José A. Rodríguez García Quiles è musicista, professore di educazione musicale presso l’Università di Granada, e la facoltà di Scienze dell’educazione a Berlino. Vuole mettere in guardia l’Europa riguardo alla scelta dei valori educativi attraverso i programmi scolastici. Denuncia la situazione in Spagna, primo paese europeo ad aver soppresso la musica dai corsi scolastici obbligatori. Nel contesto neo-liberale di una parte delle politiche europee, questa situazione unica in Europa potrebbe propagarsi a macchia d’olio. Nel corso di un’ampia intervista in spagnolo, questo insegnante appassionato spiega in dettaglio le poste in gioco storiche e democratiche della musica nella scuola, non solo per la Spagna, ma per l’ Europa e la società.

L’articolo, in spagnolo, è disponibile in formato pdf:

http://www.e-revistes.uji.es/index.php/artseduca/article/download/2139/1830

Ne riprendiamo qui alcune idee-guida.

D’altra parte, la “Dichiarazione di Granada” è un appello, lanciato nel 2015 alla comunità accademica europea, nella quale si incorpora l’essenza della sua preoccupazione e della sua lotta.

Musica e società

La Spagna è il primo paese europeo ad aver ufficialmente cancellato il corso di educazione musicale dal curriculum di studi della scuola pubblica. Al di là del fatto in sé, relativo alla scuola spagnola, a sollevare preoccupazione è la stessa visione degli obiettivi della formazione: questa decisione dimostra infatti una visione dell’educazione dei nostri figli basata sulla redditività, in accordo con politiche sempre più neo-liberiste.

Secondo J.A., dovremmo analizzare come, nei campi della conoscenza, certe forme di “dolore” sono riconosciute e amplificate a livello sociale (quando si parla della fuga di cervelli a causa della crisi, ad esempio), mentre le perdite che si verificano in altre aree della conoscenza (educazione musicale) rimangono invisibili e “indolori” come se non ci fosse assolutamente alcun legame tra loro. Risulta quindi evidente che alcuni campi della conoscenza hanno valore e altri no. Questa situazione implicita illustra un modo di esercitare il potere, ponendo priorità e inquadrando il politico come l’unico ad essere qualificato per decidere cosa è normativamente valido in un contesto accademico e cosa non lo è.

La visione europea

José A. è coordinatore per la Spagna di EAS (European Association for Music in Schools). Docente di Educazione musicale presso l’Università di Granada, collabora regolarmente con molte università in Europa come docente e ricercatore, in particolare con le Università di Potsdam e Berlino. Coordina il gruppo di ricerca RIMME (ricerca e innovazione in musica ed educazione musicale) e la rete internazionale “Performative Musique Education Network”. Inoltre è direttore del Congresso contemporaneo di musica spagnola-tedesca, giunto alla terza edizione.

Si trova quindi nella posizione migliore per offrire una prospettiva globale della situazione europea. Alla domanda se la situazione è migliore in Germania, ad esempio, risponde prendendo spunto dal “Processo di Bologna”. A suo modo di vedere, questo Processo è un errore in quanto non tiene conto degli specifici contesti della cultura di ciascun paese. Ci hanno venduto l’idea di una possibile “convergenza” in uno spazio superiore di istruzione e di ricerca, un vero disastro nel campo della musica ed dell’educazione musicale. La sua esperienza in Germania tuttavia gli permette di sottolineare l’atteggiamento tedesco nei confronti del Processo di Bologna. Mentre i tedeschi, con un passato musicale sviluppato e formalizzato da tanto tempo, l’hanno discusso, studiato e integrato con grande cautela, rispettando le istituzioni educative esistenti, siano esse le Scuole di formazione musicale superiore o i Conservatori, in Spagna, viceversa, l’interpretazione del Processo di Bologna si è completata rapidamente, per mano di alcuni politici e accademici secondo i quali non è necessario formare gli insegnanti di musica con un curriculum europeo e che hanno inoltre deciso di sopprimere la formazione esistente all’Università, in Scienze dell’educazione.

Oggi, la Spagna si trova ad essere l’ultima ruota del carro europeo della Musica nella scuola.

La formazione degli insegnanti

La sostituzione della formazione universitaria in Educazione Musicale con una ridicola menzione speciale in musica nella preparazione dei futuri insegnanti della scuola primaria corrisponde a una strategia politica, denuncia J.A. In pratica, la musica si ritrova ad essere emarginata in una nuova categoria disciplinare: “altro”!?. Tale situazione genera, in ambito accademico, una insicurezza e una violenza che è necessario analizzare urgentemente. Domani, i futuri “esperti di musica” lo saranno con una formazione opzionale di 24 crediti, e un insegnante di scuola primaria con sei ore di crediti potrà, se lo desidera, dare vita natural durante lezioni di musica a bambini fino a 12 anni. Questa formazione insufficiente porterà con sé gravi carenze pedagogiche e servirà da pretesto per gli avversari dei corsi di musica, che potranno così puntare il dito contro la mancanza di interesse di questo corso.

L’altra questione che fa arrabbiare il nostro acceso sostenitore è l’offerta sempre più in aumento di corsi in apprendimento ibrido (frequenza in aula ridotta integrata da lezioni a distanza) o virtuali. Come trasmettere e condividere l’emozione musicale tramite internet? Impossibile e totalmente assurdo, sbotta irritato!

Ma allora, che fare?

Per José A., in questo contesto di grande confusione spagnola, dobbiamo prima definire ciò che è un insegnante rispetto ad un maestro di musica. Per estensione, è necessaria una definizione della funzione dell’insegnante. Nella società di oggi e di domani, cosa vuol dire essere un insegnante?

È inoltre necessaria una definizione di musica. Questa mancanza di definizione porta grave pregiudizio alla formazione.

Infine, gradualmente, è necessario qualificare adeguatamente i professori in funzione del loro livello. Deve venire implementato il dialogo tra i conservatori e le scuole di formazione degli insegnanti. Il potenziale educativo-musicale della Spagna può essere sviluppato con orgoglio all’interno di un’Europa ricca della sua diversità. Bisogna rendersi conto che tali definizioni non avvengono non per ignoranza, ma a causa di una logica corporativista assolutamente assurda e irresponsabile.

Ragione ed emozione devono ritrovarsi nella scuola. La Musica è il loro linguaggio comune.

Per José A., la musica è un linguaggio, esattamente come il linguaggio matematico, la lingua madre o le lingue straniere. A questo titolo, merita il proprio posto nella scuola, in Spagna e altrove.

Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza

L’articolo originale può essere letto qui