di Patricio Guevara

Baher Kamal è un giornalista con più di 40 anni di esperienza; atualmente sviluppa le sue attività nell’IPS (Inter Press Service). Di origine egiziana. residente a Madrid, Baher ci aiuta a continuare a comprendere il conflitto israelo-palestinese, per approfondire ciò che è stato suggerito in una nota precedente da Pedro Ferraracio, membro del CNP (Consiglio Nazionale Palestinese) e propulsore del BDS (Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni).

Come vede il conflitto tra Israele e Palestina?

Si tratta di un conflitto iniziato cent’anni fa, più di cent’anni fa, con una divisione arbitraria dei territori del Medio Oriente e che sì, vede, in parte, un attivismo a favore del popolo palestinese, il quale risente delle ingiustizie di ciò che sta succedendo.

Nel 1947, le Nazioni Unite concordarono nel dare un terzo del territorio della Palestina per la creazione di Israele e due terzi al popolo palestinese. Con il tempo, questa proporzione è cambiata molto e in questo momento i palestinesi si trovano chiusi in una sorta di sacche, comunità isolate e circondate dagli insediamenti e dalle costruzioni israeliane.

In Marocco c’è una città chiamata Zes, praticamente tutta ebraica. Quando ero giovane e vivevo al Cairo, c’era un edificio con famiglie ebraiche, musulmane e non si chiedevano nulla, convivevano e basta. I paesi del Medio Oriente furono quelli che accolsero gli ebrei emigrati dalla Germania.

Ciò che obiettivamente non capisco è la politica di strappare via tutti i territori palestinesi ed isolarli poco a poco nella loro stessa società, che è ciò che viene fatto da Israele con l’aiuto degli Stati Uniti. È una questione di politica, non è più questione né di religione, né di popoli.

La società israeliana è molto varia, la politica di Israele ha incoraggiato l’immigrazione di ebrei dalla Russia in Israele, dall’Etiopia in Israele, dai paesi arabi in Israele, per aumentare la popolazione. Credo che tanto i palestinesi quanto gli ebrei, a livello umano della gente, della strada, siano vittime di una macchinazione politico-militare che ha voluto creare questa situazione.

E capisco il boicottaggio. Poi, quello che so, leggo e di cui mi informo, è che il boicottaggio non può essere totale e funzionare alla perfezione, perché ci sono sempre trucchi per eluderlo; so che ci sono università europee e statunitensi che avevano previsto azioni congiunte in Israele e che hanno deciso di boicottarlo per via dei bombardamenti nella striscia di Gaza, che è un carcere, e che ogni volta che accade qualsiasi tipo di azione terroristica contro gli israeliani, questi radono al suolo tutta la striscia di Gaza.

Ci sono state navi che portavano aiuti umanitari e Israele le ha bloccate. Con ciò intendo che il boicottaggio è giustificabile. Perché non ha più a che fare con la religione.

In Occidente (Stati Uniti, Canada, Europa, ecc.) il tema viene preso come lotta religiosa;  io non la vedo così, io non la vedo come una disputa di ebrei contro musulmani o di musulmani contro ebrei, o di cristiani contro tutti, o di tutti contro i cristiani. La questione è puramente politica, è un progetto politico per istituire un apparato nel Medio Oriente, una zona strategica per il petrolio, in fin dei conti.

Ci si avvale di ragioni religiose, ma il piano non è questo, non c’è nessuna guerra di religione in Medio Oriente, abbiamo sempre convissuto tranquillamente. Da molti anni, l’informazione e la politica estera occidentali sono quelli che mettono il tema religioso per presentare tutto come una lotta tra religioni, ma non c’è nessuna lotta. Ognuno ha la propria fede e crede a modo proprio. Ognuno ce l’ha ed attenzione, io sono laico.

Qual è il contesto storico del conflitto?

Nel 1897 si celebra a Basilea (Svizzera), il primo Congresso Ebraico Mondiale (Primo Congresso Sionista) in cui si discusse l’idea o il piano di creare uno stato per gli ebrei.

