In America, nelle terre del Nord Dakota, oramai da mesi va avanti la protesta pacifica e nonviolenta delle tribù dei Lakota, dei Sioux, dei Comanche, degli Hopi, degli Hualapai, degli Yakama, solo per dirne alcune; sono oltre 200 le tribù di nativi che si sono unite insieme per protestare contro il passaggio di un enorme oleodotto, e per fermare l’estrazione forzata e distruttiva di petrolio e gas col metodo del fracking (frantumazione da sabbie bituminose shale oil and gas). Un metodo questo che produce danni enormi al sottosuolo e a tutto il mondo vivente nelle aree circostanti dove sorgono le centrali di estrazione.
In particolare le tribù native americane si sono poste a difesa dell’area di Standing Rock; vogliono proteggere anzitutto l’acqua, le preziosissime riserve d’acqua del sottosuolo che vengono gravemente compromesse ed inquinate a causa di questo metodo d’estrazione altamente invasivo e distruttivo.
Le proteste al grido di “Water is life!” (L’acqua è vita!) vanno avanti dalla primavera scorsa. Decine di migliaia di nativi si sono uniti sotto ad un’unica sigla NoDapl (No Dakota Access Pipeline) allo scopo di fermare il “grande serpente nero”, il lunghissimo oleodotto della compagnia Energy Transfer Partners, il cui tracciato prevede l’attraversamento dei fiumi Missouri e Mississippi e parte del Lago Oahe, proprio vicino alla zona di Standing Rock dove è situata la riserva della Nazione Lakota Sioux.
I nativi americani che considerano queste terre sacre, dopo oltre 140 anni dalla fine dell’ultimo conflitto con “l’uomo bianco” tornano a confrontarsi pacificamente contro la prepotenza della civiltà occidentale.
Il più grande genocidio di massa tenuto nascosto per tanto tempo
Sterminati a decine di milioni nel secolo scorso, in quello che si deve chiamare un vero e proprio genocidio, lo sterminio di massa più grande che la storia umana ricordi. Un numero compreso tra i 50 e i 100 milioni di nativi morirono a causa dei colonizzatori europei, a causa delle guerre di conquista, per la perdita del loro ambiente, per il cambio dello stile di vita e soprattutto per via delle malattie portate da inglesi, spagnoli, francesi, olandesi, contro cui i popoli nativi non avevano assolutamente difese. Molti di loro furono oggetto di deliberato sterminio, poiché considerati barbari. Nei loro confronti furono attuate vere e proprie pulizie etniche di massa, giustificando la colonizzazione e le peggiori crudeltà sotto a un manto ideologico, culturale e religioso, come spesso fa la civiltà occidentale quando deve nascondere le proprie malefatte con l’unico fine di conquistare le terre e le ricchezze di altri popoli. Secondo alcune fonti storiche* addirittura la cifra di questo sterminio dei nativi americani durato 500 anni arriverebbe a 114 milioni.
A difesa del “Bene Comune”
Oggi i discendenti di ciò che rimane di queste antiche popolazioni native si ritrovano a fronteggiare per l’ennesima volta nella loro storia l’avidità e la follia della civiltà occidentale.
E’ una protesta pacifica e colorata la loro, sebbene molto determinata, una lotta di presidio a suon di tamburi e canti antichi che non vuole difendere soltanto le loro terre, ma il concetto stesso di acqua e ambiente come bene comune di tutti.
Segnali di buon auspicio
In questi giorni, nell’area di Standing Rock, dopo tanto tempo si sono visti ricomparire i bisonti, animali bellissimi e fieri che insieme all’aquila rappresentano meglio il popolo dei nativi americani. Nella loro presenza le tribù vedono un segno propiziatorio che annuncia la rinascita dello spirito di questi popoli. In questo momento storico di forte crisi, quella di un sistema economico che da sempre non ha rispetto alcuno della vita delle persone e dell’ambiente in cui esse vivono, ci auguriamo che queste magnifiche creature siano di auspicio affinché ad unirsi sotto ad unica grande voce, non siano solo i popoli nativi americani, bensì quelli di tutto il mondo. Ci auguriamo che la loro voce possa moltiplicarsi e sommarsi a quella di centinaia di milioni di persone in tutto il pianeta, stanche dei danni prodotti da un manipolo di gruppi di potere che da secoli dettano le regole di questo gioco al massacro, una folle corsa che ci sta portando a distruggere persino noi stessi oltre al mondo vivente che ci ospita.
Che possa rinascere in tutta l’umanità lo spirito del buon senso, quello del senso del bene comune che viene prima dell’interesse particolare di poche persone, che si possano sviluppare forza e determinazione in una nuova forma di resistenza per opporsi a questa ondata di follia collettiva che non risparmia più niente e nessuno.
Un antico messaggio oggi ancora più attuale
Nonostante l’enorme danno e sofferenza che la civiltà occidentale ha arrecato a questi popoli, è bello sapere che questi nostri fratelli ancora esistono e resistono, che essi non solo non hanno perduto il loro profondo contatto con la natura e con la terra, bensì ce lo ricordano ancora oggi attraverso le loro azioni. Ci parlano della ricerca di una forma d’armonia col mondo, della difesa dei beni comuni, della rinascita di una differente e nuova sensibilità, al tempo stessa intrisa d’antica saggezza, che veda lontano con occhi d’aquila e cammini con la forza e la perseveranza del bufalo.
Oggi appaiono incredibilmente attuali le parole di Cervo Zoppo, saggio capo della tribù dei Sioux ucciso nel 1877 dalla furia omicida dell’esercito statunitense: “Tutte le creature hanno uno scopo nella loro vita. Anche la più piccola formica conosce questo scopo, forse non con l’intelletto, ma lo conosce. Soltanto gli uomini sono giunti a un punto in cui non sanno più riconoscere il senso della loro vita, non usano più il loro senno al servizio della vita, ed è molto ormai che hanno scordato di ascoltare i messaggi segreti del loro corpo, ciò che viene detto loro dai sensi e dai sogni. Il Grande Spirito ci ha donato la conoscenza, ma gli uomini non la usano più, non ne sono più coscienti. Così procedono come ciechi sulla strada che non porta da alcuna parte, una grande strada ferrata perfettamente diritta, che loro stessi costruiscono per arrivare più in fretta possibile al grande baratro, che è lì pronto alla fine, per divorarli.”
note bibliografiche:
* David Stannard, Olocausto americano, Bollati Boringhieri, Torino, 2001