I docenti in Turchia sono spaventati e ne hanno tutte le ragioni, dice Serdar Değirmencioğlu.

Coloro che si preoccupano del sistema educativo superiore in Turchia sono rimasti sbalorditi quando a 1.577 presidi di facoltà sono state chieste dimissioni immediate. Ancora più scioccante il fatto che non un singolo preside si sia opposto alla richiesta.

I rettori sono stati convocati ad Ankara dal Consiglio di istruzione superiore e gli è stato detto che i presidi dovevano dimettersi per il “bene della democrazia”. E così hanno fatto, per il “bene della democrazia”. Chiunque abbia familiarità con la nozione o la pratica della democrazia, ovviamente, non crederà a nulla di tutto ciò.

La maggior parte dei presidi sono rimasti come “attuatori” – dovevano essere esaminati per determinare se meritassero di essere reintegrati.

Il messaggio è stato forte e chiaro: il regime ha il piano controllo delle università e un’epurazione è in corso. La mossa è stata presentata al pubblico come un’epurazione. Il regime è intatto, più forte che mai e, come il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha detto in varie occasioni, non esita ad agire in modo spietato. La rimozione dei presidi è stata, di fatto, una mossa per instillare paura.

Se tutti i presidi possono cadere di colpo, tutti i docenti si sentiranno molto vulnerabili. Un’atmosfera di caos ha già prevalso dopo l’annullamento di tutte le ferie estive e il divieto  per gli studenti di viaggiare all’estero. Recenti mosse hanno consolidato la paura: i rettori di quattro università sono stati licenziati.

Il Consiglio di istruzione superiore si presenta come salvatore della democrazia. ma in effetti è un prodotto del colpo di stato del 1980. La giunta era determinata a sottomettere le università e tutti i movimenti politici al loro interno e ha rapidamente creato una potente agenzia per ostacolare l’autonomia accademica e la libertà. Credo che il Consiglio non sia mai stato un’istituzione democratica e sia uno strumento politico che di recente è diventato spietato.

Ovviamente il Consiglio ha negato ogni azione illecita in un comunicato stampa, che recita: “La dimissione dei presidi dovrebbe essere vista come una misura precauzionale per facilitare e accelerare l’implementazione dei passi necessari a ristabilire l’autonomia delle nostre università, recidendo possibili legami con organizzazioni clandestine e illegali”. La dichiarazione rivela il motivo per cui nessuno dei presidi si è opposto. La resistenza sarebbe stata interpretata come un segno di “possibili legami”.

Un castello di carte

La realtà è che l’istruzione superiore in Turchia è un castello di carte. Dopo il colpo di stato del 1980 molti docenti sono stati licenziati, molestati e poi emarginati per anni. Il Consiglio ha indebolito le istituzioni accademiche. Il responsabile del Consiglio ha fondato la prima università non-pubblica e ha spianato la strada alle università, guidato solo dal profitto e senza offrire alcuna sicurezza lavorativa. Politiche populiste hanno risposto alla richiesta di istruzione superiore e nuove università, sia pubbliche che a scopo di lucro, sono state fondate.

Presto si è verificata una carenza di docenti. Dato che le università si sono moltiplicate, i dipartimenti accademici si sono ridotti di dimensioni. E’ diventato più facile essere un docente e la qualità dell’educazione e dell’erudizione ne ha sofferto.

E’ diventato più facile diventare un rettore. Era sufficiente avere stretti legami con il partito al governo. Alcuni membri del personale accademico sono stati reclutati e promossi semplicemente perché erano collegati al movimento di Gülen. L’epurazione in corso punta ai rettori e ai docenti nominati o promossi dall’attuale regime.

Questa non è un’operazione accessoria. Appena è stato dichiarato lo stato di emergenza, 15 università sono state chiuse. Gli studenti iscritti a quelle università sono diventati orfani accademici. Molte di quelle università sono state create nell’ultimo decennio e promosse dall’attuale regime. Sono state chiuse solo per i presunti legami con il movimento di Gülen. Altrimenti non sono molto diverse da quelle di recente fondazione, che sono sotto il fermo controllo del partito di governo.

Il Consiglio ha chiesto alle università un rapporto su ogni membro del corpo docente. Le ondate successive punteranno sicuramente a tutti i docenti considerati oppositori – forse i membri di Eğitim Sen, il sindacato dei lavoratori e gli Accademici per la Pace.

Il regime sostiene che può ripulire il mondo accademico ed epurare i cattivi elementi. I docenti sono spaventati e frastornati, come se fossero finiti in una lavatrice. La macchina laverà via i vari colori e produrrà un colore solo.

Ora è chiaro che i rettori dovranno assecondare la linea governativa. Ci sarà una voce, una linea, per il “bene della democrazia”, una “democrazia forte”.  L’epurazione rimescolerà il mazzo e costruirà un nuovo edificio, ma sarà ancora un castello di carte. Istituzioni accademiche forti non possono emergere in un clima di paura e non possono prosperare senza libertà accademica e sicurezza lavorativa. Un singolo colore indica la morte delle università.

Serdar Değirmencioğlu (serdardegirmencioglu@gmail.com) è stato professore di psicologia dello sviluppo e di comunità presso la Doğuş University di Istanbul.

 

Traduzione dall’inglese di Matilde Mirabella