La sera del 4 novembre a Milano il presidente dell’associazione UPRE ROMA (impegnata in attività e progetti contro la discriminazione e per l’inclusione della comunità rom) Paolo Cagna Ninchi è stato aggredito sotto casa da una persona a lui sconosciuta che lo insultava perché sua moglie “è la zingara che va in televisione”. Si tratta di Dijana Pavlovic, nota attivista Rom, che da tempo è minacciata e molestata sia sui social network, sia nel quartiere nel quale vive.
Il presidente di UPRE ROMA ha riportato una lesione al timpano dell’orecchio sinistro con conseguente intervento chirurgico e lungo decorso di guarigione.
Si tratta di un crimine d’odio come tanti altri che i Rom e i non Rom che “li difendono” (che nella classifica della mentalità razzista sono peggio dei Rom stessi) subiscono. Una famiglia normale con un bambino di 7 anni che abita in una periferia di Milano è costretta da tempo a vivere nella paura di scendere sotto casa per portare fuori il cane o di fare la spesa al supermercato per il solo fatto che è classificata come una famiglia zingara.
Denunciamo come associazione questo crimine a palese sfondo razziale, attuato in un clima di odio e di insofferenza che sfoga il proprio malessere sulla fragilità altrui, immigrati o “zingari” che siano, chiediamo a UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale) che intervenga con decisione nel condannare i crimini d’odio e che si impegni per migliorare la legislazione che condanna questi crimini.
Infine sollecitiamo l’amministrazione di Milano, che ha speso grandi parole durante la campagna elettorale sulle periferie, a passare ai fatti. La zona di viale Ungheria, luogo dell’aggressione e di mescolanze umane, culturali, di condizioni materiali diverse è abbandonata a se stessa: mai una volante della polizia e della polizia locale (come viceversa nella vicina Santa Giulia, fiore all’occhiello dell’amministrazione e luogo socialmente omogeneo e superprotetto), nessuna telecamera, nessun presidio sociale per giovani o anziani, nessun servizio socio-culturale. Nello spazio di 100 metri ci sono sì ben cinque bar, luoghi diciamo così di “aggregazione di bravi italiani” – macchinette mangiasoldi, risse tra ubriachi, eccetera – ma per comprare un libro o per andare al cinema bisogna prendere il tram o la metropolitana. Non c’è bisogno di costosi progetti di “riqualificazione urbana” – intesi come interventi immobiliari – bensì di meno costosi ma più rapidi ed efficaci interventi sulla vivibilità umana di posti che, come viale Ungheria, sono luoghi di solitudine spirituale e vuoto sociale e culturale e producono esclusione, insofferenza e odio.