Un pomeriggio qualunque, in un sobborgo qualunque delle periferie di Parigi, Malik Diallo, autista addetto alle consegne, residente nel distretto di Vignes Blanches a Sarcelles, vedendo ogni giorno come i rifugiati senza tetto popolano da vari mesi i marciapiedi del XIX arrondissement di Parigi, si rivolge ai suoi amici e chiede loro: “Perché non organizziamo una raccolta cibo?”. Senza perdere altro tempo e senza pensarci su, ognuno tira fuori quello che può dal proprio borsellino, si mettono insieme i soldi e si compra del cibo.

Distribuzione di cibo da parte del gruppo “La grande sfida”

“Poi abbiamo preparato “le thiepp” (piatto a base di riso con pesce e verdura tipico dell’Africa Occidentale), panini caldi e freddi. Lasciamo il nostro quartiere e partiamo alla volta di Parigi con dieci macchine, con i bagagliai carici di cibo oltre che di frutta, bibite e latte. Nessuno di noi aveva fatto una cosa simile prima d’ora: non avevamo la minima idea di cosa potesse succedere. Una volta lì, nella zona di Stalingrado (XIX arrondissement) e parte de la Chapelle, dove erano accampati i migranti, abbiamo aperto i bagagliai e messo in moto una catena di distribuzione. La gente arrivava da tutte le parti e all’inizio non riuscivamo a tenere il ritmo.

Abbiamo chiesto loro di fare una fila per poter distribuire gli alimenti che avevamo portato. Questa esperienza ci ha segnato profondamente, è stata emotivamente molto forte”, dice Malick. “Siamo stati accolti dai rifugiati, all’inizio sorpresi e poi molto, molto felici”, racconta Diaby.

“Alcuni addirittura ci benedicevano… Siamo figli di migranti”, dice Souleymane, cresciuto nella precarietà. “Il concetto di condivisione è profondamente radicato in noi”.

 

Preparazione dei pasti da parte de “La grande sfida”

Non si sono però fermati lì, hanno deciso di fare un filmato e caricarlo su Youtube e Facebook per far così conoscere i propri sforzi e stimolare altri giovani, di altri distretti, a fare la stessa cosa. Così è nato questo nuovo concetto, “le Grand Défi” (la grande sfida).

Mettere in moto una catena umanitaria che consiste nel formare un gruppo, raccogliere viveri, distribuirli a persone senza dimora organizzandosi con i membri del proprio quartiere. Filmare e nominare altri gruppi di volontari… (la pagina Facebook dell’iniziativa, con già quasi 3.000 “mi piace” e 40.000 visualizzazioni del video è https://www.facebook.com/Le-Grand-D%C3%A9fi-1684024211915092/?fref=ts .)

Si sperava nell’effetto valanga e sembra che in effetti la cosa stia funzionando: il modello si sta diffondendo a macchia d’olio in diversi quartieri e altre zone del territorio francese e persino in Belgio e in Germania.

Questo è un esempio, una delle più significative risposte della cittadinanza, che va al di là delle misure istituzionali che tardano ad arrivare, se non per smantellare accampamenti improvvisati, come quelli di Calais o Ventimiglia, sfrattare e ridistribuire o perseguitare. Nella migliore delle ipotesi, come a Piazza Vittoria, nel pieno centro della capitale greca, dove si concentrano circa 3.000 rifugiati, completamente abbandonati al loro destino.

Ovviamente nei luoghi più affollati dove sbarcano i migranti stanno intervenendo ONG come per esempio l’ACNUR, ma ciò avviene anche con il sostegno delle popolazioni locali o di privati. Un esempio è quello del ricco industriale italiano che ha deciso di mettere la propria barca di lusso al servizio dell’associazione Proctiva per mettere in salvo migranti alla deriva nel Mediterraneo con il progetto Astral[i].

Sono gli stessi cittadini che hanno infine spinto i comuni a trovare delle soluzioni per risolvere la situazione, come nel caso di Parigi la cui sindaca Anne Hidalgo ha costruito un centro per rifugiati (con una capienza massima di 400 persone quando ne hanno appena evacuate 3.500 dal centro di Parigi!) in contrasto con la posizione del proprio partito, non essendo il governo di Hollande favorevole all’organizzazione di grandi concentrazioni.

