Pubblichiamo anche in italiano questo commento di Evelyn dalla Germania che si unisce alle numerose voci di solidarietà che in questi giorni sono giunte alla redazione italiana di Pressenza da ogni parte del mondo e che confermano che la Nazione Umana Universale è qua vicino e che vuole esprimersi.
Grazie mille a tutt*!!
Il terremoto di ieri sera a Amatrice, Italia centrale, ha svegliato in me brutti ricordi. Le cicatrici de l’Aquila ancora non sono guarite, dove nel 2009 un terremoto di simile veemenza uccideva 308 vite e rendeva senza tetto 67.000 persone. La popolazione dimenticata dal governo ancora vive parzialmente in rovine, il centro sembra una città fantasma. La notte scorsa il numero delle persone morte aumentava e già si parla di migliaia senza tetto.
C’è chi dice vabbè, un terremoto, è cosi, forza maggiore, non si può fare niente. Altri dicono che è la madre terra che si ribella. In ogni caso resta da vedere come si comporterà il governo questa volta. Se di nuovo ci saranno solo promesse vuote, soldi che spariscono e non arrivano mai alla gente, i più deboli della società, colpiti più di tutti, lasciati da soli. Il corso neoliberale di Renzi e del suo governo non da molta speranza. Ma purtroppo questo ormai è il caso di quasi tutti i governi e il nostro (tedesco) non fa eccezione.
Ma dobbiamo anche vedere il terremoto come opportunità: ricostruire case, guarire ferite, dare speranza, anche a dispetto di un sistema che già da tempo non si interessa più delle vite umane. Se stiamo uniti, soprattutto in tempi di emergenza e sofferenza, ci sono energie incredibili che saltano fuori. Un maestro saggio una volta ha detto: “L’essere umano deve essere compresso per poter fare grandi cose”. Il tempo è certamente arrivato: L’umanità sta sotto pressione. La è in mano alle multinazionali, un cambiamento climatico che ormai nessuno può più negare, la democrazia in abolizione, crisi dei rifugiati, guerre e sofferenza… E adesso in Italia la paura che la gente sarà di nuovo lasciata da sola con questa catastrofe. È anche un problema psicologico: come si può avere speranza, se la politica, che determina tutto, sta facendo vedere che non è più degna di fiducia?
Ma è esattamente il fallimento della politica, dei media che ormai solo raccontano quello che è opportuno, del sistema che disprezza la vita in ogni sua forma, che fa sí che cresca una sana rabbia dentro di noi. Una volontà di sopravvivenza, una mobilitazione e raccolta di energie credute perse che adesso diventano libere. Amatrice è solo un esempio. Ogni giorno cose terribili succedono dappertutto nel mondo. E sono tutte anche opportunità che possiamo usare per organizzarci al di là di questo sistema, per tenerci uniti, per aiutarci reciprocamente, per pensare insieme nuove cose e metterle in atto. Soluzioni alternative, nuove strutture, vie sostenibili, metodi rispettosi all’ambiente, creando reti e connessioni… sono queste le pietre da costruzione per il nuovo mondo. E la malta sarà fatta di solidarietà, empatia e calore umano.
Il nuovo può solo nascere se al vecchio è permesso di morire. È questo il ciclo sacro della vita. Il compito adesso è di non guardare verso l’alto a chiedere aiuto, ma di organizzarci tra di noi. Di mobilitarci e usare le nostre forze creative. E poiché vengono dall’interno di ognuno di noi, nessuno ce le potrà togliere. Non dipendono da decisioni politiche, commissioni o altro. Sono le nostre forze ancestrali. Provengono dai nostri cuori. Possiamo essere i creatori e costruttori del nostro mondo. Un mondo al di là dei soldi, dell’avidità e del potere, al di là di frontiere nazionali e culturali. Chi ci vive già, sa di cosa sto parlando… Esiste già in tanti di noi e chi ha visto questo mondo anche solo per un attimo col suo cuore se ne innamora, ci si dedica e aiuta a costruirlo. E diventiamo sempre di più. Ovunque nel mondo. Giorno dopo giorno.
“Abbiamo due scelte. Possiamo essere pessimisti, arrenderci e fare in modo che il peggio accada. O possiamo essere ottimisti, cogliere le opportunità che certamente esistono e aiutare a rendere il mondo un posto migliore.” Noam Chomsky