Più di un milione e 200mila di persone hanno già firmato la petizione lanciata da Greenpeace per fermare la costruzione della diga nel cuore dell’Amazzonia, nell’area intorno al fiume Tapajòs. Il progetto al momento è stato sospeso dal governo brasiliano, ma non cancellato. Per realizzare la diga, migliaia di chilometri di foresta vergine sarebbero devastati e allagati. Fermiamo la devastazione!
Dopo la pioggia di firme contro la diga di Tapajòs, il governo brasiliano ha sospeso la realizzazione dell’enorme infrastruttura, ma resta in ballo il progetto che punta alla costruzione di 43 dighe previste sul fiume Tapajos. Quella sospesa doveva essere la prima, dovrebbe avere un bacino di 729 chilometri quadri (circa l’estensione di New York) e sommergerebbe 400 chilometri quadri di foresta pluviale incontaminata, portando alla deforestazione di un’area di 2.200 chilometri quadri.
L’Agenzia brasiliana per le popolazioni indigene (FUNAI) ha riconosciuto di recente i territori dei Munduruku che sarebbero colpiti dalla devastazione, fornendo la base legale per richiedere la sospensione della costruzione della mega diga. Questa sospensione è però solo temporanea e non equivale alla cancellazione del progetto, che avverrà solo nel caso in cui il governo brasiliano confermi questa decisione.
Nell’area interessata, in armonia con tantissime specie animali e naturali, vivono appunto gli indigeni Munduruku. Questo popolo sta lottando da tempo per impedire per proteggere il proprio territorio ancestrale.
«Una centrale idroelettrica potrebbe sembrare una soluzione energetica pulita, ma non è così – spiega Greenpeace che sostiene la protesta delle popolazioni indigene – Alle aziende come Siemens, interessate alla costruzione della diga, interessa solo il profitto anche a scapito dell’ambiente e le persone: un mega-progetto di questa portata avrebbe un impatto sociale ed ambientale devastante. Per realizzare la diga, migliaia di chilometri di foresta vergine sarebbero devastati e allagati. L’allagamento produrrebbe emissioni di carbonio e metano che, liberandosi nell’aria, contribuirebbero all’aumento dell’effetto serra. Villaggi, comunità, piante ed animali che dipendono dal fiume sarebbero danneggiati per sempre».
I Munduruku sono un gruppo indigeno di almeno 12.000 persone che da generazioni vive nell’area intorno al fiume Tapajós. Dipendono dal fiume per procurarsi cibo, per spostarsi e per far sopravvivere la loro cultura ancestrale. Perdere il fiume per loro significherebbe perdere il loro stile di vita, ed è questo il motivo per cui, negli ultimi 30 anni, si sono strenuamente opposti alla costruzione della mega-diga São Luiz do Tapajós.
I Munduruku hanno lanciato un appello a tutto il mondo e vogliono ottenere dal Governo Brasiliano il riconoscimento ufficiale delle loro terre ancestrali e proteggerle per sempre dallo sfruttamento indiscriminato.
Ci sono alternative!
Il Brasile è un paese soggetto a frequenti siccità, che mettono costantemente a repentaglio la reale capacità di produzione energetica delle dighe.
L’energia solare e quella eolica rappresentano alternative migliori: ci sono progetti per portare energia solare nelle scuole e nelle piccole comunità, che stanno già rivoluzionando il sistema energetico brasiliano! Le aziende dovrebbero investire su questi, anziché su dannosissimi mega-progetti.