Quando si vuole risolvere un problema, sarebbe logico analizzare i dati di fatto e di conseguenza ipotizzare le soluzioni. Nel procedere alla riforma della Costituzione non sembra che sia stato utilizzato questo metodo razionale.
Infatti, una delle questioni più importanti, a detta dei riformatori, è la necessità di velocizzare il procedimento legislativo, in particolare per i provvedimenti proposti dal Governo, che subiscono le lungaggini del Parlamento a causa del bicameralismo paritario, cioè dell’obbligo dell’approvazione di una legge da parte sia dei senatori sia dei deputati.
Controllando i dati ufficiali forniti dal sito del Senato, si scopre che il Parlamento italiano negli ultimi 20 anni ha approvato 2.361 leggi, di cui 1.870 di iniziativa governativa, cioè il 79,2 % del totale. Soltanto 491 leggi sono di iniziativa parlamentare. Qui emerge un primo dato significativo: le leggi sono approvate dal Parlamento, ma 4 su 5 sono scritte dal Governo. Si potrebbe dire che i ruoli si siano invertiti: il potere esecutivo è di fatto diventato un potere legislativo, mentre il Parlamento per lo più si limita a confermare i provvedimenti decisi e voluti dal Governo.
Preso atto di questi numeri, risuonano in modo stonato le note critiche di alcuni ministri e presidenti del consiglio degli ultimi due decenni, che hanno individuato il Parlamento come il principale ostacolo all’azione del Governo. Semmai dovrebbero essere i parlamentari a lamentarsi per essere stati espropriati di un potere che la più classica teoria politica attribuisce ai rappresentanti del popolo.
Ancora più significativi sono i dati relativi ai tempi di approvazione delle leggi. Dal 1996 al 2016 al Senato il tempo medio di approvazione di una legge di iniziativa parlamentare è stato di 78 giorni, mentre per le norme presentate dal Governo sono stati impiegati 47 giorni. Nello stesso periodo di 20 anni alla Camera per le leggi d’iniziativa parlamentare sono stati utilizzati 123 giorni, mentre per quelle di fonte governativa ci sono voluti 64 giorni in media.
Tenendo conto che quasi l’80% delle leggi approvate proviene dal Governo, i tempi di approvazione tutto sommato appaiono accettabili. I numeri dimostrano che il Governo è il vero autore delle leggi e che riesce ad ottenere l’approvazione in tempi ragionevoli.
Il che rende alquanto inconsistente la motivazione addotta da chi sostiene l’assoluta necessità della riforma del bicameralismo paritario.
In ogni caso, dai numeri emerge con chiarezza che il Senato negli ultimi due decenni si è dimostrato più efficiente della Camera per la velocità di approvazione delle leggi. Di conseguenza, chi avesse voluto passare dal bicameralismo paritario a quello differenziato, per logica avrebbe dovuto mantenere la funzione legislativo prioritaria al Senato (e non alla Camera come prevede il progetto di riforma). Ma a quanto pare le riforme si fanno a prescindere dalla logica.