“Lacrime che scendono dagli occhi/Mai spegneranno questi fuochi”: sono versi, tradotti dal sardo all’italiano, di Lacrimas de focu (Lacrime di fuoco), canzone degli Istentales, la rock band originaria del nuorese e diventata ormai un’istituzione nell’isola. Loro la piaga degli incendi in Sardegna la conoscono bene: il cantante, Gigi Sanna, è infatti anche pastore e imprenditore agricolo di una fattoria didattica a Badde Manna, in provincia di Nuoro, e proprio per questo non si è mai tirato indietro quando le cose si sono fatte difficili per molti suoi colleghi, che anche quest’anno hanno visto divorati dalle fiamme pascoli e bestiame, fienili, depositi e raccolti già pronti per la mietitura. Ad attendere i risarcimenti, se mai arrivano, si fa in tempo a fallire, così ci ha pensato la solidarietà dei singoli ad aiutare queste persone a rimettersi in piedi. In che modo? Rispondendo anche stavolta in massa all’appello del cantante-pastore a partecipare a “sa paradura” (o sa ponidura), un’antichissima tradizione del mondo pastorale sardo che Sanna ha deciso di riportare in auge. Funziona così: quando un pastore perde il gregge a causa di, furti, malattie, o calamità naturali, gli altri pastori donano al collega una o più pecore, a seconda delle disponibilità di ognuno, offrendo allo sfortunato allevatore la possibilità di ricominciare la propria attività “senza che questi debba assumere alcun debito nei confronti dei donatori se non l’impegno morale di ricambiare il gesto in caso di necessità”.
Uno spirito di solidarietà che nei secoli e negli anni è rimasto intatto: forse in molti ricorderanno gli oltre 700 ovini che i pastori sardi, sempre su iniziativa di Gigi Sanna e della Coldiretti, donarono agli allevatori dell’Aquila dopo il devastante terremoto del 2009. Quest’anno, la chiamata a sa paradura è arrivata dopo i devastanti incendi di inizio luglio, che hanno messo in ginocchio il paese di Sedilo, nell’oristanese, il nuorese e il Sarcidano, con quasi duemila ettari bruciati e numerosi comuni colpiti, per un totale di oltre 100 aziende danneggiate. Allevatori, pastori, aziende, istituzioni comunali si sono subito attivati in una gara di solidarietà, culminata il 5 agosto, giorno in cui gli Istentales hanno suonato insieme a Tullio De Piscopo nel comune di Genoni, in occasione della festa del paese: due articolati di fieno e sessanta pecore è il bilancio della raccolta, che continuerà anche nelle prossime settimane. Non a caso, la parola “paradura” viene dal verbo “parare” (in sardo formare, creare), mentre “ponidura” significa “mettere a disposizione”: pecore, appunto, o foraggio e quant’altro andato perso, divorato dalle fiamme sterminatrici.
Perché in Sardegna d’estate è così, un bollettino di guerra che si ripropone puntuale, con i roghi devastanti che arrivano a colpire anche importanti zone turistiche. Da nord a sud, brucia l’isola sotto la mano di piromani senza scrupoli, o per la stolta disattenzione di qualcuno, i fuochi alimentati dal forte vento che da sempre sferza gli aspri monti e colline, così come le coste e i campi ingialliti dal gran caldo e dalla scarsità di piogge che caratterizza questo periodo dell’anno. Brucia la Sardegna, lasciandosi dietro il nulla, un desolato paesaggio lunare e ancora fumante, mentre la pur imponente macchina antincendio regionale, spesso bersaglio di polemiche, cerca di domare le fiamme ed evitare il peggio. Secondo la Coldiretti, da gennaio a fine luglio sull’isola sono divampati 1877 incendi. Il picco, manco a dirlo, è proprio luglio: una vera e propria esplosione, con 492 incendi segnalati dalla protezione civile in 22 giorni, con una media di 22 roghi al giorno, contro la media dei quasi 8 nel primo semestre.
“Le aziende agricole stanno subendo danni incalcolabili – spiega Luca Saba direttore di Coldiretti Sardegna –. In diverse si ritrovano senza pascolo, con il raccolto e le proviste andate in fumo, alcuni senza animali o comunque con parte di essi danneggiati dal fumo e senza recinzioni. In alcuni casi sono finiti all’ospedale gli stessi imprenditori perché intossicati”. Non che nel resto dell’Italia le cose vadano meglio: sono 25.869 gli incendi divampati nella penisola nei primi sei mesi dell’anno, con i roghi che hanno attraversato ben 12.518 ettari di terreno tra aree boschive e non. “Gli incendi – continua Coldiretti – provocano danni incalcolabili dal punto di vista ambientale dovuti alla perdita di biodiversità (distrutte piante e uccisi animali) e alla distruzione di ampie aree di bosco che sono i polmoni verdi del paese e concorrono ad assorbire l’anidride carbonica responsabile dei cambiamenti climatici. Ogni ettaro di macchia mediterranea è popolato in media da 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili ma anche da una grande varietà di vegetali che a seguito degli incendi sono andate perse”.
Le cause possono essere diverse e in passato capitava che a incendiare i boschi e la macchia mediterranea erano gli stessi pastori e agricoltori, per guadagnare terreno al bestiame e ai campi coltivabili (oggi è più difficile, dato che la legge 353 del 2000 prevede il divieto di utilizzo dei terreni bruciati per i 10 anni successivi al rogo). Ancora, si può appiccare un incendio per vendetta, e purtroppo anche per incuria e disattenzione: pochi giorni fa, ad esempio, un giovane ha causato un rogo in una zona della provincia di Cagliari, buttando la cicca della sigaretta ancora accesa a lato della strada che stava percorrendo in bicicletta. Oggi, però, la pista più battuta è quella degli interessi e delle speculazioni. Come sottolineato da Legambiente nell’ultimo rapporto sulle Ecomafie, nel 2015 sono cresciuti del 49% gli incendi boschivi, con più di 37mila ettari di superficie andati in fumo, e più del 56% si è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso. Se gli elicotteri del Corpo Forestale, i Canadair della Protezione civile e migliaia di uomini e volontari spesso non bastano a scongiurare il peggio, anche la prevenzione e l’educazione ambientale sono fondamentali, insieme all’individuazione dei responsabili per i quali spesso i cittadini richiedono delle punizioni esemplari.
Intanto, ci si prepara alla conta dei danni (anche se, ricordiamo, l’estate non è finita e gli allarmi sono all’ordine del giorno). In Sardegna, però, qualcuno ha già potuto contare sulla mano dei propri conterranei e forse riuscirà a tirare avanti, nonostante tutto. “È saltata fuori in maniera naturale, spontanea, in quantità incondizionata questa vostra solidarietà senza confine – ha scritto il sindaco di Sedilo, Alessio Petretto, in una commossa lettera di ringraziamento rivolta ai colleghi sindaci, rappresentanti delle tante comunità che si sono attivate – Nella sorpresa la nostra gente si è sentita meno sola, più forte nell’animo, nell’affrontare un momento di tale drammaticità. In tanti hanno perso tutto, in tanti, anche chi tutto non ha perso, sono stati mesi in ginocchio”.
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