Sono passati più di cinque mesi da quando la Giordania ha chiuso i confini con la Siria: una decisione che ha seriamente colpito l’accesso all’assistenza medica di base per oltre 75.000 siriani, di cui tre quarti donne e bambini, bloccati nel deserto da oltre due anni. Ancor prima della chiusura delle frontiere, le organizzazioni umanitarie non erano in grado di fornire assistenza adeguata e ora la situazione è diventata ancora più drammatica.
“Il freddo si sta facendo sentire sempre di più e le temperature dovrebbero presto scendere sotto lo zero”, dichiara la dott.ssa Natalie Thurtle, responsabile medico di MSF per il progetto Berm. “Nel futuro prossimo, temiamo di veder morire bambini di ipotermia, perché è ciò che è accaduto lo scorso anno“.
Nel Berm, i siriani – che vivono in esili tende di fortuna che non sono in grado di sopportare i forti venti invernali – saranno costretti ad affrontare difficoltà ancora maggiori semplicemente per sopravvivere. L’assenza di infrastrutture e beni di prima necessità rappresenta la difficoltà più grande, perché chi è bloccato nel Berm non ha accesso alle cose più elementari, come un corretto abbigliamento invernale, acqua calda, elettricità, legna da ardere, o qualsiasi forma di riscaldamento per affrontare le intemperie.
Analogamente, la disponibilità di alimenti e altri generi essenziali è molto limitata e la chiusura delle frontiere, il 21 giugno, ha portato a gravi complicazioni sanitarie per chi vive nella zona.
“Non ci sono approvvigionamenti dall’inizio di agosto, quindi logicamente vengono segnalati crescenti casi di malnutrizione. Solo nell’ultima settimana abbiamo ricevuto la conferma di 140 casi di malnutrizione nel Berm. La vita lì sta diventando sempre più disperata”, prosegue la dott.ssa Natalie Thurtle.
A 250 km a ovest del Berm, al confine nord-occidentale con la Siria, la chiusura delle frontiere ha bloccato l’evacuazione medica dei siriani feriti provenienti dal governatorato di Dara, nella Siria meridionale, che non possono accedere alla città di confine giordana di Ramtha, dove MSF gestisce un progetto di chirurgia di emergenza. A Ramtha MSF offre da oltre tre anni cure mediche salvavita per i siriani feriti nel conflitto, ma oggi, nonostante l’aumento della violenza e dei combattimenti, i reparti sono quasi vuoti. Se la situazione alle frontiere resterà invariata, MSF teme di essere costretta a chiudere i suoi programmi in Giordania per i siriani feriti in guerra.
Per questo MSF chiede con forza al governo giordano di rimuovere gli ostacoli imposti alla fornitura di assistenza medica salvavita, permettendo l’evacuazione medica dei siriani, in particolare i più vulnerabili, come donne e bambini.
Tra maggio e giugno 2016, MSF ha gestito una clinica mobile nel deserto del Berm, per fornire assistenza sanitaria di base e assistenza alla salute riproduttiva. La maggior parte dei pazienti erano donne e bambini sotto i cinque anni. Durante questo periodo, MSF ha visitato 3.501 pazienti, fornito consulenze a 450 donne in gravidanza e assistito un parto. Nel progetto di Ramtha, MSF continua a fornire assistenza chirurgica salvavita e riabilitazione post-operatoria ai siriani feriti in guerra che erano riusciti a passare in Giordania prima della chiusura delle frontiere. Dal mese di settembre 2013, MSF ha visitato più di 2.427 feriti al pronto soccorso dell’ospedale di Ramtha ed eseguito oltre 4.500 interventi chirurgici su pazienti siriani, di cui oltre 800 interventi chirurgici importanti.