Nel secolo successivo (XX secolo), nel 1916, la Gran Bretagna (che era un impero), la Francia e marginalmente la Russia, che era degli zar, non era comunista, non era ancora Unione Sovietica, decisero di dividersi il territorio del Medio Oriente e, in generale, i paesi arabi dopo la caduta dell’Impero Ottomano, che era l’impero Turco. Crearono stati nuovi come Siria e Libano, che non esistevano. E l’Impero Turco (l’impero Ottomano) cadde, di fatto, perché si trovava in totale decadenza;  questo è successo poco tempo dopo che il piano fosse tracciato dai francesi e dai britannici nel 1916 (con la divisione del Medio Oriente) e nel 1918 (con il collasso dell’Impero Ottomano). Nel 1919 il cancelliere britannico Lord Balfour promise al popolo ebraico la creazione di uno stato in Medio Oriente in cambio della collaborazione della comunità ebraica alla caduta dell’Impero Ottomano. Successivamente in Turchia arrivò un generale chiamato Kemal Ataturk, che nel 1923 cambiò totalmente la struttura di quell’impero Turco-Ottomano, proclamò la Repubblica di Turchia, cambiò l’alfabeto che veniva usato in Turchia con l’alfabeto occidentale, proibì il tipo di abbigliamento che poteva venire associato alla religione islamica ed istituì quello alla maniera occidentale. Il suo piano era che la Turchia, che geograficamente si trova tra l’Asia e l’Europa, venisse integrata all’Europa, orientandola più verso l’Europa che verso l’Oriente; questa fu la premessa, insieme alla dichiarazione di Lord Balfour, il cancelliere militare. Tutto ciò accadde prima della Seconda Guerra Mondiale.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, che iniziò anni più tardi, si concretizzò il piano e le Nazioni Unite, un’organizzazione che allora era molto più ridotta e che di fatto si chiamava “Società delle Nazioni” e non come oggi Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), approvarono la creazione dello Stato di Israele come patria per gli ebrei. Il piano era di dividere il territorio palestinese come ho detto prima, un terzo per la creazione di uno stato per gli ebrei e due terzi per i palestinesi che si trovavano lì, nella loro terra.

Col passare del tempo si successero diverse guerre, come nel 1948 e nel 1956, quando nacque l’Egitto. A quel tempo, Francia, Gran Bretagna e Israele bombardarono l’Egitto e poi, nel 1967, ci fu un’altra guerra, una sconfitta spettacolare degli eserciti arabi (l’egiziano, il siriano e il giordano). Ci fu una guerra nel 1973 nella quale si raggiunse una specie di equilibrio, perché non ci furono né vinti, né vincitori, e a quel punto si arrivò a firmare il cosiddetto Accordo di Pace tra Egitto e Israele, che fu il primo a non dichiarare più guerre. Fu seguito da un accordo tra Giordania e Israele, che sono paesi confinanti. La Siria si rifiutò di firmare questo accordo, voleva indietro un territorio che Israele aveva occupato, le “alture del Golan”, nella guerra del 1917. Queste sono le date chiave.

Infine l’ultima data, molto tempo dopo mentre la situazione continuava così, con una tensione permanente.

Molto più tardi, durante la presidenza del figlio di Bush nel 2005, la Segretaria di Stato degli Stati Uniti, Condoleezza Rice, annunciò la dottrina cosiddetta del “caos creativo” in Medio Oriente, che molti interpretarono come il voler creare una situazione di instabilità, permetterla, fomentarla o, nel caso in cui si venisse a creare, appoggiarla, cambiando così la regione. Molti credono che il piano strategico sia quello di frammentare di nuovo (ed ancora di più) gli stati attuali del Medio Oriente.

Ad esempio, l’unificazione della parte curda che si trova in Iraq con la parte curda che si trova in Siria (minoranza), con la parte curda che si trova in Turchia, destabilizzare la Turchia in nome di un disegno del quale solo loro conoscono la ragione; e come vediamo, fino ad ora la parola religione non è spuntata.

