La campagna “Non con i miei soldi” sta portando avanti numerose azioni di sensibilizzazione dei cittadini sulle destinazioni e gli utilizzi che le banche fanno dei soldi dei correntisti e degli investitori. Così emergono… gli affari sporchi…
Ora si entra nel merito con qualche esempio pratico.
«Le cronache sono ricche di storie di banche e istituti finanziari protagonisti di progetti dannosi per l’ambiente. Sta a noi decidere se vogliamo contribuire ai loro affari» dicono dalla campagna.
Gli affari sporchi delle banche: così HSBC finanzia la deforestazione per l’olio di palma
«È l’inglese HSBC la più grande fornitrice di servizi fiscali all’industria dell’olio di palma, a dispetto delle proprie policy che, secondo la banca, proibirebbero il coinvolgimento nel finanziamento della deforestazione. Ma non è quello che emerge da un nuovo report curato da Greenpeace nel quale si elencano tutte le aziende finanziate da HSBC coinvolte nella distruzione di foreste».
«Dal 2012 HSBC è coinvolta nell’erogazione di prestiti e altri servizi finanziari per un totale di 16,3 miliardi di dollari alle sei aziende profilate nel report di Greenpeace, così come nell’emissione di quasi 2 miliardi di dollari in corporate bond. E non per tutti gli accordi è stato possibile accedere a dati e informazioni – spiegano sempre dalla campagna “Non con i miei soldi” – Quello che emerge dal report è che le policy di HSBC sono inadeguate e la banca fornisce servizi ad aziende che le infrangono. I suoi collegamenti con alcune tra le più dannose aziende del settore espone HSBC a seri rischi reputazionali, oltre ai rischi finanziari associati all’industria dell’olio di palma.
Le prove che queste aziende sono responsabili di attività inaccettabili sono di dominio pubblico: sono state soggette a reclami e sospensioni da parte della Tavola rotonda sull’Olio di Palma Sostenibile (RSPO), citati dal governo indonesiano per aver causato incendi e sono stati oggetto di molti rapporti critici da parte di ONG che si occupano di questioni ambientali e sociali. Anche le più semplici due diligence su queste aziende avrebbero dovuto far suonare il campanello d’allarme. E allora sorge una domanda: è HSBC che non riesce ad applicare le proprie policy nel loro complesso o, semplicemente, non riesce ad eseguire indagini sufficienti quando valuta se un cliente attuale o futuro vi si conforma?».
Per difendere la propria acqua i Sioux fanno appello al divestment
«Il Dakota Access Pipeline è un oleodotto sotterrato lungo quasi duemila chilometri che dovrebbe portare petrolio dalla Bakken Formation (una zona al confine tra Montana e North Dakota) fino all’Illinois, attraversando South Dakota e Iowa. I Sioux che vivono nella riserva di Standing Rock si sono opposti alla costruzione del tratto di oleodotto che dovrebbe attraversare il loro territorio, perché distruggerebbe siti storici e religiosi importanti per la loro storia e comprometterebbe le loro riserve d’acqua.
Da settimane una coalizione globale hanno fatto pressione sulle maggiori banche commerciali che ancora stanno finanziando il progetto affinché negozino o cancellino i propri prestiti. A dicembre i Sioux di Standing Rock e altri leader indigeni hanno chiesto a ciascuna di queste banche di incontrarsi con rappresentanti delle tribù che vogliono esprimere le proprie preoccupazioni».
«Il 10 gennaio era la data limite per dare una risposta e le cose sono andate così: quattro banche hanno rifiutato l’invito (BayernLB, BNP Paribas, Mizuho Bank e Suntrust), sei non hanno risposto (Bank of Tokyo-Mitsubishi UFJ, BBVA Compass, ICBC, Intesa Sanpaolo, Natixis, e Sumitomo Mitsui Banking Corporation) mentre sette banche hanno accettato di incontrare le tribù (Citi, Crédit Agricole, DNB, ING, Société Générale, TD, e Wells Fargo). Come risposta, è stata intensificata la pressione sulle banche che rifiutano un impegno. Ora la coalizione indigena di Standing Rock chiede a milioni di persone di #DefundDAPL, ritirare il proprio denaro depositato nelle banche che ancora finanziano il progetto. Finora si contano migliaia di conti chiusi, per un totale di oltre 46 milioni di dollari. Inoltre, sono state occupate filiali di Wells Fargo, US Bank e Citibank.
La richiesta che la coalizione fa alle banche è che vengano interrotti i finanziamenti ai prestiti finché non siano risolte alcune questioni sospese e non si raggiunga un accordo sostenuto dalle popolazioni indigene».
Quindi… verifica come la tua banca impegna e investe il denaro che gli dai in custodia!