Il 2 giugno si è tenuta l’“assemblea generale sarda contro l’occupazione militare della Sardegna” a Bauladu. Si tratta di un incontro pubblico che è il risultato di diversi incontri condotti in varie parti dell’isola in questi ultimi mesi. Un’energia politica che comprende diverse anime come collettivi universitari, sindacati, partiti politici ed associazioni.
Questa volontà antimilitarista nasce con l’obiettivo di strutturare un movimento che si opponga alle esercitazioni militari, richieda la chiusura dei poligoni e l’inizio delle bonifiche nei luoghi interessati da questo tipo di operazioni.
Nel volantino che circolava durante l’assemblea si vedono alcuni numeri legati alla presenza della realtà economica militarista sull’isola. 35.000 ettari di demanio militare ottenuti con espropri. In particolare, l’espropriazione di terre a Teulada da parte del Ministero della Difesa ebbe inizio con gli unici 700 ettari pianeggianti e adibiti ad agricoltura e pascolo e 14 km costieri, sgomberando il mare dai pescatori. Inoltre, un’area di 20.000 kilometri quadrati è inibita alla navigazione, alla pesca ed alla sosta durante le esercitazioni.
La presenza dell’economia militarista, ovviamente, oltre a dare una certa occupazione quasi fissa in certe zone ha anche coinvolto i giovani sardi nell’esercito. Tra i giovani dai 15 ai 24 anni, il 3.7% è impiegato nelle Forze Armate mentre, tra i giovani dai 25 ai 34 anni, il tasso sale al 4%. La media italiana è rispettivamente dell’1.3& e 1.1%.
Nell’assemblea si è parlato anche dell’insostenibile occupazione creata dall’investimento militarista nell’isola che teoricamente avrebbe dovuto anche evitare l’emigrazione dei giovani. Tuttavia le zone fortemente militarizzate come Perdasdefogu e Teulada dagli anni ’60 hanno perso rispettivamente il 25% ed il 41% dei loro abitanti. Quest’unica realtà produttiva, come si può vedere, evidentemente non ha prodotto opportunità valide per porre un argine allo spopolamento. Inoltre le zone fortemente coinvolte nell’impiego militarista risultano avere un reddito medio inferiore a quello delle proprie province di appartenenza. Per esempio i terreni militarizzati come Villaputzu, Decimomannu, Villasor, Teulada e Sant’Anna Arresi registrano un reddito medio annuo pro capite inferiore ai 9.300 euro, mentre Cagliari supera i 10mila annui.
Uno dei punti cardinali di quest’iniziativa popolare era anche quello di attirare l’attenzione su come sarebbe stato opportuno investire quest’energia economica su altre necessità dell’isola, come il diritto allo studio. Sono circa 38mila gli studenti in Sardegna, di cui 17mila fuori sede. Mentre nel 2010 erano stati stanziati 13 milioni di euro per il diritto allo studio da parte della Regione Sardegna, nel 2014 questa cifra scende a 6 milioni. Tuttavia lo stesso anno nelle tasche della Regione entrano 90 milioni di euro come finanziamento alle spese militari.
Il legame tra il mondo dello studio e quello militare diventa più diretto quando si parla del DASS (Distretto Aerospaziale della Sardegna), costituito il 13 ottobre del 2013, di cui sono soci gli atenei di Cagliari e Sassari. DASS è una società consortile con il 51% delle quote detenute da soggetti pubblici. Gli obiettivi che il DASS si pone risultano essere quelli di “creare le condizioni per sviluppo e crescita delle imprese sarde del settore, favorire la nascita di nuove realtà industriali anche attraverso la collaborazione con le piccole e medie imprese, sostenere programmi di ricerca, promuovere alta formazione e formazione professionale per il settore aerospaziale”. Tra i soci spicca la Vitrociset che “si occupa di sviluppo dei più avanzati software di modellizzazione e simulazione live, virtual e constructive e la realizzazione di poligoni avanzati per le esercitazioni militari e per i test dei sistemi d’arma”. Si tratta di un’azienda già presente in Sardegna, nello stabilimento di Capo San Lorenzo, base impiegata per sperimentazione e addestramento su sistemi militari. Un altro socio importante del DASS è l’Alenia Aermacchi, produttore degli aerei M-346 venduti il 19 luglio del 2012 allo stato di Israele per circa un miliardo di dollari e utilizzati durante l’attacco di Israele alla striscia di Gaza. Ovviamente va sottolineato il fatto che l’Alenia Aermacchi faccia parte del gruppo Finmeccanica (quotato in borsa) che ha triplicato il suo business dal 2000 al 2009 concentrandosi per il 75% sul settore militare. Secondo un articolo pubblicato sul Sole 24ore l’azienda ha venduto armi all’estero per circa 60 milioni di euro.
Ci troviamo quindi su un terreno di business militare che ha l’effetto di una bomba ecologica e dove si sperimentano i giochi di guerra producendo inquinamento e creando dei finti posti di lavoro, rendendo così la vita insostenibile e non a misura d’uomo.
L’assemblea si è conclusa dopo circa 3 ore di dibattito fissando un altro incontro allargato verso fine giugno con l’obiettivo di strutturare un percorso che si batta per impedire la crescita di questa cultura ed energia economica militarista in Sardegna.
Qui di seguito l’audio intervista a Gavino Toffolon del Comitato studentesco contro l’occupazione militare