A Río Pico, Chubut, nel dipartimento Tehuelches, la comunità mapuche Amuinahuel ha ottenuto la proprietà collettiva di 3750 ettari che occupano dal 1895. Si tratta di un fatto nuovo, inedito fino ad ora: è il primo caso di restituzione di territori risolto da un’ordinanza municipale. Sono stati i consiglieri di quella località che hanno investigato e valutato gli antecedenti del caso, fino a decidere con votazione unanime di restituire la proprietà ai suoi padroni originari. Detto con le parole di Jorge Solís, Presidente del Consiglio, “abbiamo aggiudicato la terra alla storia”.
L’iniziale occupazione di don Avelino Amuinahuel è passata negli anni da diverse istanze amministrative. Le terre furono date in locazione nel 1927 e aggiudicate per la vendita nel 1961. Più tardi l’aggiudicazione rimase senza effetto per “mancato pagamento”, e don Avelino diventò “gestore precario”. Comunque i suoi discendenti non hanno mai abbandonato l’occupazione del territorio, che nel 2007 fu dato dal Tribunale provinciale in mano al municipio di Río Pico affinché lo amministrasse come terreno demaniale.
Infine, a fronte di un nuovo reclamo da parte di membri della comunità, i consiglieri hanno formato una commissione che si occupasse del tema. Secondo quanto spiegato da Jorge Solís a FM Kalewche, la commissione si è occupata di recuperare la documentazione, studiare gli antecedenti, chiedere consulenza legale e “approfondire il tema per giungere a una conclusione responsabile”.
L’ordinanza emessa il 6 settembre scorso ha concluso il lungo processo dichiarando il territorio reclamato “Proprietà Comunitaria Indigena della Comunità Originaria Mapuche Amuinahuel”. I fondamenti dell’ordinanza mettono in chiaro non soltanto le disposizioni locali e provinciali, ma anche la legislazione nazionale e internazionale vigente sulla quale hanno appoggiato la decisione.
In un piccolo villaggio di Chubut, in Patagonia, un gruppo di consiglieri ha stabilito un valido precedente, sicuramente utile per altre comunità in altri punti del paese. Speriamo si possa trasformare in un effetto dimostrativo.
Audio dell’intervista completa a Jorge Solís