Barcellona si è unita alla nuova Rete delle città solidali europee “Solidarity Cities”, che punta all’aiuto reciproco nella gestione della crisi dei rifugiati. Presentata il 21 ottobre ad Atene, questa rete è stata promossa dalla capitale greca, che in questi giorni ospita il Social Affairs Forum di Eurocities.
La vice sindaco di Barcellona e responsabile dei diritti sociali Laia Ortiz è intervenuta nel tavolo politico del Social Affairs Forum, di cui è vice-presidente. Il sindaco di Atene, Iorgos Kaminis, ha presentato questa nuova iniziativa di città solidali, di cui al momento fanno parte, oltre ad Atene e Barcellona, anche Berlino e Amsterdam.
La rete ‘Solidarity Cities’ vuole essere un punto di interscambio di informazioni e conoscenze sulla situazione dei rifugiati che in questi mesi stanno chiedendo asilo nelle città europee. Le amministrazioni locali potranno così condividere pratiche, sfide e soluzioni adottate per l’integrazione dei profughi.
Oltre a questo scambio di informazioni, ‘Solidarity Cities’ intende anche promuovere il trasferimento diretto di rifugiati da una città all’altra, oltre ai ricollocamenti portati avanti dagli Stati. Questa iniziativa trae ispirazione dall’accordo stabilito nel febbraio scorso tra la sindaca di Barcellona Ada Colau e il sindaco di Atene, per trasferire direttamente 100 rifugiati da Atene a Barcellona, una possibilità in seguito proibita dal governo spagnolo.
L’accordo tra le città della rete darebbe una possibilità di trasferimento immediato ai rifugiati che si trovano in città greche e italiane, ma anche turche, molte delle quali fanno già parte di Eurocities. Le città che si offrono di accoglierli devono anche impegnarsi a stanziare i fondi necessari per l’alloggio, la scolarizzazione dei minori, l’assistenza sociale e sanitaria, ecc.
Laia Ortiz ha spiegato che “come amministrazione comunale cercheremo tutti i modi per aiutare le città che accolgono i rifugiati, secondo il mandato affidatoci dai nostri cittadini. Come la società civile si sta organizzando per agire davanti alle migliaia di morti nel Mediterraneo, così anche i governi locali vogliono muoversi per la difesa dei diritti umani” ha aggiunto.
Ortiz ha ricordato anche la richiesta dei Comuni perché i fondi europei vengano destinati direttamente agli enti locali. “Il fatto che gli Stati membri, come quello spagnolo, neghino sistematicamente questa realtà, non significa che non si stia producendo un continuo afflusso di persone che chiedono asilo nelle nostre città e nei nostri quartieri. E noi vogliamo integrarle come cittadini a tutti gli effetti”.
Ortiz ha ricordato che soltanto quest’anno Barcellona si è occupata di 1.450 richiedenti asilo nel Servicio de Atención al Inmigrante, Emigrando y Refugiado (SAIER), una cifra che rappresenta il 35% in più rispetto al 2015. I fondi annuali assegnati a questo servizio comunale sono stati raddoppiati per far fronte a tale incremento. Allo stesso tempo, con il piano ‘Ciutat Refugio’, si è avviato un programma per fornire alloggio e assistenza ai richiedenti asilo presenti a Barcellona, ma esclusi dal sistema statale di accoglienza.
I sindaci che fanno parte di questa nuova rete intendono sottolineare l’importanza delle città per la gestione di questa crisi e l’integrazione dei rifugiati arrivati nei comuni. L’iniziativa punta anche a far arrivare la voce delle città alla Commissione Europea, perché gli enti locali possano ricevere i fondi che al momento l’Unione Europea assegna solo agli stati per ogni rifugiato accolto. In questo modo potranno offrire un aiuto iniziale ai profughi.
L’iniziativa ‘Solidarity Cities’ è aperta a tutte le città europee disposte a svolgere un ruolo decisivo per tradurre in pratica la solidarietà nell’ambito dell’accoglienza e dell’integrazione dei rifugiati e a collaborare tra loro e si basa su tre punti fondamentali:
1) Lo scambio di informazioni e conoscenze sulla situazione dei rifugiati. Si metteranno in moto strumenti per informare periodicamente i membri dell’iniziativa sulle nuove esperienze, le pratiche più efficaci, le sfide e le soluzioni attuate nelle città di accoglienza.
2) La promozione presso la Commissione Europea di una maggior partecipazione e di un finanziamento diretto per le città impegnate nell’accoglienza e nell’integrazione.
3) L’assistenza tecnica e finanziaria, attraverso degli esperti, alle città che accolgono i profughi, in modo da risolvere questioni concrete nella strategia di accoglienza e integrazione.
I dati della crisi umanitaria
Il Social Affairs Forum di Eurocities ha esposto gli ultimi dati sul comportamento degli Stati davanti alla più grave crisi umanitaria di rifugiati dalla Seconda Guerra Mondiale: oltre un milione di persone sono arrivate in Europa da paesi in guerra come la Siria, l’Eritrea, l’Iraq e l’Afghanistan.
Davanti a questa situazione, nel 2015 gli Stati membri dell’UE si sono impegnati ad accogliere 160.000 profughi, ma a luglio di quest’anno soltanto 3.056 rifugiati presenti in Grecia e in Italia erano stati ricollocati in altri paesi europei. Dopo l’accordo tra Unione Europea e Turchia, un totale di 792 persone giunte sulle coste greche sono state trasferite in Turchia.
Inoltre, secondo i dati della Commissione Europea, gli Stati membri e la Svizzera si sono attrezzati per accogliere solo 9.119 persone, ossia il 6% del totale promesso. Fino al settembre di quest’anno lo stato spagnolo aveva trovato posto a meno di 500 rifugiati, sui 17.000 che si era impegnato ad accogliere.
Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo