Il nostro amico Claudio Miconi ci manda questa lettera che volentieri pubblichiamo; una lettera che ci ricorda quanto la guerra sia un fatto che riguarda le persone; e quanto sia necessario e urgente un mondo senza guerre.
Caro Olivier, amici di Pressenza,
vi scrivo perché so di avere con voi più probabilità di risposta di qualunque altro mezzo di diffusione che io conosca.
Ho degli amici yemeniti, una famiglia di carissimi amici, che sono dovuti tornate nel loro paese qualche mese fa. Sono persone stupende, una coppia con due bimbe di cui la più grande era a scuola con mio figlio Edoardo.
Arrivarono in Italia prima che l’Arabia Saudita cominciasse a bombardare il loro Paese. Abbiamo fatto il possibile per evitare che tornassero in un paese martoriato dalle bombe, ma alla fine sono dovuti tornare.
Sono persone pacifiche, tolleranti, che credono nella nonviolenza, con lui ci eravamo messi a rivedere la traduzione de “Il Messaggio di Silo” in arabo, lo aveva letto ed era rimasto molto colpito dalla saggezza che vi aveva trovato. Lei gli attacchi terroristici dell’isis in Francia li commentava con i lucciconi agli occhi, dicendo “questo non siamo noi, non è la nostra religione”. In più di un’occasione avevo approfittato della loro amicizia per chiedere chiarimenti sulla storia e la cultura islamica e non posso dimenticare con quanta lucidità, e assenza di pregiudizi di parte, mi dipinsero gli eventi che portarono alla fatidica scissione fra Sciiti e Sunniti alla morte di Maometto.
L’immagine dell’aggressione del loro paese da parte di una coalizione capeggiata dall’Arabia Saudita e con gli USA come consiglieri è quella di un piccolo, povero, disarmato Davide contro un poderoso Golia capace di far tacere la stampa internazionale sulle sue atrocità.
Sono mesi ormai che sono tornati nella loro terra, dicono che si fa l’abitudine a tutto, anche al rombo dei cacciabombardieri e alle esplosioni. Siamo in contatto quotidianamente via Whatsapp e giorni fa mi hanno raccontato del bombardamento di un funerale!!! Si, lo so che questa notizia è uscita sui giornali, più di 150 morti e oltre 500 feriti! Ma una cosa è leggerlo sui giornali, in cui si insinua sempre qualche dubbio per smorzare l’indignazione (era il funerale di un membro dell’opposizione! Ah beh allora!!!) e altra cosa è sentire la testimonianza di chi vive a Sana’a. Il mio amico, che ho sempre ammirato come un tipo riflessivo, attento, saggio, era ossessionato dal dolore e pensava seriamente che non rimanesse altra soluzione che andare a combattere contro quei mostri.
Abbiamo riflettuto assieme e ringrazio le esperienze essenziali a cui Silo mi ha guidato, per poter parlare con lui di nonviolenza come esperienza personale ed interiore, come scelta essenziale di vita e non come semplice teoria. Credo che questo gli sia arrivato, nel profondo del cuore.
Perché racconto tutto questo, quando il conflitto in Yemen è solo uno dei tantissimi provocati da questo sistema violento, perché dovrei preoccuparmi di comunicare ad una agenzia stampa le mie inquietudini per una famigliola di amici?
Perché parto dal mio ambiente immediato, perché è l’unico su cui ho reale influenza. Se avessi una testata giornalistica allora il mio ambiente immediato sarebbe tanto ampio quanto la portata di quella testata.
Ho influenza su poche persone e non è indifferente se tento o se non tento di salvare una sola vita.
Io, voi, i vostri colleghi del mondo dell’informazione, abbiamo la possibilità di salvare vite umane, non è indifferente tentare generosamente di farlo dal non farlo.
Spieghiamo al mondo cosa sta veramente accadendo in Yemen e se esiste una ragione, se esiste la ragione, non stia al servizio dei potenti né della sete di vendetta degli impotenti, non sia al servizio della cattiva coscienza di chi non vuol sapere, sia al servizio della vita umana, senza distinzioni, senza eccezioni.
Claudio Miconi