Il romanzo “Vanina la Zoppa – Processo alle streghe in Martesana” narra la vicenda, realmente accaduta, di Vanina la Zoppa di Pontirolo, Leonarda d’Inzago e Caterina de Cerbalii di Pontirolo Nuovo, levatrici ed esperte di erbe nella zona di Cassano d’Adda processate per stregoneria dall’Inquisizione insieme ad altre due donne e bruciate sul rogo nel gennaio 1520. Ne parliamo con l’autrice, Emanuela Vacca.
Da dove è sorto l’interesse per questa vicenda e cosa l’ha spinta a raccontarla?
L’interesse per la vicenda ha un antefatto. Prima di Vanina già mi interessavo di tutto ciò che apparteneva al paganesimo e alla stregoneria. L’interesse nasce ai tempi dell’università, quando studiando per l’esame di criminologia mi sono imbattuta in un testo universitario sull’argomento. L’anticonformismo, la libertà e la solitudine della figura della strega mi colpirono moltissimo. Poi quando arrivai a Cassano, dove vivo attualmente, leggendo i Quaderni del Portavoce di don Carlo Valli, uno storico locale molto conosciuto, scovai una nota sulla presenza di streghe in Martesana e sul processo che ne seguì. Dato il mio interesse per l’argomento ne parlai con un amico, attualmente sindaco di Cassano, il quale mi suggerì di scriverci un racconto e fu così che iniziò l’avventura.
Quali difficoltà e scoperte hanno segnato la ricerca che ha fatto da base al libro?
Difficoltà molte, soprattutto dal punto di vista del reperimento delle fonti, che solo in parte sono riuscita a ricostruire; il resto è realtà romanzata. Scoperte tantissime, perché andando per borghi, uffici e palazzi con la mia fedele macchina fotografica (sono anche fotografa), ho conosciuto posti, storie, persone e leggende che mi hanno arricchito tantissimo e mi hanno permesso di entrare in contatto con la parte viva e antica della stupenda tradizione lombarda.
Nel libro compare il personaggio di Trotula de Ruggiero, donna medico vissuta a Salerno nel VI secolo, i cui testi sono per Vanina, la protagonista, una sorta di Vangelo. Le idee di Trotula sull’igiene, la prevenzione, l’alimentazione e l’attività fisica erano molto avanzate per i suoi tempi e come tante altre innovazioni sono state cancellate e dimenticate. Come è arrivata a questo personaggio pressoché sconosciuto?
Sono una curiosa di natura e amo leggere. Questo fa di me una persona pericolosa, soprattutto per me stessa, perché amando la verità storica, senza veli e senza polemiche, vado dritta per la mia strada. Trotula l’ho scovata cercando, leggendo, leggendo e leggendo ancora. Senza la lettura il mondo muore, solo leggendo si diventa veramente liberi e capaci di ragionare con la propria testa. Io leggo tantissimo e anche se prediligo il periodo medievale, e in particolare la storia di donne, dal mio punto di vista importanti ma poco conosciute, non disdegno nulla che possa essere utile alle mie ricerche.
Trotula de Ruggiero
Vanina e le sue amiche si ritrovano in segreto nel bosco di Tuneda per celebrare feste sacre dedicate alla Natura e alla Dea Madre. Le risulta dunque che ancora nel Cinquecento rimanessero tracce di questi riti antichissimi?
