Il terremoto politico seguito alla vittoria della Brexit porta con sé nuove proposte, come quella avanzata dal giornalista, film-maker e membro del Partito Laburista Paul Mason, che ha lanciato un piano in 5 punti denominato ProgrExit, elencando ciò che a suo parere dovrebbero fare i partiti progressisti del Regno Unito e i punti principali su cui incentrare la prossima campagna elettorale:
- Arrivare a elezioni generali entro sei mesi.
- Stringere un patto elettorale tra Partito Laburista, Partito Nazionale Scozzese, Plaid Cymru (indipendentisti gallesi) e Verdi per tener fuori l’UKIP e impedire a un governo conservatore ancora più di destra di quello attuale di distruggere le leggi progressiste.
- Rinviare i negoziati per l’uscita dall’Unione Europea, basati sull’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, fino a quando non entrerà in carica un nuovo governo.
- Negoziare i termini della Brexit come governo di coalizione tra Partito Laburista, Partito Nazionale Scozzese, Plaid e Verdi, puntando, se possibile, a restare nello Spazio Economico Europeo e in ogni caso a mantenere le leggi progressiste sui diritti dei consumatori e dei lavoratori, la protezione ambientale ecc.
- Convocare un secondo referendum sull’indipendenza della Scozia, offrendo anche l’opzione di restare nel Regno Unito, ma con maggiore autonomia e maggiori poteri e con accordi non punitivi in caso che prevalga il voto per l’Indipendenza.
Mason chiede a chi è d’accordo con questo piano di fare pressione sui dirigenti dei rispettivi partiti per smetterla con le accuse e cominciare a lottare per un percorso progressista verso le elezioni e i negoziati per la Brexit.
Il suo invito verrà raccolto?
I Verdi sembrano al momento la forza politica più disposta a lavorare nel senso indicato da Mason: nel sito del partito la parlamentare Caroline Lucas ha invitato le realtà progressiste a “unire le forze per resistere a ogni attacco ai diritti conquistati con dure lotte”. Il risultato del referendum “rappresenta una profonda sfida per le forze progressiste” ha aggiunto. “Non dobbiamo aver paura di costruire nuove alleanze per servire nel modo migliore le persone che rappresentiamo.”
Il sito del Partito Nazionale Scozzese riporta le dichiarazioni del Primo Ministro Nicola Sturgeon, che ha espresso l’intenzione di avviare “discussioni immediate” con Bruxelles per “proteggere il posto della Scozia all’interno dell’Unione Europea e definito “molto probabile” un nuovo referendum sull’indipendenza. Resta da vedere se questo significa anche una disponibilità al tipo di accordi indicato da Mason e dai Verdi.
Leanne Wood, leader di Plaid Cymru, ha lanciato un messaggio nella sua pagina Facebook, sostenendo la necessità di “trasformare in un’opportunità lo shock prodotto dal risultato del referendum (in Galles il 52,5% ha votato per la Brexit, il 47,5% per restare nell’Unione Europea). E’ nostro dovere” ha aggiunto “fornire un’alternativa alle forze oscure emerse durante la campagna e impedire che prendano slancio.”
E i laburisti?
Attaccato come al solito dai parlamentari del suo stesso partito, che colgono qualsiasi occasione per tentare di sbarazzarsi di lui, Jeremy Corbyn ha dichiarato che non intende dimettersi. Nella sua pagina Facebook ha commentato il risultato del referendum sottolineando innanzitutto la necessità di rispettare la decisione del popolo britannico. “Il nostro primo compito” ha aggiunto “è quello di unirci e superare le divisioni. Il nostro paese è diviso e le cose devono cambiare. Il Partito Laburista è il più adatto a riunificare il paese, perché non ha propagato la paura e perché condivide l’insoddisfazione della gente per lo status quo.” Ed è stata proprio la rivolta verso lo status quo che secondo Corbyn ha portato “milioni di elettori a rifiutare un establishment politico che li ha abbandonati. Il Partito Laburista è stato creato per mettersi al servizio della gente nelle comunità e nei luoghi di lavoro” ha concluso. “Dobbiamo riprendere questo proposito storico e proteggere e rappresentare la gente che serviamo.”
Molte delle dichiarazioni riportate si assomigliano per i temi affrontati e i toni adottati, anche se al momento l’aspirazione a tradurre questa vicinanza in accordi concreti potrebbe sembrare fin troppo ottimista. Ammesso che esista la volontà politica di muoversi in questa direzione, un’alleanza come quella prospettata non sarà facile da realizzare, ma potrebbe costituire un effetto inaspettato e positivo dello sconvolgimento prodotto dal referendum del 23 giugno.