Il Comitato Esecutivo Nazionale del Partito Laburista ha deciso ieri che in quanto leader in carica Jeremy Corbyn potrà partecipare alle prossime primarie in modo automatico, deludendo l’ala moderata che sperava di sbarazzarsi di lui costringendolo alla missione più o meno impossibile di raccogliere le 51 firme di parlamentari necessarie a presentare la propria candidatura.
La decisione è stata però bilanciata da altre risoluzioni, che faranno certo contenti i “ribelli” anti Corbyn: per partecipare alle primarie bisogna essere iscritti al partito da almeno sei mesi – regola che esclude i 130.000 nuovi membri delle ultime settimane – e pagare 25 sterline al posto delle 3 richieste nel 2015. Chi aveva pagato la quota necessaria a votare l’anno scorso dovrà inoltre presentare di nuovo domanda di iscrizione. Un insieme di norme che sembra fatto apposta per scoraggiare o almeno ostacolare la partecipazione soprattutto dei giovani, che l’anno scorso sono stati un elemento fondamentale della vittoria a sorpresa di Corbyn.
Come annunciato, Owen Smith, ex ministro agli affari gallesi del governo ombra laburista, ha presentato oggi la sua candidatura alla leadership. Smith non era in Parlamento ai tempi dell’intervento militare in Iraq e sostiene che non avrebbe votato a favore dell’entrata in guerra, come fece Angela Eagle, ma oggi è pronto, come lei, ad appoggiare il rinnovo del costoso programma di sottomarini nucleari Trident, di cui Corbyn è sempre stato un fermo oppositore.
Owen Smith e Angela Eagle, i due sfidanti di Corbyn, lo accusano in modo ossessivo di non essere in grado di vincere le prossime elezioni, previste per il 2020 e di dividere il Partito Laburista, presentandosi come garanti di unità. In realtà sono loro – insieme a tutti gli altri parlamentari che hanno sfiduciato Corbyn – a costringere il partito nei prossimi due mesi a un’estenuante e acerrima battaglia interna, invece di presentare proposte alternative a quelle dei conservatori su importanti questioni sociali come le disuguaglianze, la crisi degli alloggi, la povertà e la privatizzazione del sistema sanitario nazionale. Un esempio di malafede, ipocrisia e ostinazione difficile da eguagliare.
Dilaniati prima e dopo la Brexit da divisioni e rivalità anche peggiori di quelle in campo laburista, i conservatori si sono dimostrati più furbi e pragmatici: grazie alla sbrigativa nomina di Theresa May al posto del dimissionario Cameron, eviteranno ora di passare i prossimi mesi in logoranti battaglie interne per definire il nuovo leader.