Ho avuto modo di conoscere a Francoforte Giacomo Mazzariol, invitato dall’associazione Italia Altrove per presentare il suo libro “Mio fratello rincorre i dinosauri”, edito da Einaudi, mentre io ho presentato il progetto Artemisia. Ho colto l’opportunità di intervistare questo giovane scrittore che mi ha affascinato con la sua ironia e freschezza, dando uno stimolo, sopratutto ai giovani, all’accettazione delle persone Down, non più viste come indesiderabili, ma come un potenziale da scoprire.
Amelia: Giacomo, sei qui a Francoforte invitato dall’associazione Italia Altrove, quando e come è nata l’idea di scrivere un libro? E quando ti è stato proposto, qual è stata la tua prima reazione?
Giacomo: All’inizio non ci credevo, non pensavo che qualcuno potesse essere interessato alla mia storia, anzi non pensavo addirittura di avere una storia. Non avevo riflettuto su quello che avevo passato con Giovanni, ma avevo solamente vissuto così, la mia vita era felice, molto felice con mio fratello, l’enorme quantità di gioia aveva superato le fasi di tristezza. Non avevo mai riflettuto sulle parti più profonde e quindi, quando si sono interessati, hanno avuto fortuna, perché hanno trovato una persona a cui piaceva molto scrivere, e per caso io sono una persona che adora scrivere.
Amelia: Tu avevi paura di non saper scrivere?
Giacomo: Sapevo che non sapevo scrivere, ovviamente scrivere dei racconti era una cosa e scrivere un libro era un’altra, davo per scontato che dovevano insegnarmi. La casa editrice, l’Einaudi che mi ha interpellato dopo aver visto il mio video, che aveva avuto tanto successo, mi ha affiancato uno scrittore che mi correggeva tutto e quindi la paura è andata via ed è stato più facile. Avevo paura di non riuscire a rendere la cosa interessante perché pensavo che magari qualcuno che vede una storia dove si parla di problemi particolari non prova interesse a leggere il libro, volevo scrivere per i giovani e la storia di due fratelli che si vogliono bene e scoprono le leggi del mondo insieme, cosa era giusto e cosa era sbagliato. La sfida era riuscire a farlo leggere a un pubblico giovane, avevo un lettore immaginario, uno che non leggeva mai, per cui pensavo se lo leggerà lui… e quindi pensavo: “lo deve leggere anche questo tizio che non gliene frega niente, perché deve essere una cosa normale per i giovani”.
Amelia: Quanti anni avevi quando hai cominciato a scrivere? Dopo questo video, che ha avuto un grande successo inaspettato, nel tuo percorso di scrittura ma soprattutto nel rapporto con tuo fratello è cambiato qualcosa?
Giacomo: Io avevo 18 anni, con mio fratello è tutto rose e fiori, e pugni in faccia e lotte, quello che è cambiato, che mi porto a casa adesso, non è il libro in sé, il prodotto, o entrare in questo mondo, è di essermi innamorato di scrivere, di capire che se una persona perde un treno può essere tanto interessante come se conoscesse Obama, dipende da come lo poni e come lo scrivi, e da cosa ci metti dentro, questo mi ha preso e vediamo cosa succederà.
Amelia: Nel tuo libro parli del rapporto con il tempo, conosco questo aspetto grazie a mia figlia (anche lei è una ragazza Down e non ha il senso del tempo). Mi piace quella frase del libro in cui dici che tuo fratello Giovanni se va al cinema con un amica quando torna a casa dice “mi sono sposato”. Come le hai vissute queste situazioni di diversità, quando tu da ragazzo hai cominciato a capire che tuo fratello non rappresentava le tue aspettative e non era il supereroe di cui parli, personalmente come li hai vissuti questi passaggi?
Giacomo: Vedevo che lui era strano, ma magari se vedevo un amico che tirava le porte invece che spingerle consideravo strano anche il suo modo di fare.
Il fatto fisico che Gio non poteva fare le capriole e tutte le sue limitazioni, le avevano anche i miei amici, ma i loro limiti non destavano grande interesse per me, quelle di Gio erano molto più visibili, per cui non pensavo fosse possibile diventare il suo migliore amico, ma solamente il suo badante. Poi però ho messo gli occhiali giusti e ho visto benissimo i limiti degli altri e anche i miei, e quelli di Gio si sono ridotti a delle piccole cose che non sa fare rispetto alle grandi cose che sa fare, mentre io al contrario non so fare le gradi cose con la sua stessa semplicità.
