Secondo la notizia diffusa il 14 dicembre dall’agenzia di stato Anadolu Ajansi, sono 40.832 le persone arrestate con l’accusa di partecipare al tentativo di colpo di stato, oppure di appartenere alla comunità di Gulen, definita dallo Stato organizzazione terrorista.
Dal 15 luglio fino ad oggi, in cinque mesi, i tribunali hanno aperto indagini che hanno coinvolto 101.799 persone. Grazie a queste indagini sono state arrestate 40.832 persone, tra cui varie appartenenti a apparati dello Stato: 2.279 tra giudici e procuratori, 104 membri della Corte Suprema, 41 membri del Consiglio di Stato, 2 membri della Corte Costituzionale, 3 membri del Consiglio superiore della Magistratura, 168 alti ufficiali dell’esercito, 6.341 soldati, 7.596 poliziotti, 17 governatori provinciali, 74 vice governatori provinciali e 69 prefetti.
Delle 101.799 persone 34.907 sono state rilasciate con la condizionale, 9 .795 dopo l’interrogatorio e 3.512 persone dopo un periodo di detenzione cautelare. Tuttora ci sono 5.139 persone ricercate, tra cui poliziotti, soldati, alti ufficiali, governatori locali e membri del sistema giudiziario.
Sotto lo stato d’emergenza, dichiarato il 22 luglio, sono stati sospesi 85.000 impiegati statali, di cui circa 18.000 sono stati riassunti.
Secondo una ricerca pubblicata sul sito del quotidiano nazionale Cumhuriyet il 14 dicembre, in questo periodo sono stati chiusi 121 mezzi di comunicazione di massa – giornali, canali televisivi e radiofonici, agenzie stampa, riviste – e sono stati arrestati circa 170 giornalisti.
Sotto lo stato d’emergenza le operazioni non hanno colpito soltanto i presunti golpisti, ma anche altri cittadini accusati dallo Stato di appartenere a diverse organizzazioni definite “terroristiche”, o di fare propaganda a favore di queste. Infatti 11.500 insegnanti sono stati sospesi con l’accusa di avere dei legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK); 6.000 sono stati riassunti in seguito.
Tra i settori colpiti di più in questo periodo c’è anche il sistema scolastico. 15 università, 60 scuole private e 2.249 strutture private d’istruzione sono state chiuse. Sono state sospese le elezioni autonome universitarie per eleggere il rettore. Attraverso diversi decreti sono stati licenziati 3.850 accademici.
Anche nel mondo dell’associazionismo sono state vissute le ripercussioni dello stato d’emergenza. 1229 associazioni non governative sono state chiuse definitivamente; alcune di esse si occupavano dei diritti dei minori, lottavano per i diritti delle donne, oppure offrivano dei servizi di consulenza legale a carcerati o a persone accusate di attività politica.
Lo stato d’emergenza dichiarato poco dopo il tentativo di colpo di stato ha coinvolto anche il mondo politico. Tuttora si trovano in carcere 12 parlamentari nazionali appartenenti al Partito Democratico dei Popoli (HDP). Secondo la dichiarazione rilasciata dalla vice co-presidente del partito, Aysel Tugluk, dal mese di luglio del 2015 a oggi 2.360 persone iscritte all’HDP sono state arrestate. Secondo Tugluk grazie ai decreti legge emessi durante lo stato d’emergenza 62 sindaci sono stati arrestati e 43 municipalità governate dall’HDP e dal Partito delle Regioni Democratiche (DBP) sono state commissariate. Aysel Tugluk specifica che solo in questi ultimi due mesi 831 membri del partito sono stati arrestati in regima di detenzione preventiva e 360 membri sono stati arrestati.
In questi mesi la Turchia, sotto lo stato d’emergenza, ha vissuto dieci attentati in cui sono morte 149 persone e 702 sono rimaste ferite. Alcuni di questi attentati sono stati rivendicati dall’IS (Stato Islamico), dal PKK, oppure dal TAK (Falconi della Libertà del Kurdistan), mentre altri sono rimasti senza rivendicazione.