Il 5 novembre scorso, Noam Chomsky ha dato una conferenza a Barcellona per l’Università delle Nazioni Unite, sulla globalizzazione e la mobilità.
In questi ultimi anni i migranti sul pianeta sono aumentati di più di 200 milioni, per cause ambientali, conflitti armati, miseria, ecc.: questa situazione genera xenofobia, emarginazione, esclusione, miseria.
In una sala di 1500 persone, e molti altri interessati che non hanno potuto avere accesso ad essa per mancanza di spazio, Noam Chomsky ha dato una conferenza sulla crisi dell’immigrazione. Noam Chomsky, classe 1928, è professore emerito del MIT, attivista politico e autore di numerosi libri nei quali analizza la situazione sociale, economica e politica mondiale.
Chomsky ha iniziato la conferenza ricordando le parole di Papa Francesco: “i migranti non sono un pericolo, ma sono in pericolo”. La crisi dell’immigrazione è una crisi morale dovuta all’incapacità dei paesi di dare una risposta a queste persone in pericolo, è una breccia che si è aperta tra i ricchi e i bisognosi, è una crisi morale.
Davanti ai nostri occhi si stanno producendo problemi umani enormi, che nel futuro peggioreranno se non sviluppiamo azioni per risolverli. Secondo il rapporto nazionale, quest’anno sono affogati nel Mediterraneo più di 4.000 rifugiati che fuggivano dalla guerra e dalla miseria, e non sono state prese misure per risolvere la questione.
La storia delle migrazioni va vista in processo e va osservata la relazione che ha con il nostro modello sociale occidentale. Molte migrazioni si sono prodotte come conseguenza delle invasioni imperialiste di molti territori, invasioni che hanno finito per eliminare società intere, cosicché, ripeto, questa non è una crisi migratoria, bensì una crisi morale.
Nella nostra storia si sono prodotte molte crisi migratorie, come quella dei prigionieri africani che venivano schiavizzati e trasferiti in America per lavorare nelle piantagioni di cotone. Una parte importante della ricchezza occidentale proviene da queste pratiche, come nel caso della Francia, che ha utilizzato colonie come Haiti per la produzione del cotone. La produzione di cotone per mezzo degli schiavi è alla base dell’industria occidentale.
In questi momenti il paese più colpito dall’arrivo dei rifugiati è il Libano, sono rifugiati provenienti da Siria, Libia, Israele, ecc. Anche la Giordania assorbe una grande quantità di immigrati. Sia il Libano che la Giordania sono paesi con poche risorse economiche, che comunque hanno accolto una gran quantità di rifugiati. Uno dei paesi più miserabili, come l’Afganistan, ha ricevuto 1,5 milioni di rifugiati che sono stati rifiutati dall’occidente.
In Francia, invece, si demolisce un piccolo centro con 3.500 rifugiati, come quello di Calais, e non ci sono gesti di compassione. Il Regno Unito non ha accolto che 100 bambini che erano rifugiati nel campo di Calais. Questi sono i valori occidentali che emergono oggi.
(Video di Raquel Paricio)
La Turchia, con un basso indice di sviluppo, accoglie 2,5 milioni di rifugiati, il 90% dei quali sono donne e bambini. Ora la Turchia ha chiuso le porte. Ad Aleppo decine di migliaia di persone aspettano di uscire dalla Siria e l’Europa condanna la Turchia per aver chiuso le sue frontiere con la Siria. In questa azione è presente una grande ipocrisia. Negli ultimi 5 anni, 11 milioni di siriani hanno lasciato le proprie case, ci sono 6,5 milioni di sfollati in territorio siriano e milioni hanno chiesto asilo all’Europa; la Germania è il paese che ha ricevuto più richieste. Gli Stati Uniti hanno accolto solo 1000 rifugiati. Come dicevamo, quelli che hanno assorbito il maggior numero di rifugiati sono paesi come la Giordania, il Libano o la Turchia, paesi con poche risorse, mentre paesi come gli Stati Uniti, che hanno avuto molta responsabilità nel conflitto e nell’esistenza di quei rifugiati, ne ha accolti pochissimi. L’occidente dovrebbe ascoltare quello che disse Justin Harding nel tribunale di Norimberga: questi imputati devono stare dove stanno affinché noi non veniamo accusati in futuro.
E’ davvero sorprendente che un paese con meno responsabilità nell’aver generato rifugiati debba farsene carico e un paese più ricco e con più responsabilità non se ne faccia carico. Ciò vale per i rifugiati del Medio Oriente, del Centro America o dell’Africa: tutti loro sono il prodotto di invasioni, come quella americana in Honduras o la migrazione africana, che viene da un processo storico, come lo fu la pianificazione e la divisione del mondo dopo la seconda guerra mondiale.
Gli Stati Uniti si sono assunti il ruolo di controllori dell’ordine mondiale, dato che avevano interessi mondiali e ogni regione aveva la propria missione. Dal momento che gli Stati Uniti non avevano molto interesse per l’Africa, si pensò che l’Europa sfruttasse le sue risorse. Dopo tanti secoli di orribile sfruttamento dell’Africa da parte dell’Europa, a tutt’oggi questo continua ad essere vigente, per questo gli africani cercano di trasferirsi nella terra dei loro colonizzatori.
L’attacco in Libia da parte di Francia e Regno Unito, appoggiati dagli Stati Uniti, ha fatto sì che il paese fosse devastato, e hanno inondato di armi gli jahidisti. Questo attacco ha aperto le porte all’Isis e ha creato un’altra crisi di immigrazione. Dietro questa crisi, l’Unione Africana ha stabilito una serie di misure in direzione di una soluzione pacifica, ma le proposte sono state ignorate dalla Francia, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. Queste sono questioni che devono essere analizzate nel momento in cui si studia la crisi dei migranti in occidente.