Amelia: Hai sentito mai che in qualche maniera tuo fratello con la sindrome di Down, in Italia, dove esiste l’inclusione da 40 anni, che è un’altra realtà rispetto alla Germania, questo percorso che lui ha fatto nel sociale è stato semplice o ha subito delle discriminazioni in alcune situazioni o non è stato accettato? Oppure tu stesso, in qualità di fratello, hai sentito che ci fossero stati amici che non ti hanno coinvolto perché sapevano che eri occupato con tuo fratello?
Giacomo: C’è stata qualche scena in cui qualcuno lo ha preso in giro, capita ma capita a tutti, principalmente lui è tanto socievole e ha tanti amici e a scuola si trova benissimo. Le mie amicizie le ho sempre scelte in base alla loro sensibilità, ho anche amici che non sono particolarmente intelligenti, e ci sta anche, il classico che accettiamo. I miei amici venivano a casa mia, si divertivano con mio fratello o quando dormivano da me Gio li svegliava e loro ridevano; nella mia esperienza non c’è mai stata questa esclusione, anzi qualche volta è Gio che esclude degli amici che lo infastidiscono e prende le note per questo.
Amelia: Nel film che state realizzando, che è lo stesso produttore di Checco Zalone, ci sarà anche un attore con la sindrome di Down?
Giacomo: Naturalmente, per fare un ragazzo autistico forse puoi anche interpretarlo, ma per un bambino Down magari dovresti prendere un cinese, è impossibile. Non lo sappiamo, ancora dobbiamo decidere tutto e anche non so se saremo io e Gio a interpretare i personaggi.
Ho scoperto che nel cinema il rapporto tra la sceneggiatura e l’idea, e poi la realizzazione del film é spostato sulla sceneggiatura, è fondamentale avere dei dialoghi belli, un cosa dinamica, una storia bella che ha senso. Se lo recitano persone che siano più brave cambia naturalmente, soprattutto il vero gioco si fa sulle parole che scrivi, questa è la cosa fondamentale.
Amelia: Il tuo futuro è un percorso già cominciato per un ragazzo giovane come te. I tuoi amici cosa pensano, ti danno coraggio?
Giacomo: I miei amici li ho sempre coinvolti, man mano che scrivevo mandavo loro pezzi del libro. Ho molti impegni, ma se poi non ho tempo per loro la mia vita non ha più senso. Cerco di avere tempo per loro, per stare con le persone a cui voglio bene, per ora riesco a conciliare tutto, ma se questa cosa mi facesse perdere di vista il quadro generale non andrebbe bene. Per ora mi danno un grande supporto.
Amelia: Ci vuoi dire la tua impressione dell’evento qui con Italia Altrove a Francoforte, quindi la prima occasione di andare all’estero? Il tuo libro verrà tradotto anche in tedesco, stai andando a Düsseldorf, e noi di Artemisia a Berlino stiamo programmando un evento per presentare il tuo libro. Qual è la tua impressione sulla Germania?
Giacomo: Ho conosciuto un sacco di storie, ogni volta che faccio una presentazione è un raccogliere esperienze da persone che ti conoscono, e questo arricchisce, è interessante anche conoscere un paese straniero,anche se ci rimani solo per qualche giorno. Ogni presentazione che faccio è una cosa bella, se la vivi pensando a quello che dai tu e a quello che ricevi, allora hai la sensazione che dai molto di più. Se quindi lo fai perché vuoi ricevere qualcosa non ha senso, mentre se ti accorgi che tornando a casa con due tre frasi o due aneddoti che ti hanno raccontato, ne torni arricchito e quindi ne vale la pena, come la pelle di serpente che mi ha regalato Manuela Rossi di Italia Altrove, e che farò vedere a Gio.
Grazie a Giacomo Mazzariol per averci rilasciato questa breve intervista, è stato un vero piacere conoscerlo e vedere che quando i giovani portano avanti il desiderio di scrivere e di parlare di disabilità, riescono a farlo in modo fresco e naturale, sdrammatizzando con semplicità e ironia. Giacomo, con la sua scrittura, è uno stimolo per le nuove generazioni a sentire l’inclusione in modo costruttivo, e ci auguriamo che in questo percorso anche un libro e poi un film da esso tratto possa essere uno spunto di rinnovamento. Artemisia di Berlino si augura di invitarlo nei prossimi mesi per parlare del suo libro e dei suoi progetti futuri.
Amelia Massetti, Artemisia.