 

Accampamento di migranti nella stazione della metropolitana Stalingrad a Parigi.

Giuseppe Grizzanti, sindaco di Sutera, piccolo municipio dell’entroterra siciliano, ha deciso di aprire le porte del paese ai rifugiati in risposta al tragico naufragio di Lampedusa dell’ottobre 2013, nel quale morirono 266 migranti. Oggi 34 rifugiati originari del Medio Oriente e dell’Africa vivono a Sutera, bambini compresi, accolti interamente da famiglie.

Alla fin fine, sono i cittadini comuni a mostrare la parte migliore dell’essere umano:

A Lesbo, gli abitanti dell’isola non vedono più il mare nello stesso modo. Quando guardano verso l’orizzonte, alcuni dicono di pensare ancora, anche solo per una frazione di secondo, che stia arrivando un barcone con i rifugiati. “Dobbiamo essere pronti.” “Se succede di nuovo, tutti farebbero la stessa cosa: aiutare”.

A Huesca (Spagna) gli abitanti si sono battuti per la campagna “Togliti le scarpe per Lesbo”. In poco più di una settimana, per iniziativa dei pompieri, hanno raccolto circa 8.000 paia di scarpe, destinate ai rifugiati rimasti in Grecia.

Nel sud della Francia, dopo la chiusura della frontiera franco-italiana da parte del governo, negando a priori il diritto di asilo, i migranti cercano tutte le vie di comunicazione possibili: ferrovia, montagna, autostrada per proseguire il loro viaggio. Ogni giorno donne, uomini e minorenni principalmente sudanesi ed eritrei vengono fermati dalla polizia francese, che li rimanda a quella italiana. Da più di un anno, si va generando una catastrofe umanitaria di fronte alla quale la Croce Rossa italiana è ormai sopraffatta. Nella vicina Valle della Roya, sul versante francese, si è formata una rete solidale di abitanti per rispondere alle necessità più urgenti dei migranti, sia per distribuire loro il cibo, sia per pattugliare le strade della città italiana di confine, aiutarli a passare la frontiera nei loro bagagliai, addirittura accoglierli nelle loro case rischiando di essere multati dal Comune o essere puniti con il carcere. [ii]

Giustificano il diritto alla disobbedienza civile, a seguito della mancanza di assistenza a persone in pericolo.

Di fatto, secondo una nuova indagine di Amnesty International, la maggior parte dei cittadini (80%) è più disponibile ad accogliere i rifugiati rispetto ai rispettivi governi; li accoglierebbero a braccia aperte e molti, addirittura, sarebbero disposti a ospitarli nelle proprie case, in contrasto con la posizione ufficiale di molte istituzioni.

Mentre i migranti continuano ad arrivare a migliaia e si stabiliscono in campi improvvisati e malsani in zone di confine, o riempiono le periferie di alcune capitali come Parigi, i commercianti di armi continuano a prestare attenzione agli schermi per vedere come aumenta il valore delle azioni in borsa e i governi inviano più truppe e materiale bellico in Siria o Yemen…

Nonostante tutto, qualcosa si sta smuovendo; qualcosa di intangibile che non occupa molto spazio nei media, qualcosa di buono nato dal profondo della coscienza umana che si sta aprendo il passo verso la nascita della tanto anelata Nazione Umana Universale.

[i] http://www.lasexta.com/programas/salvados/avances/astral-velero-lujo-convertido-barco-refugiados-salvados-vuelve-estreno-cine_2016091657dbd9080cf2f66f47e439cc.html

[ii] https://www.facebook.com/royacitoyenne/?fref=ts

Traduzione di Laura Lorini via Trommons

Revisione a cura dell’equipe traduttori di Pressenza

Illustrazione: ENEKO, disegnatore e illustratore ispano-venezuelano residente a Madrid.

http://blogs.20minutos.es/eneko/