Il 28 luglio i prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane hanno organizzato uno sciopero della fame di un giorno per protestare contro la decisione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) di ridurre ad una, anziché due, il numero di visite mensili finanziate e quindi di fatto concesse ai loro familiari.
La Società dei Prigionieri Palestinesi (PPS) ha spiegato che la decisione di indire questo sciopero è scaturita dopo che l’ICRC ha chiesto alle famiglie dei prigionieri di pagarsi da sole una delle due visite per cui la Croce Rossa prevede di svolgere una mera funzione di coordinamento con le autorità carcerarie israeliane.
La PPS ha quindi sottolineato come questa forzatura porti all’ulteriore inasprimento delle sofferenze patite dai prigionieri e dai loro familiari, considerando il fatto che i prigionieri sono separati in molti modi dalle loro famiglie, in palese violazione dell’articolo 76 della Quarta Convenzione di Ginevra, secondo il quale “le persone accusate di reati devono essere detenute nel Paese occupato, dove in caso di condanna devono poter scontare la pena”.
I prigionieri palestinesi sono invece imprigionati all’interno del territorio della potenza occupante e i loro familiari devono chiedere permessi speciali per poterli visitare. Permessi spesso negati o concessi in ritardo, che quando vengono approvati richiedono mesi per essere esaminati. Addameer (in arabo “coscienza”), un’associazione che si occupa dei detenuti palestinesi, osserva ad esempio che “ogni membro della famiglia di sesso maschile e di età compresa tra i 16 e i 35 è tipicamente escluso dalle visite.”
Israele si impegna in pratiche sistematiche volte a scoraggiare le famiglie, che includono, oltre alla negazione dei permessi o, all’ultimo momento, della visita, molteplici posti di blocco e perquisizioni, aree di attesa sporche e scomode, il divieto di portare qualcosa, e, in generale, un processo lungo e difficile, soprattutto per i genitori anziani o i giovani figli dei detenuti.
Negando alle famiglie palestinesi la loro seconda visita mensile, l’ICRC partecipa così alla politica israeliana che compromette, riduce al minimo o nega le visite dei familiari. La Croce Rossa dovrebbe in vece far fede alla sua responsabilità di proteggere le persone che vivono sotto l’occupazione, lavorando per rimuovere gli ostacoli che Israele pone alle visite familiari e ponendo fine alle sue violazioni delle Convenzioni di Ginevra, piuttosto che approvare tagli di bilancio per coloro che sono più vulnerabili e non hanno la possibilità di sopportare tali misure. Le famiglie palestinesi non hanno infatti altri mezzi per assicurare le visite ai loro familiari.