Il 28 gennaio si sono svolte proteste negli aeroporti di New York, Washington D.C., Chicago, Dallas, Seattle, Portland, San Diego, Los Angeles e San Francisco, mentre le autorità addette all’immigrazione hanno cominciato a rifiutare l’ingresso a tutti i profughi e i migranti provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana.
Migliaia di persone si sono radunate sabato al JFK International Airport di New York. Il sindacato dei taxisti si è unito alla protesta, chiedendo ai suoi membri di non caricare passeggeri tra le 6 e le 7 di sera.
L’American Civil Liberties Union e altre organizzazioni hanno presentato un ricorso d’emergenza in nome di persone trattenute e minacciate di deportazione, pur avendo visti validi per entrare negli Stati Uniti. Un giudice federale ha accolto la loro richiesta di un’ordinanza temporanea che impedisca l’espulsione delle persone bloccate negli aeroporti americani.
Il 29 gennaio il primo ministro canadese Justin Trudeau ha affidato a un tweet un messaggio ben diverso da quello di Trump: “A chi fugge dalle persecuzioni, dal terrore e dalla guerra, sappiate che i canadesi vi daranno il benvenuto, non importa quale sia la vostra fede. La diversità è la nostra forza #welcome to Canada”.