Erano tutta una serie di piani in vista di un’espansione territoriale di interessi economici, controllo militare, piani di controllo strategico del Medio Oriente. Io non ho visto fino ad ora la parola “religione”, credo che tanto i politici quanto i media occidentali abbiano diffuso notizie (e continuino a farlo) presentando una guerra di religione, che non fu mai tale. E tuttavia lo schermo, la cortina di fumo è che i musulmani vogliano distruggere la nostra civiltà cristiana, che vogliano distruggere gli ebrei e nessuno ha detto che i cristiani hanno bombardato (perché nessuno in Medio Oriente l’ha presentata così) l’Iraq, che è anch’esso musulmano. Non si parla mai delle truppe NATO, degli USA, dell’Europa e non è stato mai detto che si trattasse di truppe cristiane, perché lo si poteva dire tranquillamente, ma no!

Quando si parla di qualsiasi cosa che provenga da un paese arabo, si dice che appartiene all’organizzazione “islamista” o “islamica”, oppure allo “Stato Islamico”. Il presidente è “islamico” o “islamista”, sempre. Ma quando, per esempio, in Germania ci fu l’organizzazione terrorista o quando in Italia ci furono le Brigate Rosse, quando in Spagna ci fu l’organizzazione ETA, che era terrorista, nessun paese, ancor meno nessun media arabo ha parlato di un’organizzazione terrorista “cristiano-tedesca”, “cristiano-italiana” o “cristiano-spagnola”.

Israele invece, il suo governo attuale che dura già da tempo, vuole proclamare e continua a proclamare che lo stato di Israele è uno stato ebraico, affinché i non-ebrei non possano risiedere in Israele. Né gli arabi, né i non-arabi, ma puramente gli ebrei e ciò viene accettato. Non critico il popolo israeliano, per nulla, ho perfino amici che provengono da lì.

Se in Occidente dicono “stato ebraico”, ciò ha un significato positivo. Se in un altro paese si dice “stato musulmano”, ciò significa “cattivo, terrorista”. Non dirò mai “lo stato cristiano dell’Ecuador”. Ciò crea repressione ed oppressione dei popoli, crea disperazione e crea disorientamento, perché non si sa più chi, né cosa né perché, è cattivo e perché è così sbagliato nascere musulmani. Nessuno ha scelto la propria religione alla nascita, non mi importa essere nato musulmano o essere di qualsiasi altro credo religioso, mi fa lo stesso; l’approccio che si tratti di “guerra di religione” viene sempre dalla politica, ma non lo è, la guerra è stata convertita in guerra di religione.

Crede che l’azione del boicottaggio (BDS) sia realmente efficace?

È una domanda molto importante cui è molto difficile rispondere. Non so, non è sufficiente, è qualcosa. Significa fare qualcosa a livello di attivismo popolare, a livello intellettuale di tutti coloro che partecipano al boicottaggio, va bene. La merce israeliana ha come area preferenziale l’Unione Europea. Non pagano dogana o pagano davvero poco, vengono considerati quasi al livello del commercio interno.

Mi sono accorto a Bruxelles che Israele comprava arance dal Brasile e le proponeva al mercato europeo come arance israeliane. C’è un boicottaggio dei prodotti che vengono dalle terre palestinesi e che Israele vende come propri.

I codici a barre di molti prodotti, contengono ora 4 o 5 lettere che identificano i prodotti di Israele, ed il boicottaggio di Israele ne proibisce l’acquisto.

C’è una polemica sulla capitale dello Stato di Israele, giacché la capitale ufficiale è Tel Aviv. Gerusalemme, al contrario, non è di nessuno, è di tutti. A Gerusalemme c’è una moschea musulmana, simbolicamente consacrata. In più, c’è una grande comunità cristiana. Le Nazioni Unite proclamarono che Gerusalemme era una città libera, come il Vaticano.

Ora, con la vittoria di Trump, gli israeliani si sono espressi dicendo “ora sì che possono dichiarare Gerusalemme capitale dello Stato ebraico”. Vale a dire, uno fa boicottaggio, il ché va molto bene, perché si oppone resistenza, ma dopo ti eliminano la comunità musulmana e quella cristiana e ti dicono “questa è la capitale di Israele” e addio.

 

Traduzione di Klaudia Kwiecien tramite la piattaforma Trommons