Attualmente, la siccità sta minacciando milioni di persone, ultimamente più di 25 milioni di persone sono state sfollate a causa di catastrofi naturali come conseguenza del cambiamento climatico, e la quantità aumenterà. Solo in Bangladesh si prevede che centinaia di persone debbano fuggire a causa delle inondazioni, questo accadrà in tutto il sud-est asiatico, dove le temperature sono insopportabili e hanno fatto sì che i ghiacciai dell’Himalaya si sciogliessero e lasciassero intere popolazioni senz’acqua. Questi migranti dovrebbero poter andare nei paesi che hanno prodotto questo cambiamento climatico, come gli Stati Uniti. Dovremmo pensare ad accogliere tutti questi rifugiati, perché come dice il Papa, sono in pericolo.
(Immagine di Fernando Estrada)
Alla domanda del pubblico di cosa succederebbe se Donald Trump vincesse le elezioni, Chomsky risponde che Trump dice cose molto variopinte, ma che al di là di ciò che dice, quello che si osserva è che vuole portare il mondo al disastro il più rapidamente possibile. Secondo Trump, il cambiamento climatico non si sta verificando e dovremmo abbandonare tutte le misure adottate contro di esso, e lanciarci nel precipizio prima possibile. Questa è l’idea di tutto il partito repubblicano. Questa è una delle sue politiche, ma non si commenta niente a riguardo. Rispetto ad altri temi, propone di aumentare l’esercito e di ridurre le tasse ai ricchi, e sta facendo appello per una riduzione delle tensioni con Russia e Cina. Le tensioni alla frontiera russa sono in crescita e potrebbero finire con una guerra nucleare. Si fanno esercitazioni a pochissima distanza dalla frontiera russa. Mentre Gorbachov proponeva un avvicinamento all’Europa e all’Asia, dopo la caduta dell’URSS l’Europa propone un avanzamento della NATO sull’antica URSS.
In questa situazione, pensare che Trump prenda le redini di un possibile attacco nucleare genera molta incertezza negli analisti mondiali.
Un’altra persona del pubblico chiede: perché c’è quasi un 50% di americani che credono che la situazione del proprio paese con Trump sarebbe migliore?
Chomsky risponde che l’Austria ha un partito neonazista molto importante. Ricorda il primo articolo che scrisse, dove spiegava come, dopo la caduta di Barcellona davanti alle forze fasciste, questo male si fosse esteso per tutta Europa. Ora siamo in una situazione analoga, e vediamo che ci sono similitudini tra ciò che succede negli Stati Uniti e l’Europa, come l’aumento del razzismo. In Europa, nelle società omogenee i timori si riducono, ma ne appaiono alcuni diversi, appare il razzismo. Il razzismo esiste anche negli Stati Uniti, benché a New York possiamo vedere gente di qualunque luogo, ma le persone hanno perso livello salariale, le istituzioni politiche e finanziarie accettano la situazione e le posizioni si polarizzano. Stiamo affrontando una crisi di rifugiati che peggiorerà con il cambiamento climatico e sarebbe molto peggio se si verificasse un attacco nucleare.
Qual è stato il ruolo dei media nella crisi dei migranti?
Non ho l’abitudine di leggere la stampa catalana, ma nel caso del New York Times o della BBC, durante le primarie il tema della crisi dei rifugiati non è stato trattato. Qualunque storico che analizzasse questo fatto resterebbe sorpreso. La specie umana si trova davanti a problemi che mai si erano prodotti prima nella storia e non si parla di questo. Cosa le dice dei mezzi di comunicazione?
Come possiamo continuare la lotta?
Come si è fatto finora negli Stati Uniti e in Europa, molta gente giovane si sta organizzando, il fenomeno Bernie Sanders è molto significativo. Prima negli Stati Uniti i risultati delle elezioni si potevano prevedere, ma ora per la prima volta un candidato è stato appoggiato da gente giovane, i millenials, senza appoggio economico da parte delle grandi corporazioni né dei ricchi, come per il fenomeno Corbin nel Regno Unito.
Che tipo di azioni potremmo intraprendere per superare la crisi dei rifugiati? Il Libano è un paese povero che accoglie un numero di rifugiati vicino al 40% della propria popolazione, i paesi più ricchi potrebbero fare molte più cose. La reazione degli Stati Uniti e dell’Europa è stata che Turchia e Messico allontanassero i rifugiati. Un’altra azione da realizzare è offrire aiuti umanitari molto più abbondanti. Nel caso della Siria bisogna intraprendere dei passi come quello di negoziare gli insediamenti in maniera diplomatica, questo ridurrebbe la violenza. La Russia ha proposto di far passare la Siria per un governo di transizione nel quale partecipi anche il governo di Assad, ma l’occidente ha rifiutato di considerare questa opzione. Anche in Irak ci sono molti problemi, per esempio a Mosul, problemi che sono il risultato dell’invasione degli Stati Uniti e del Regno Unito. Se guardiamo le politiche dell’occidente di fronte al radicalismo islamico, prima si limitavano alle frontiere, ora sono invasioni, come quella della Francia e del Regno Unito in Libia: un anno dopo l’invasione,la violenza è aumentata moltissimo. Se non siamo capaci di vedere la radice dei problemi, la situazione peggiorerà.
(Immagine di Fernando Estrada)
Traduzione dallo spagnolo di Matilde Mirabella