Jeremy Corbyn ha vinto per la seconda volta in un anno le primarie del Partito Laburista britannico con il 61,8% dei voti contro il 38,2% del suo avversario Owen Smith, superando il risultato dell’anno scorso, quando aveva ottenuto il 59%. L’annuncio è stato dato a Liverpool, dove si tiene la conferenza annuale laburista.
Per quanto largamente scontata, la sua riconferma alla guida del partito dimostra ancora una volta la distanza tra la base, che lo ha scelto con entusiasmo e la parte più moderata, rappresentata soprattutto dai parlamentari, che fin dall’inizio ha mosso contro di lui una guerra spietata, appoggiata da gran parte della stampa.
Dopo l’annuncio dei risultati Corbyn ha teso una mano agli avversari interni dichiarando che “è ora di ricominciare da zero” , ha definito il partito “ una famiglia” e invitato i suoi membri “a lavorare insieme per un vero cambiamento, rispettando la scelta democratica fatta”. L’obiettivo, come ribadito più volte durante la campagna elettorale, è quello di “vincere le prossime elezioni”, così da “ricostruire e trasformare il paese, in modo che nessuna persona e nessuna comunità venga lasciata indietro”.
Owen Smith, il candidato battuto, gli ha riconosciuto il merito di aver quasi triplicato gli iscritti al partito, ha dichiarato di accettare pienamente la sua schiacciante vittoria e annunciato che “rifletterà su di essa e sul ruolo che potrà svolgere in futuro per aiutare il partito a vincere le prossime elezioni”. Durante la campagna per le primarie Smith aveva ripetuto più volte che se Corbyn fosse stato riconfermato alla guida del partito non avrebbe comunque accettato di far parte del suo governo ombra. Quest’ultima, cauta apertura potrebbe indicare una disponibilità a cambiare idea.
Se così fosse, resta da vedere se il resto degli avversari interni di Corbyn accetteranno un leader che ha dimostrato per la seconda volta in un anno di godere di un appoggio senza precedenti, o continueranno nella loro meschina guerra fratricida.