Roma – Piazza Capranica
Roma, 16 dicembre 2016 – A dispetto delle emergenze ambientali che periodicamente si abbattono sul nostro Paese, e che sono prodotte in larga misura dalla selvaggia cementificazione e dalla strage di suolo del cosiddetto modello di “città diffusa” – in Italia si consumano in media 100 ettari di suolo agricolo al giorno – la politica delle Grandi Opere continua ad essere proposta come uno degli assi portanti delle programmazione infrastrutturale in Italia, trasversale a tutti i governi e a tutti gli schieramenti.
Solo per fare un esempio, il trasporto su gomma resta il fulcro delle scelte di mobilità, contro la “cura del ferro” più volte annunciata dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti. Nei prossimi anni sono previsti 330 km di nuove autostrade in Lombardia su 715 di dotazione esistente, per un costo complessivo di oltre 10 miliardi di Euro (di cui 3,5 pubblici). Un’estensione quasi doppia è prevista nel Veneto, mentre persistono da Nord a Sud progetti del tutto insostenibili sul piano dei trasporti e su quello ambientale, già ampiamente bocciati dal mercato, come l’autostrada Cremona-Mantova, la Tirreno Brennero, l’autostrada della Maremma, per non parlare dell’eterno rilancio del Ponte sullo Stretto.
Altre ingenti risorse continuano a confluire sull’Alta Velocità ferroviaria. Emblema di questo spreco miliardario è il Tav Torino-Lione, mai sottoposto a una seria e indipendente analisi costi/benefici, e tanto meno ad un confronto democratico con le comunità locali.
Come si valuta l’utilità pubblica delle opere e il servizio che poi queste dovranno rendere ai cittadini? L’assenza di previsioni indipendenti e di confronti autenticamente partecipati è un difetto di origine di tutte le Grandi Opere nel nostro Paese. Viceversa, il binomio grande opera/grande evento è sempre più spesso evocato come irrinunciabile opportunità per le comunità, un sogno di sviluppo capace di generare nuove energie e nuove potenzialità di convivenza.
La realtà dimostra invece che questa combinazione si accompagna quasi strutturalmente a prassi autoritarie e poco rispettose delle comunità coinvolte; a forzature gestionali e amministrative, talora non disgiunte da profili di opacità, se non addirittura di illegittimità e illiceità.
Queste dinamiche ledono il fragile equilibrio ambientale ma anche i diritti delle comunità, come ha bene messo in luce la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli sul caso Tav Torino Lione (novembre 2015), e finiscono per gravare sul debito pubblico – grazie al meccanismo insidioso del project financing – a vantaggio delle filiera del cemento e dell’asfalto.
Il nuovo Codice Appalti ha introdotto elementi positivi, ma prevede un regime transitorio che consente l’applicazione delle vecchie norme alle opere già passate al Cipe: infrastrutture per 155 miliardi di Euro. Occorre contare poi i maggiori poteri affidati al Presidente del Consiglio dalla Legge Madia su eventuali nuove opere, anche grazie al dimezzamento dei tempi di approvazione.
In questo gioco distruttivo, le sapienti norme dettate dalla Costituzione in materia di tutela ambientale e paesaggistica restano lettera morta. È assente il territorio, e la sua possibilità di valorizzazione in senso multidimensionale, e non meramente economicistico.
Su questi temi la Fondazione Lelio e Lisli Basso, il Tribunale Permanente dei Popoli e la Fondazione Culturale Responsabilità Etica organizzano un seminario lunedì 19 dicembre presso la Sala ISMA, Senato della Repubblica Piazza Capranica, dalla 15 alle 19.
- il parlamentare Giulio Marcon (Sinistra Italiana),
- il presidente del Tribunale Permanente dei Popoli Franco Ippolito,
- Anna Donati di Green Italia ed ex presidente della commissione trasporti al Senato,
- l’assessore all’Urbanistica del Comune di Roma Paolo Berdini
- Tomaso Montanari, storico dell’arte, docente dell’Università di Napoli.
Verranno presentati casi specifici di grandi opere italiane: tra gli altri il giornalista Roberto Cuda illustrerà il suo studio sul caso Brebemi, Stefano Lenzi del WWF tratterà del Ponte sullo Stretto e Alessandra Algostino dell’Università di Torino tratterà il caso TAV, in discussione in Parlamento in questi giorni.
A seguire importanti interventi istituzionali dei diversi gruppi parlamentari.
Il seminario, con una lettura critica delle politiche correnti, intende puntare alle priorità reali del Paese: la messa in sicurezza del territorio, la riqualificazione degli edifici e delle periferie, l’adeguamento antisismico degli edifici pubblici e privati.