“Se venite qui con la barca senza un visto non troverete una sistemazione in Australia”. Questo è il nuovo motto del Dipartimento australiano per l’Immigrazione e la Cittadinanza che ha recentemente emanato una legge per contrastare l’immigrazione clandestina avendo come scopo il far fronte ai numerosi traffici illeciti di persone.
L’iniziativa, avviata il 19 luglio scorso, prevede il respingimento forzato delle barche che arrivano in acque australiane con a bordo migranti senza visto; questi verranno automaticamente mandati in Papua Nuova Guinea per subire un processo di identificazione e di reinserimento. Ai migranti che avranno i requisiti per chiedere asilo politico sarà garantito lo status di rifugiato in Papua Nuova Guinea, mentro coloro che vengono da paesi in cui non vi è la necessità di protezione saranno rispediti indietro nei loro paesi di origine o di residenza.
L’accordo nasce da un’intesa regionale stipulata dai due governi. Tramite Youtube, il Primo Ministro australiano Kevin Rudd spiega che lo scopo dell’introduzione di questa nuova norma sia quello di difendere l’integrità e la sicurezza delle frontiere nazionali. Rudd sostiene inoltre che questa iniziativa può essere vista dall’esterno come una posizione sull’immigrazione piuttosto dura. Si tratterebbe in realtà di un escamotage efficace per tutetare l’immigrazione legale combattendo la piaga dei traffici illeciti di persone e impedendo pertanto la morte di migliaia di persone in mare.
Inoltre coloro che verrano d’ora in poi illegalmente, non potranno mai più ottenere lo status di rifugiato in Australia né potranno possedere in futuro residenze permanenti in questo Paese. Fa anche scalpore il fatto che il Papua Nuova Guinea sia uno dei paesi al mondo col più alto tasso di violenza e che l’UNICEF considera i bambini di questo Paese tra i più vulnerabili al mondo per via dello sfruttamento minorile, della detenzioni di giovani delinquenti nelle carceri per adulti e della brutalità della sua polizia.
Il governo definisce questo programma conforme ai trattati internazionali, ma secondo l’avvocato per i diritti umani David Manne, questa iniziativa è contro la Convenzione di Ginevra che chiede agli stati firmatari, tra cui l’Australia, di assistere le persone che arrivano sulle coste dei loro paesi. Manne sostiene inoltre che l’Australia ospita solo lo 0,3% dei rifugiati a livello globale è che questa politica non solo scoraggia le persone nel chiedere asilo politico all’Australia ma delega le sue responsabilità a paesi terzi.
Come si può immaginare che un Paese come il Papua Nuova Guinea, che ha nel suo codice penale cinque metodi di pene capitali (tra cui l’impiccagione, l’iniezione letale, scariche elettriche, la fucilazione e la morte medica da privazione di ossigeno) possa ospitare dei profughi? Come possono questi ultimi trovare rifugio in una nazione che criminalizza perfino l’omosessualità con 14 anni di carcere, oppure considerare l’adulterio illegale? Valutando tutti questi elementi, appare surreale se non fuorviante mandare i migranti in Papua Nuova Guinea.