Attigliano, 29 Ottobre 2016. In occsione del Simposio Internazionale del Centro Mondiale di Studi Umanisti “La rivoluzione umana necessaria” abbiamo intervistato lo scienziato russo Akop Nazaretian che ci ha parlato del suo libro “Futuro non-lineare”, recentemente pubblicato in spagnolo e di prossima traduzione in italiano.
Video di Dario Lo Scalzo
Trascrizione del testo spagnolo di Mayte Quintanilla
Di cosa parla il tuo libro Futuro no lineal, pubblicato di recente?
Cerchiamo di capire quali scenari dello sviluppo della sensibilizzazione terracquea ci aspettano e come questo dipenda quello che facciamo ora, dalle generazioni di adesso. Una delle citazioni è di un fisico nordamericano che dice: «Possiamo sicuramente considerare gli uomini di oggi la generazione più significativa di tutta la storia dell’umanità, perché la storia di milioni di anni di evoluzione sulla Terra si concluderà così nei prossimi decenni». E non si tratta di filosofia né di ideologia, e neanche di poesia, ma di calcoli indipendenti fatti da scienziati di diversi Paesi – Australia, Russia, America del Nord e Spagna – che mostrano come a metà del XXI secolo l’evoluzione arriverà al punto più importante della sua storia e quello che succederà dopo: l’evoluzione – dell’umanità e della Terra – arriverà a un livello cosmico o inizierà il ramo discendente della storia.
Nel libro si parla del paradosso di Fermi. In cosa consiste?
Il grande fisico italiano Enrico Fermi, all’inizio degli anni Cinquanta, formulò un paradosso chiamato “Dove sono?”. La domanda intende che secondo tutte le teorie dell’epoca dovevano esserci delle civiltà molto più avanzate nel cosmo. Ma tutte le ricerche, che continuano nel corso degli anni, non hanno registrato nessuna attività intellettuale nel cosmo, il che mi sembra sorprendente e paradossale. Ma posso dirvi che in questi anni il paradosso si è sviluppato, perché con le tecniche astronomiche di oggi sono stati registrati, in media, due nuovi pianeti ogni settimana fuori dal sistema solare. E alcuni sono molto simili al nostro pianeta. E, nonostante questo, non ci sono ancora segni né prove di attività intellettuale. Nei circa quattro milioni di anni in cui la vita si è sviluppata, tutte le volte, ogni crisi, ogni catastrofe globale è stata seguita da una fase di progresso transitoria, ed è così che si è arrivati a noi. Ma, secondo le leggi della teoria dei sistemi, ognuna di queste fasi sarebbe potuta andare diversamente, avrebbe potuto fermare o dare inizio alla fase di degradazione. Fino a oggi, lo sviluppo è stato progressivo, positivo, e si è arrivati a noi.
Sviluppo umano e progresso tecnologico. Come stanno le cose?
Con l’utilizzo di nuovi strumenti hanno iniziato a comparire degli squilibri tra il potere tecnologico degli strumenti e la qualità di autocontrollo della cultura, della psicologia eccetera. Questo squilibrio ha causato crisi e catastrofi che hanno continuato a esistere, creando la storia di popoli e civiltà e, diciamo, gli ambienti della società, che potevano regolare allo stesso tempo i propri valori, la propria psicologia, le regole dell’attività, la capacità di anticipare gli eventi al nuovo potere, al nuovo potenziale tecnologico. Quelli che non ci sono riusciti, hanno distrutto il loro stesso ambiente, sia quello naturale che quello geopolitico, e sono caduti vittime del proprio squilibrio, del proprio potere sproporzionato. Questo non dimostra qualcosa di nuovo, né si tratta di qualcosa del ventesimo secolo o della metà del XIX secolo, ma possiamo osservare simili crisi globali antropogeniche già millenni prima, alla fine del Paleolitico. Prima, quando l’essere umano era sul punto di autoeliminarsi. Nel libro questo viene dimostrato in dettaglio. Era sul punto di autoeliminarsi – ci furono tragedie, catastrofi, l’umanità perse molti gruppi di molte popolazioni – ma alla fine, fino a ora l’umanità ha avuto possibilità di avanzare psicologicamente e mentalmente, culturalmente, spiritualmente eccetera.
Notiamo un paradosso storico, per cui più le tecnologie erano sviluppate – tecnologie militari, di produzione, che avevano sempre avuto uno scopo distruttivo – e più è aumentata la densità di popolazione, meno persone venivano uccise. Quello che chiamiamo “Bloodshed ratio”, il quoziente di omicidi, dimostra che, storicamente o progressivamente, la percentuale di morti della popolazione diminuiva progressivamente, anche se tale processo non è mai stato lineare.
Che momento storico stiamo vivendo?
Siamo arrivati a una situazione molto pericolosa, e c’è un termine che ha proposto un politologo tedesco: “Catastrofefilia”. Un’epidemia mentale di massa di “catastrofefilia”. È questo quello che il mondo di oggi sta vivendo, e le epidemie mentali sono più pericolose di quelle fisiche, perché si avverano. Nel libro si esamina come degli attrattori siano possibili dietro il punto di singolarità, chiamato appunto “singolarità”, quando l’iperbole dello sviluppo arriva al punto… lo sviluppo che ha seguito l’iperbole del rallentamento per 4000 milioni di anni. E oggi si arriva al momento della singolarità in cui l’iperbole si curva verso l’alto. I grandi risultati che abbiamo ottenuto perché sapevamo… l’umanità non ha saputo evitare una guerra nucleare ed è stata in grado di raggiungere, per la prima volta nella storia politica, accordi che proibivano test nucleari nelle tre sfere. Se non fosse stato per questi accordi in ambito ecologico, negli anni Novanta la vita su questo pianeta sarebbe stata insopportabile se fossero continuate le attività degli anni Cinquanta e dei primi anni del Sessanta, come dimostrano i nostri calcoli. Ma l’umanità è stata in grado di raggiungere un accordo. Questo ci dà qualche speranza che i politici e le masse possano raggiungere compromessi fondamentali, non orientati contro terzi; ma in politica le alleanze sono sempre state contro qualcuno: noi siamo contro di loro, ci uniamo per sconfiggerli, per difenderci da loro. È un nuovo tipo di coalizione. È quello che abbiamo analizzato nella crisi degli anni Sessanta, che avrebbe potuto distruggere la civilizzazione globale. Ma l’abbiamo superata. Questo vuol dire che potremo farlo anche in futuro, se fino a ora ci siamo riusciti. Fino a che livello può arrivare l’autocontrollo, il potenziale di autocontrollo.
E che cosa ci può succedere in futuro?
Che lo sviluppo dell’intelletto e della cultura strumentale, tecnologica, abbia un tono maggiore rispetto all’evasione di autocontrollo, di cultura umanitaria, spirituale, e questo, forse, giocherà un ruolo decisivo nella direzione che si prenderà. Adesso dipende da noi, dagli uomini di queste generazioni.
Traduzione dallo spagnolo di Valentina tramite piattaforma Trommons