B’Tselem, una delle più importanti associazioni israeliane per i diritti umani, sta facendo pressione sul Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché faccia qualcosa di concreto per porre fine all’occupazione della Palestina. In particolare, il 14 ottobre il suo Direttore Hagai El-Ad si è rivolto ad un incontro informale del Consiglio sugli “Insediamenti illegali israeliani” denunciando il fatto che Israele ha controllato le vite dei palestinesi a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est per gli ultimi 49 anni”. El-Ad ha per questo proposto che il 50esimo anniversario dell’occupazione veda il prossimo anno la realizzazione dei diritti dei palestinesi e la fine dell’occupazione, insistendo che “il Consiglio di Sicurezza debba agire e debba farlo ora”, perché “non ne ha solo il potere, ma la responsabilità morale e l’opportunità storica”.
Né è stato difficile, per il Direttore di B’Tselem, replicare alle ingiurie dell’Ambasciatore di Israele presso l’ONU, Danny Danon, che ha accusato B’Tselem di unirsi “ai tentativi palestinesi di scatenare un terrorismo diplomatico contro Israele presso le Nazioni Unite”. El-Ad ha infatti risposto: “Cosa dovrebbero fare i palestinesi? Se osano fare manifestazioni, è terrorismo di massa. Se chiedono sanzioni, è terrorismo economico. Se usano mezzi legali, è terrorismo giudiziario. Se si rivolgono alle Nazioni Unite, è terrorismo diplomatico. Risulta che qualunque cosa faccia un palestinese, a parte alzarsi la mattina e dire “Grazie, Raiss” – “Grazie, padrone” – è terrorismo. Cosa vuole il governo, una lettera di resa o che i palestinesi spariscano? Non possono sparire”. Ecco perché B’Tselem si è appellata al Consiglio di Sicurezza: “Non ci sono possibilità che la società israeliana, di sua spontanea volontà e senza alcun aiuto, metta fine all’incubo.Troppi meccanismi nascondono la violenza che mettiamo in atto per controllare i palestinesi. Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché mi sforzo di essere umano. E gli esseri umani, quando si assumono la responsabilità di un’ingiustizia contro altri esseri umani, hanno l’obbligo morale di fare qualcosa (…). Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché sono ottimista, perché sono israeliano, perché sono nato ad Haifa e vivo a Gerusalemme [due città in cui vivono molti palestinesi], e perché non sono più giovane e ogni giorno della mia vita è stato accompagnato dal nostro controllo su di loro. E perché è impossibile andare avanti così”.
Tutto ciò è stato molto ben accolto dall’Ambasciatore palestinese presso l’ONU, Riad Mansour, che ha visto nell’incontro del Consiglio di Sicurezza “un esercizio molto positivo” verso una nuova risoluzione dell’ONU contro gli insediamenti, mentre ha finito per scatenare le furie di tal Aviv a tal punto che un esponente del governo ha proposto di trovare il modo per revocare la cittadinanza israeliana ad Hagai El-Ad, sortendo un perfetto effetto boomerang. Il 28 ottobre, infatti, il Relatore Speciale sulla Palestina al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC), Michael Lynk, ha fatto sapere che esaminerà nel suo prossimo rapporto il trattamento che Tel Aviv riserva ai gruppi umanitari, specificando che “il fatto che il governo minacci di revocare la cittadinanza ad Hagai El-Ad è un passo particolarmente preoccupante che Israele vuole prendere”.