Nel XIII secolo abbiamo il caso di Guglielma e dei guglielmiti, che avevano fatto santa questa donna venuta a Milano dal nord Europa con un figlio, venerata e infine sepolta a Chiaravalle dagli stessi cistercensi. L’inquisizione la mandò al rogo dopo morta. Durante il 1400 riaffiorano, soprattutto nel popolo, superstizioni, credenze e pratiche magiche rimaste sempre vive attraverso l’uso della tradizione orale. Questo fenomeno non si manifesta solo in ambienti contadini, ma anche a Milano; si racconta di un antico e misterioso culto relativo a una divinità femminile forse di origine germanica, legata al mondo dei morti e dispensatrice di ricchezza e di prosperità. Il Rinascimento ridona vigore al mondo folkloristico e superstizioso, ma stavolta con connotazioni cristiane. Con la bolla Summis Desiderantes Affectibus Papa Innocenzo VIII nel 1484 dà il via a una feroce lotta contro il paganesimo. Il Cinquecento è teatro di una nuova ondata di ritorno di credenze magiche e demoniache. La Magia popolare rimane a causa dei suoi agganci con il paganesimo che stenta a morire ed è ritenuta molto pericolosa. Nel popolo è molto vago il confine tra preghiera e invocazione superstiziosa o scongiuro. Insomma, parola e rito sono ancora fortemente presenti nelle campagne, nei pagus (villaggi), a differenza della città, dove invece il cristianesimo è ormai affermato. In campagna pagani, in città cristiani. Queste pratiche così importanti (negativamente parlando) per la chiesa, verranno dettagliatamente inserite nei trattati di demonologia o nei manuali degli inquisitori e saranno oggetto di repressione della chiesa, che cercherà con ogni mezzo di soffocarle e sradicarle.
La ferocia dell’Inquisizione è descritta nel libro con grande efficacia. Cosa ha provato dovendo narrare la persecuzione subita da Vanina e dalle altre donne?
Ci fu un tempo in cui la donna era considerata al pari dell’uomo, se non superiore. Non dico che la chiesa abbia fatto solo cose negative, ma di sicuro ha spesso sottovalutato la figura femminile, salvo forse quella delle sante. Quindi partendo da questo presupposto la ferocia e l’accanimento dell’Inquisizione mi hanno letteralmente tramortito. Cosa ho provato? Rabbia, impotenza, ma soprattutto, ed è stata la molla, la motivazione principale che mi ha spinto a pubblicare questo libro, il desiderio di riscattare, di dare “degna sepoltura” e restituire dignità a queste donne. Mi sono immedesimata molto in Vanina. Quando si scrive un romanzo spesso ci si identifica coi personaggi e una parte di me ha vissuto la pena e lo strazio del destino toccato in sorte a tante donne. Ho anche cercato di capire le ragioni che spingevano gli inquisitori a essere così feroci, ma mi sono arenata ( anche se qualche idea ce l’avrei). Vuoi perché non sono un’ecclesiastica, vuoi perché non sono vissuta in quell’epoca e forse perché una parte di me li ha condannati, ma non senza prima capirne le motivazioni storiche che li spingevano a infierire su poveri innocenti. Anche Clemente V al concilio di Vienne tentò di regolare la procedura inquisitoriale, minacciando gravi pene a chi perseguitava degli innocenti. La ferocia dei domenicani (quasi tutti gli inquisitori appartenevano a questo ordine) per un po’ si placò, per risorgere però con inaspettata virulenza nel periodo della Controriforma.
Corridoi del castello di Cassano – Foto di Emanuela Vacca
La sapienza delle “donne herbane” costituisce a suo parere un patrimonio da cui attingere ancora oggi utili insegnamenti?
Certamente. Le donne che un tempo praticavano l’antica scienza, utilizzando erbe e prodotti naturali per la cura del corpo e rischiando la vita per ciò in cui credevano, oggi non farebbero fatica a imporsi. Ma mentre per loro si trattava di una vocazione, di una missione tramandata, di un dono, oggi è diventata una moda. Se fossero vissute oggi, le “sage-femmes” chiamate streghe se le loro pozioni non funzionavano, sarebbero considerate veramente di grande rilievo sociale, grazie alla loro capacità di conoscere i segreti della natura. L’uomo medievale non ha saputo cogliere il messaggio di salvezza che portavano queste donne, ma forse oggi l’uomo moderno le ascolterebbe e le terrebbe nel dovuto conto. Oggi la strega sarebbe rispettata perché ponte tra natura e anima, tra fisico e mentale, tra istinto e ragione. Un anello mancante di cui sento molto la mancanza pur non avendolo mai conosciuto, un trait d’union tra due mondi, il visibile e l’invisibile, il razionale e l’istintivo. È colei che crede nella magia come forza primordiale. La magia che pervade il mondo. Ecco, credo che il messaggio possa essere quello che con tanto acume e poesia riporta anche Saint- Exupery: “L’importante è invisibile agli occhi”.
Emanuela Vacca
Vanina la Zoppa
Processo alle streghe in Martesana
Meravigli Edizioni, 2016