Richiamando lo stretto collegamento fra Fidel Castro e José Martí, i vescovi cubani rendono al recente defunto il massimo onore che si possa immaginare agli occhi del popolo cubano.
Nella sua rubrica “Settimo cielo” de l’Espresso del 29/11 Sandro Magister dedica ampio spazio alle reazioni “esuberanti… del patriarca di Mosca Kirill che, dopo aver espresso a Raúl il suo ‘profondo dolore’, si è profuso in un peana alla memoria del defunto (Fidel)…“.
Magister prosegue: “Se si passa però ai vescovi cubani, che Castro e il castrismo lo conoscono molto più da vicino, la musica cambia. E di parecchio. Nel loro stringato comunicato, la notizia della morte è data senza aggettivi. I vescovi esprimono cordoglio ai famigliari e alle autorità, raccomandano a Dio l’anima del ‘Dr. Fidel Castro Ruz’ e concludono con questo auspicio, senza più nominare il defunto: ‘Poniamo sotto il manto della Vergine della Carità del Cobre, nostra Madre e Patrona, il futuro della patria, perché ella ci protegga e ci ispiri a lavorare insieme al fine di realizzare il sogno per il quale José Martí dedicò la sua vita: ‘Una patria con tutti e per il bene di tutti’ “.
E qui il Magister compie un autogol clamoroso perché Fidel Castro ha sempre esplicitamente (e, mi sia consentito, coerentemente) seguito le orme di José Martí. Si veda, in proposito, questo estratto da un recente articolo dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionali) dal titolo emblematico ‘Fidel Castro: più Martí che Marx’: “…Non fu però il marxismo-leninismo a rendere Fidel Castro e la sua rivoluzione il primo movimento politico globale della modernità che seppe sfruttare i media e la cultura per creare consenso. Lo storico statunitense Thomas Skidmore definì la Cuba di Castro «uno studio classico del fenomeno nazionalista» e, per quanto il popolo cubano percepisse il carattere autoritario, «il fascino popolare vero del “castrismo” era costituito dal suo nazionalismo». La rivoluzione cubana, infatti, ebbe una matrice totalmente autoctona e un carattere nazionale e democratico finché la situazione internazionale, e le incomprensioni con gli Stati Uniti, portarono Fidel Castro a scegliere un modello ideologico-istituzionale di matrice socialista secondo il modello applicato nei paesi europei del Patto di Varsavia per garantire alla sua rivoluzione la possibilità di sopravvivere nello scenario della Guerra fredda.
Ciò che era avvenuto a Cuba dopo il trionfo della Rivoluzione non era solo un nuovo capitolo del conflitto Est-Ovest, ma l’applicazione del programma rivoluzionario del “eroe nazionale” di Cuba, José Martí (1853-1895) poeta, scrittore, rivoluzionario, massone , che cadde in combattimento per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna, per un’equa distribuzione delle terre, per la fine della schiavitù e la discriminazione razziale, per arginare l’espansione degli Stati Uniti nei Caraibi. Fidel Castro più volte, prima e dopo essere diventato alleato obbligato dei sovietici e di avere pubblicamente dichiarato la sua “conversione” al marxismo, collegò l’ideologia della Rivoluzione al pensiero di Martí: «l’ideologia della nostra rivoluzione è molto chiara: non offriamo agli uomini soltanto libertà ma anche pane, non offriamo agli uomini solo pane, ma anche libertà… Noi non siamo né di destra né di sinistra, né di centro. Noi vogliamo andare oltre rispetto a destra e sinistra» .
Durante i festeggiamenti per il 150° anniversario della nascita di Martí, Fidel Castro chiariva la genesi del suo movimento politico: «noi che il 26 luglio 1953 riprendemmo la lotta per l’indipendenza, iniziata il 10 ottobre 1868 da José Martí, da lui avevamo ricevuto i principi etici senza i quali non si può concepire una rivoluzione. Da lui ci arrivò anche l’ispirato patriottismo e un concetto alto dell’onore e della dignità umana come nessuno al mondo poteva insegnarci… Il giorno in cui cadde, il 19 maggio 1895, Martí si immolava per il diritto alla vita di tutti gli abitanti del pianeta» . Ernesto Che Guevara, il medico avventuriero argentino compagno di armi di Fidel morì di seguito in Bolivia, tentando di esportare la rivoluzione cubana seguendo una sua teorizzazione della rivoluzione socialista mondiale ma che, per l’America Latina, ricalcava l’ideale panamericanista di Martí che troviamo lungo tutta la storia americana, da Bolivar fino agli odierni presidenti progressisti di diversi paesi della regione…”.
Insomma, richiamando lo stretto collegamento fra Castro e Martí, i vescovi cubani rendono al recente defunto il massimo onore che si possa immaginare agli occhi del popolo cubano, quindi l’interpretazione di Magister appare gravemente distorta. Facendo un’analogia agli occhi del popolo italiano, sarebbe come se uno, volendo denigrare Bettino Craxi, richiamasse i suoi accostamenti con Garibaldi.