Il monito dell’Onu: CETA e TTIP violano i diritti umani

In 24 mila si mobilitano online per dire no ai trattati commerciali con USA e Canada

24 giugno 2016 – All’indomani del Brexit, arriva dall’Onu la dura condanna dei trattati di libero commercio, TTIP e CETA, che la Commissione sta negoziando – in segreto – con Stati Uniti e Canada, rispettivamente.

“La ratifica del CETA e del TTIP potrebbe avviare una corsa al ribasso in termini di diritti umani e potrebbe compromettere seriamente lo spazio di regolamentazione degli Stati. Tutto ciò è contrario agli scopi e ai principi della Carta ONU e andrebbe a rappresentare un serio ostacolo al raggiungimento di un ordine internazionale democratico e giusto”. Sono le parole di Alfred de Zayas, esperto di diritti umani delle Nazioni Unite, che avverte dei pericoli a cui andremo incontro scavalcando i parlamenti nazionali nei controversi accordi commerciali.

Infatti i negoziati di TTIP e CETA stanno avvenendo a porte chiuse da mesi, nonostante la pressione forte della società civile, soprattutto in Nord Europa. Diversi studi confermano che con i nuovi trattati commerciali sono a rischio la tutela ambientale, i diritti del lavoro e la stessa salute pubblica, dato che andremmo a importare prodotti alimentari e chimici da Stati Uniti e Canada, dove gli standard sono notoriamente diversi. Tutto questo di certo non favorirebbe le piccole e medie imprese del comparto agroalimentare italiano, in rapporto asimmetrico rispetto alle multinazionali alimentari americane. Altro punto inaccettabile è il cosiddetto ISDS, ovvero la possibilità per quelle grandi imprese di rivalersi sui singoli Stati nel caso cambiassero le leggi a tutela di cittadini e consumatori e questo ne riducesse i profitti.

Il monito ONU arriva a una settimana dal voto in Consiglio Europeo sulla competenza del CETA,il trattato tra UE e Canada, ovvero si deciderà se includere i parlamenti dei singoli paesi europei nella ratifica oppure se sarà solo la Commissione a decidere. La scelta potrebbe essere accelerata dall’interesse a chiudere l’accordo prima che il Regno Unito lasci l’Unione.

Il ministro dello Sviluppo Economico italiano, Carlo Calenda, è il primo e più determinato sostenitore della seconda opzione, che negherebbe il coinvolgimento dei parlamenti.

“Siamo impegnati per garantire la legittimità democratica degli accordi, che devono passare al vaglio dei parlamentari, perché finora sono stati condotti in assoluta segretezza, escludendo le nostre istituzioni e la società civile” afferma Vittorio Longhi, fondatore di Progressi.

Migliaia di cittadini si stanno mobilitando infatti per chiedere al ministro di consentire una discussione democratica. In 20 mila hanno firmato la petizione contro il TTIP http://www.progressi.org/fuorittip, oltre 4000 in pochi giorni hanno chiesto trasparenza sul CETA http://www.progressi.org/stopceta.

De Zayas invita i governi ad assicurare una corretta informazione e la consultazione popolare sui trattati, anche perché da un sondaggio della Commissione europea del 2014 risulterebbe che ben il 97% degli europei è contrario ai contenuti del TTIP e per il CETA il discorso non cambia.

“Non sono certo gli Stati a dover garantire i profitti agli investitori o alle multinazionali, il loro unico compito è di legiferare e regolamentare in nome dell’interesse pubblico, della salute e dell’ambiente, dei diritti del lavoro e della sicurezza alimentare” ha precisato il funzionario ONU.