L’Associazione Popoli Minacciati chiede seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per la pace in Africa orientale
Dopo i recenti e sanguinosi scontri armati in Sudan del Sud, l’Associazione per i popoli Minacciati (APM) ha chiesto l’immediata convocazione di una seduta straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per evitare il crollo del processo di pace in Sudan del Sud. L’APM teme che la Comunità internazionale decida di chiudere rassegnata gli occhi di fronte alla nuova tragedia nel paese e abbandoni la società civile. Secondo l’APM esiste infatti il concreto pericolo che una nuova guerra in Sudan del Sud si allarghi a tutta l’Africa orientale. Secondo l’APM la comunità internazionale deve continuare a spingere le parti in causa nel conflitto al rispetto degli accordi di pace dell’agosto 2015 e deve trovare i mezzi per migliorare la tutela della popolazione civile.
L’APM si è appellata anche all’Unione Africana (UA) che si riunisce oggi a Kigali (Ruanda) affinché si occupi della situazione in Sudan del Sud ed esorti sia il presidente sudsudanese Salva Kiir sia il suo rivale il vicepresidente Riek Machar a rispettare appieno l’accordo di pace. Tutti i punti dell’accordo di pace riguardanti la comune salvaguardia della pace e la smobilitazione e il disarmo delle milizie non sono stati finora attuati. E’ quindi urgente che la comunità internazionale continui a mediare tra le parti in causa affinché anche questi punti fondamentali dell’accordo vengano rispettati.
Le Nazioni Unite devono finalmente adoperarsi per una completa e reale tutela della popolazione civile poiché pare evidente che la missione di pace dell’ONU UNMISS non riesca finora a adempiere a questo suo compito. Da un’inchiesta condotta dall’organizzazione “Medici senza frontiere” risulta infatti che tre quarti delle persone rifugiatesi nei campi allestiti dall’ONU dichiarano di non sentirsi sicuri in questi campi. Attualmente più di 160.000 civili sudsudanesi sono rifugiati nei campi dell’ONU i quali versano però in condizioni catastrofiche e non sono in grado di garantire ai profughi condizioni di vita dignitose. Spesso la tutela della popolazione è resa più difficile dai rigidi vincoli di sicurezza imposti all’UNMISS che impediscono spesso anche la fornitura veloce ed efficace di aiuti umanitari.
Un Sudsudanese su quattro oggi è in fuga dalla guerra e la metà dei circa 11 milioni di Sudsudanesi dipende per la propria sopravvivenza dagli aiuti umanitari. Il paese è a un passo da una terribile carestia e dal crollo della sua già povera economia. Secondo l’APM non è certo questo il momento di abbandonare una popolazione traumatizzata da decenni di guerra e gravissime violazioni dei diritti umani ai giochi di potere dei suoi leader politici corrotti. Tanto più la corruzione e l’abuso di potere in Sudan del Sud sono stati per anni sostenuti proprio da quella comunità internazionale che ora tende a chiudere gli occhi di fronte alle conseguenze della sua stessa politica internazionale