scena del delitto, utilizzandole poi come prova.
La moglie di un uomo ucciso a Batangas City ha raccontato che suo marito è stato ucciso da un colpo esploso a distanza ravvicinata, mentre lei stava supplicando gli agenti di avere pietà. Dopo l’uccisione, gli agenti l’hanno trascinata fuori dall’abitazione e l’hanno picchiata.
A Cebu City, Gener Rondina ha visto un folto contingente di agenti circondargli l’abitazione. Ha detto che si arrendeva e li ha pregati di risparmiargli la vita. Gli agenti hanno ordinato a Gener Rondina di sdraiarsi sul pavimento e hanno allontanato una seconda persona che era in casa. Poi si sono sentiti diversi colpi d’arma da fuoco. “L’hanno trascinato fuori di casa come un maiale”, hanno riferito i testimoni, che poi hanno visto il cadavere caricato su un furgone. Quando sei ore dopo è stato permesso di entrare nell’abitazione, i familiari hanno visto sangue sparso ovunque. Mancavano soldi, un computer e un orologio mai restituiti né refertati nel rapporto ufficiale della polizia. Il padre di Gener Rondina è stato poliziotto per 24 anni prima di andare in pensione nel 2009. Ad Amnesty International ha detto di provare vergogna per il fatto che suo figlio usasse stupefacenti e di appoggiare la campagna del governo contro la droga. “Ma quello che hanno fatto è troppo. Perché uccidere una persona che si era già arresa?”
Altre persone hanno denunciato ad Amnesty International il trattamento inumano dei loro familiari, uccisi in modo spietato, portati via e seppelliti da qualche parte.
“Il modo in cui trattano i cadaveri mostra quanto poco conti la vita umana per la polizia delle Filippine. Coperti di sangue, vengono portati via di fronte a familiari terrorizzati per essere poi abbandonati all’aperto”, ha dichiarato Hassan.
“In stragrande maggioranza le persone uccise appartenevano ai settori più poveri della società, minorenni compresi: uno degli uccisi aveva appena otto anni”, ha sottolineato Hassan.
Nei pochi casi in cui la polizia ha preso di mira bande di trafficanti stranieri, ha dimostrato di essere in grado di compiere arresti senza uccidere. Il fatto che ai cittadini poveri siano negati la stessa protezione e il medesimo rispetto ha rafforzato la percezione che siamo di fronte a una guerra ai poveri.
Un’economia degli omicidi
Le uccisioni ad opera della polizia sono favorite dalle pressioni dall’alto, che comprendono l’ordine di “neutralizzare” presunti criminali e da incentivi economici che hanno creato un’economia informale degli omicidi.
Un alto funzionario di polizia in servizio da 10 anni e che ha fatto parte di un’unità antidroga nell’area metropolitana della capitale Manila, ha raccontato ad Amnesty International che la polizia è pagata “a singolo scontro”, usando il termine esatto con cui le esecuzioni extragiudiziali vengono presentate come operazioni legittime.
“Siamo sempre pagati a singolo scontro. Si va da 8.000 a 15.000 pesos (da 151 a 283 euro) a persona, il che vuol dire che se l’operazione è contro quattro persone possono essere almeno 32.000 pesos (600 euro). Ci pagano in contanti, in segreto, all’interno degli uffici. Non c’è alcun incentivo ad arrestare perché non ci pagano. Quindi, non accade mai che ci sia una sparatoria e non ci scappi il morto”.
Il testimone ha parlato anche di un racket dei funerali, in base al quale le famiglie che rivogliono indietro i corpi devono pagare la polizia. Un altro modo di arricchirsi è quello di trafugare beni personali, spesso di grande valore sentimentale, dalle abitazioni delle persone assassinate.
In definitiva, la polizia si comporta come i criminali contro i quali dovrebbe far rispettare la legge, in più compiendo esecuzioni extragiudiziali mascherate da uccisioni commesse da ignoti o assoldando sicari.
Negli ultimi sei mesi, oltre 4.100 uccisioni per motivi legati alla droga sono state commesse da “sconosciuti”. A livello locale, le operazioni sono spesso chiamate “corsa del tandem”: due persone a bordo di una motocicletta arrivano di fronte al loro obiettivo, gli sparano per ucciderlo e poi ripartono a tutta velocità.
Due sicari hanno ammesso ad Amnesty International di prendere ordini da un agente di polizia che li paga 5.000 pesos (95 euro) se le persone da uccidere sono consumatori o da 10.000 a 15.000 pesos (da 190 a 285 euro) se sono spacciatori. Prima dell’elezione di Duterte, hanno raccontato, avevano due “lavori” al mese, ora ne hanno tre o quattro alla settimana.
Le persone da uccidere sono prese da liste non verificate di presunti consumatori o spacciatori redatte da funzionari governativi locali, non importa da quanto tempo consumino droga o quanta droga usino o vendano. In altri casi, i nomi possono essere aggiunti per vendetta o per gli incentivi destinati a chi uccide il maggior numero di persone sospettate di essere consumatori o spacciatori.
Possibili crimini contro l’umanità
Le Filippine sono uno Stato parte dello Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale. In una nota dell’ottobre 2016 la procuratrice Fatou Bensouda ha espresso preoccupazione per le uccisioni dichiarando che il suo ufficio avrebbe potuto avviare un’indagine preliminare su possibili crimini di competenza del Tribunale.
Amnesty International è profondamente preoccupata per il fatto che le uccisioni intenzionali, massicce e sistematiche di persone per presunti reati di droga, che appaiono pianificate e organizzate dalle autorità, possano costituire crimini contro l’umanità.
“Ciò che sta accadendo nelle Filippine è una crisi che dovrebbe allarmare il mondo intero. Chiediamo al governo, a partire dal presidente Duterte, di ordinare l’immediata fine di tutte le esecuzioni extragiudiziali. Chiediamo inoltre al Dipartimento della Giustizia di svolgere indagini e procedimenti nei confronti di chiunque sia implicato nelle uccisioni, a prescindere dal rango o dal ruolo all’interno della polizia o del governo”, ha affermato Hassan.
“Le Filippine dovrebbero allontanarsi dall’illegalità e dal ricorso alla violenza mortale e orientare le loro politiche sulla droga su un modello basato sulla protezione della salute e dei diritti umani”, ha precisato Hassan. “Vogliamo che le autorità filippine agiscano loro stesse nei confronti di questa crisi dei diritti umani. Ma se non prenderanno iniziative in tempi rapidi, la comunità internazionale dovrebbe chiedere alla procuratrice del Tribunale penale internazionale di svolgere un’indagine preliminare su queste uccisioni e sul coinvolgimento di funzionari ai vertici del governo”, ha concluso Hassan.