Alla vigilia della 15ma assemblea degli stati parte dello Statuto di Roma, ossia dell’atto istitutivo della Corte penale internazionale, in programma all’Aia dal 16 al 24 novembre, Amnesty International ha sollecitato tutti gli stati a rafforzare, anziché abbandonarlo, l’unico strumento di giustizia a disposizione di milioni di vittime di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani.
“Invece di abbandonarla, gli stati devono impegnarsi ad agire in buona fede nei confronti della Corte penale internazionale. Devono usare il loro potere collettivo per contrastare i doppi standard, i vergognosi fallimenti e la politicizzazione della giustizia da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite” – ha dichiarato Netsaney Belay, direttore della ricerca e dell’advocacy di Amnesty International Africa.
“Questa sessione non dev’essere dominata dalla cinica decisione politica di un piccolo numero di stati di lasciare la Corte. Al contrario, i suoi sostenitori devono concentrarsi sul modo migliore per farla funzionare meglio” – ha aggiunto Belay.
Sebbene esistano legittime preoccupazioni sul fatto che le indagini e i procedimenti della Corte hanno finora quasi esclusivamente riguardato l’Africa, vi sono forti segnali che la procuratrice della Corte stia cercando di rimediare a questo squilibrio e di allargare l’azione verso altre regioni del mondo. Ma per fare questo occorrono sostegno e risorse, in particolare dagli stati del sud del mondo.
Anche i tentativi del Consiglio di sicurezza di politicizzare l’azione della Corte, deferendole alcune situazioni e non altre, costituiscono un grande problema.
I 124 stati membri dell’Assemblea che si riuniranno all’Aia devono agire di comune accordo per superare questi doppi standard.
A loro, Amnesty International ha rivolto una serie di raccomandazioni, con l’obiettivo di rafforzare la Corte e la sua capacità di rendere giustizia alle vittime:
– ribadire il sostegno alla Corte e chiedere a Sudafrica, Gambia e Burundi di riconsiderare la loro decisione di ritirarsi;
– chiedere agli stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza di astenersi dall’usare il potere di veto per impedire il deferimento alla Corte di situazioni che riguardano crimini di guerra, crimini contro l’umanità o genocidio;
– sostenere l’approvazione di risorse sufficienti a espandere l’azione della Corte nel 2017;
– sviluppare modalità migliori per assicurare la cooperazione dei governi alla Corte, in particolare nell’arresto e nella consegna di presunti criminali;
– garantire che ogni emendamento alla struttura legale della Corte soddisfi i massimi standard relativi all’equità del giudizio nei confronti degli imputati, nel rispetto dei diritti delle vittime e dei testimoni.
Amnesty International ha lanciato questo appello agli stati parte dopo che a ottobre tre paesi africani (Sudafrica, Gambia e Burundi) hanno avviato la procedura per ritirarsi dalla Corte.
Peraltro, molti stati africani (tra i quali Botswana, Sierra Leone, Malawi, Nigeria, Costa d’Avorio e Senegal) hanno recentemente dichiarato il loro sostegno alla Corte. La Tanzania ha invocato un dialogo costruttivo al posto del ritiro.
Molti altri stati africani, tra cui Mali, Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana, stanno continuando a cooperare con la Corte rispetto a procedimenti in corso e il Gabon ha recentemente deciso di riferire alla Corte la situazione nel paese.
Ulteriori informazioni
Dalla sua adozione, nel 1988, sono 124 gli stati parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale: 34 di essi sono africani.
Amnesty International sta anche svolgendo una campagna per chiedere al Consiglio di sicurezza l’adozione di un codice di condotta per astenersi volontariamente dall’uso del potere di veto per bloccare l’azione dello stesso organismo in situazioni di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.