La cinica risposta del presidente messicano Enrique Peña Nieto alla sparizione forzata di 43 studenti, avvenuta due anni fa nello stato di Guerrero, mostra secondo Amnesty International il negligente approccio che il governo sta mantenendo nei confronti dei diritti umani.
“La tragedia di Ayotzinapa ha messo in luce quanto l’amministrazione di Peña Nieto sia disposta a non fermarsi di fronte a nulla pur di tenere nascoste le violazioni dei diritti umani che avvengono davanti ai suoi occhi” – ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International.
“Dal non aver fermato l’attacco contro gli studenti all’aver impedito i tentativi internazionali di scoprire la verità fino all’aver spazzato via ogni critica nei confronti della conduzione delle indagini, le autorità messicane hanno fatto tutto ciò che potevano per ostacolare la giustizia e proteggere la loro immagine” – ha aggiunto Rosas.
La notte del 26 settembre 2014, i 43 studenti dell’istituto magistrale rurale Raúl Isidro Burgos furono vittime di sparizione forzata dopo essere stati arrestati dalla polizia municipale mentre si apprestavano a partecipare a una manifestazione, indetta a Città del Messico per commemorare il massacro degli studenti del 2 ottobre 1968.
Da allora, sono stati identificati i resti di un solo studente, il 19enne Alexander Mora Venancio. La sorte degli altri 42 studenti resta sconosciuta.
Secondo la versione delle autorità messicane, gli studenti sarebbero stati rapiti da criminali locali che li avrebbero uccisi e si sarebbero disfatti dei loro corpi bruciandoli in una discarica.
Tuttavia, dopo un’indagine durata un anno, un gruppo di esperti nominato dalla Commissione interamericana dei diritti umani ha concluso che la versione delle autorità non sta in piedi: sarebbe stato scientificamente impossibile dare alle fiamme gli studenti nelle condizioni asserite dal governo. Alla stessa conclusione sono giunti altri esperti che hanno potuto avere accesso agli atti.