Oggi in occasione del VII Congresso Internazionale su Immigrazione, Interculturalità e Convivenza, svoltosi  nella città autonoma di Ceuta, Juana Pérez Montero, editrice e redattrice di Pressenza, ha presentato il seguente contributo dal titolo: “L’immigrazione nei mezzi di comunicazione: una prospettiva di pace e nonviolenza”.

Partiamo da una premessa: non parleremo in qualità di giornalisti “oggettivi” poiché riteniamo che non sia possibile farlo. Sappiamo che ciò che ci viene insegnato nelle scuole di giornalismo non è realizzabile, non solamente perché spesso dobbiamo rispondere agli interessi dell’organo per il quale lavoriamo, ma soprattutto perché siamo dei soggetti e, in quanto tali, qualsiasi cosa facciamo, manifestiamo, scriviamo, ecc. sarà sempre soggettiva e rispecchierà una modo di vedere concreto e condizionato da convinzioni, valori, esperienze personali e persino dal nostro corpo.

Chiariamo anche che le nostre argomentazioni muovono dall’assunto che l’uomo sia un essere storico e intenzionale e, di conseguenza, capace di trasformare il proprio corpo, il proprio paesaggio interiore ed il paesaggio umano nel quale vive. Addentrandoci nella questione che più ci riguarda, l’immigrazione, diremo che nella stessa parola “immigrazione”, la particella “–in” implica l’adozione di una prospettiva ben determinata che definisce un “dentro” e, di conseguenza, un “fuori”. Questo porta ad una prima riflessione: siamo soliti parlare del “dentro” così come lo vediamo e lo viviamo “da dentro”.

Tuttavia, alle volte si rende necessario adottare una prospettiva più ampia, che tenga  conto del “fuori”  sia per poter comprendere meglio il “dentro”, sia per fornire delle risposte coerenti e definitive e trovare delle soluzioni positive che spalanchino a tutti le porte del futuro. Questa sembra essere l’unica strada percorribile in un mondo globalizzato nel quale gli individui, in particolare i più poveri, non trovano che frontiere e nel quale, ogni giorno, emergono nuovi  segnali di una politica delle frontiere basata sulla paura, sull’irrazionalità e su di una disumanizzazione crescenti.

Il ruolo dei mezzi di comunicazione rispetto al fenomeno migratorio

In realtà, essi svolgono lo stesso ruolo svolto in relazione a qualsiasi altra questione. Se da un lato, i media possono considerarsi uno specchio del paesaggio umano nel quale operano, dall’altro essi svolgono la funzione di attori che partecipano attivamente alla costruzione di quello che chiamiamo “immaginario collettivo”, contribuendo a dar forma tanto al paesaggio interiore dei singoli individui quanto a quello umano. È dunque di fondamentale importanza prendere consapevolezza di questi aspetti e assumere degli atteggiamenti più responsabili. I mezzi di comunicazione plasmano le opinioni costruendo un’immagine dell’”immigrato” che oggi, in linea generale, assume tratti negativi, stigmatizzanti e persino criminalizzanti. Questa immagine tende ad approfondire le divisioni tra coloro che sono “dentro” e coloro che vengono da “fuori” generando un risentimento e un desiderio di vendetta sempre maggiori. Siamo giunti ad un punto in cui agli immigrati vengono attribuiti tutti i nostri mali, deviando così l’attenzione dai veri responsabili del disastro nel quale viviamo. Com’è illusoria quella che chiamiamo realtà!

Concludiamo, dunque, affermando che i media, in quanto agenti attivi nella costruzione dell’immaginario collettivo, sono investiti di una grande responsabilità riguardo alle posizioni che assumono su qualsivoglia argomento e soprattutto, data la fase nella quale viviamo, riguardo al tema delle migrazioni.

Approcci al tema della migrazione

Alle suddette posizioni corrispondono quelli che potremmo definire differenti approcci. Quali sono? A nostro parare essi si dividono essenzialmente in due tipi e corrispondono ai valori che sottendono il lavoro dei singoli media.

Molti organi di comunicazione, in particolar modo i principali, adottano una narrazione disumanizzante, un approccio che potremmo definire “oggettuale”, attraverso il quale gli individui migranti sono considerati come oggetti, più o meno utili, che possono essere gettati via come qualsiasi altro prodotto di consumo. Questa prospettiva è in sintonia  con il sistema in cui viviamo, che fa del denaro il valore supremo e considera milioni di esseri umani come un’eccedenza che aumenta man mano che il progresso tecnologico elimina posti di lavoro. Milioni di persone superflue tanto “fuori” quanto “dentro”!

Tale approccio testimonia una totale mancanza di connessione con quanto vi è di umano in ciò di cui si parla o si scrive e l’adozione di uno sguardo privo di compassione, che chiude le porte del futuro agli uni e agli altri. Insomma, uno sguardo volto alla riproduzione di questo sistema inumano.

Esiste, però, un’altra prospettiva, che oggi diviene fondamentale. Si tratta di un approccio che fa dell’essere umano il valore più importante e le cui priorità sono la vita e la libertà di tutti i singoli individui. Esso adotta uno sguardo che denuncia e ripudia la violenza in ogni sua forma: la violenza economica, madre delle violenze, quella fisica, che ha nella guerra la sua estrema manifestazione, la violenza razziale, religiosa, generazionale, di genere, morale, psicologica… Uno sguardo che non giustifica la violenza, fosse anche legale, perché la violenza è sempre illegittima e immorale.

E proprio questo approccio, che definiremo di pace e nonviolenza, ci porta a denunciare e a ripudiare le vere cause alla base degli odierni flussi migratori, alcune delle quali sono enumerate di seguito:

– Le politiche dei paesi del Nord, asservite ai grandi interessi economici del pianeta.

– Le invasioni di paesi terzi da parte della NATO e dei suoi eserciti allo scopo di difendere suddetti interessi.

– La vendita di armi a determinati gruppi, che genera guerre laddove i governi non permettono di disporre delle risorse.

– L’usurpazione delle risorse di questi paesi,  che uno smisurato cinismo permette di definire “paesi senza possibilità di sviluppo” pur essendo delle nazioni ricchissime.

– Le politiche alimentari e gli interessi delle grandi industrie di questo settore che stanno provocando cambiamenti climatici e carestie.

– La miseria, la morte, il dolore e la sofferenza che tutto questo infligge a milioni di esseri umani.

– I modelli di vita esportati da quello che chiamiamo il “Nord” del mondo e che in realtà rappresenta solo una minoranza.

– La demonizzazione e la criminalizzazione di credenze, valori e miti diversi dai propri.

– La difesa a oltranza di un individualismo che provoca una mancanza di solidarietà con il prossimo e condanna alla solitudine milioni di persone che sono “dentro”.

– Il triste “ruolo” del Mar Mediterraneo, divenuto un cimitero in cui i corpi non saranno mai sotterrati.

– L’aver dimenticato il nostro passato recente e persino il presente in tema di migrazioni forzate, etc.

Questa prospettiva di pace e nonviolenza implica il porre l’accento su tutto quanto vi sia di positivo, su tutto ciò che si impegna in nome della vita e contribuisca a immaginare e a costruire un altro mondo, creato in funzione delle persone. Per questo siamo spinti a scrivere di quelle iniziative che:

– Valorizzino e considerino ogni migrante come un essere umano, la cui vita e la cui libertà sono sacre.

– Reclamino uguali diritti e opportunità per tutti.

– Ritengano che “nessun essere umano è illegale” ed esigano la chiusura dei CIE.

– Parlino del diritto alla migrazione e dei benefici che questa apporta.

– Osino proporre l’eliminazione delle frontiere.

– Siano a favore dell’immediato ritiro degli eserciti dai territori occupati (Palestina, Siria, Yemen, etc.).

– Si battano per inserire nelle costituzioni nazionali la rinuncia alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti con altri paesi (come ha fatto la Bolivia).

– Sottolineino come la nuova ricchezza prodotta ogni giorno grazie al progresso tecnologico debba essere di tutti.

– Reclamino un’equa distribuzione di questa ricchezza, tangibile o intangibile, che permetterebbe all’intera umanità di vivere in condizioni dignitose.

– Insegnino ciò che ci unisce, non ciò che ci divide.

– In definitiva, di tutto ciò che parli di diritti umani universali, compresi quelli definiti emergenti o di quarta generazione.

E lo facciamo tramite notizie che spaziano da piccoli progetti, anche individuali, ma profondamente significativi e capaci di ispirarne altri, ai grandi progetti lanciati a livello mondiale o capaci di costituire degli esempi da imitare… Storie e idee che testimoniano che un altro mondo è possibile perché, grazie ad esse, possiamo collaborare alla costruzione di un nuovo immaginario collettivo, un nuovo paradigma che ponga al centro le persone e che sostenga l’idea di una nazione umana unica ed universale.

Siamo ad un bivio

Viviamo in una fase molto complessa a livello mondiale. In questo momento appassionante, che potremmo definire un bivio vitale, l’umanità, i popoli e gli individui sono chiamati a scegliere tra la possibilità di lasciarsi guidare dal timore, dal risentimento per ciò che è stato vissuto, sentito ed incorporato come proprio e dalla vendetta (base della cultura nella quale viviamo), o dalla volontà di intraprendere un nuovo cammino che conduca a una cultura del dialogo e della comprensione profonda dei fenomeni, aspirando alla riconciliazione personale e sociale e rivendicando il principio di “trattare gli altri come vorremmo essere trattati”, un principio morale imprescindibile se vi è una reale volontà di costruire una convivenza basata sull’interculturalità.

Di fronte a questo bivio tra un mondo ogni giorno più violento e inumano diretto al disastro e la possibilità di un mondo nuovo, fatto di pace e nonviolenza, ognuno dovrà compiere una scelta… e le nostre azioni ne saranno la testimonianza. Pressenza, un’agenzia di giornalisti volontari, liberi da interessi esterni, ha optato fin dalla sua nascita per la seconda strada o, meglio, è proprio perché abbiamo scelto questo cammino che riteniamo importante portare avanti l’attività di questo strumento al servizio delle persone, della base sociale e impegnato nella  costruzione di un nuovo paradigma che sia all’altezza dell’essere umano.

Grazie!

Traduzione dallo spagnolo di Claudia Campisano