Nella conferenza stampa di stamattina (5 gennaio 2017, ndr) il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro degli Interni Marco Minniti sono tornati sull’argomento radicalizzazione nelle carceri, relativamente al terrorismo di matrice islamica.
Più volte abbiamo avuto modo di ribadire come il rischio radicalizzazione si combatta solamente attraverso l’applicazione degli standard internazionali del Consiglio d’Europa e cioè attraverso il riconoscimento dei diritti religiosi, di quelli degli stranieri, da accompagnare ad una costante informazione, possibile solo attraverso un staff specifico fatto di mediatori culturali e linguistici.
Ad oggi, anche nei reparti dove sono reclusi detenuti sospettati di terrorismo di matrice islamica, nessun operatore parla e legge l’arabo, vivendo così nell’impossibilità di capire e dialogare con queste persone.
Inoltre, salvo rarissime circostanze, gli Imam non sono abilitati ad entrare negli istituti di pena italiani. Questo porta i detenuti stessi a scegliere tra loro chi debba guidare la preghiera, senza alcuna garanzia rispetto a quanto viene professato. La presenza del ministro di culto darebbe invece la possibilità di portare nel carcere un Islam aperto e democratico.
In tal senso abbiamo apprezzato la decisione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di affidare al vice-presidente dell’UCOII dei corsi per il personale di polizia penitenziaria.
La Camera ha già approvato il DDL di riforma dell’ordinamento penitenziario dove si riconosce uno spazio ad hoc per la libertà di culto e vengono previsti una serie di diritti per i detenuti stranieri. Disegno di Legge attualmente al Senato che, più volte, abbiamo sollecitato per un’immediata approvazione.
Va evitata la segregazione che crea rafforzamento radicalizzazione. Va evitata la sindrome della vittimizzazione. Va evitata la stigmatizzazione degli islamici che produce violenza e ulteriore radicalizzazione. Va evitato un sistema penitenziario affidato solo ai servizi di sicurezza. Vanno previsti programmi sociali di deradicalizzazione”.
A dichiararlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.
I detenuti presenti al 31 dicembre 2016 erano 54.653, di questi 18.958 stranieri. Coloro che si sono dichiarati di religione islamica sono circa 6000.
Patrizio Gonnella
Associazione Antigone – per i diritti e le garanzie nel sistema penale