Vite Partigiane: Rosario Bentivegna, Sergio Flamigni, Massimo Rendina, Walchiria Terradura, Teresa Vergalli
Libro a cura di UPM – Un Punto Macrobiotico, Roma
Prefazione di Daniele Balicco
Introduzione di Ciro Tizzano
Recensione di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici – ANPI Nova Milanese (MB)
Edizioni Quodlibet
L’Associazione UPM – UN PUNTO MACROBIOTICO, ideata e fondata nel 1980 dal Professor Mario Pianesi, si prefigge “di diffondere senza distinzione religiosa, politica, sociale e culturale una alimentazione più sana ed equilibrata e una cultura di rispetto e amore per l’aria, l’acqua, la terra, i vegetali, gli animali e tutti i popoli Nativi”. Non ha fini di lucro ed è un Ente Morale riconosciuto, un Ente Nazionale con Finalità Assistenziali (riconosciute dal Ministero dell’Interno) ed un’Associazione di Promozione Sociale. È presente in Italia e all’Estero, con più di 100 realtà, con più’ di 100.000 soci (un Centro Studi Scientifico, un Centro Giuridico, una Commissione Scientifica, circoli culturali, negozi, ristoranti, aziende agricole, laboratori, forni a legna, case editrici) ad essa affiliate. Collabora con Governi e Istituzioni Scientifiche di vari Paesi (in Asia, Africa, Medio Oriente, Europa, America del Sud e Centrale) e viene patrocinata e coopera con Organismi Nazionali e Sovranazionali, quali FAO, UNESCO, UNCCD, WFP, Parlamento Europeo, Ministeri, Italiani e Stranieri.
UPM – Un Punto Macrobiotico ha realizzato e curato un libro dal titolo Vite Partigiane con la dettagliata prefazione del giornalista Daniele Balicco e la puntuale introduzione di Ciro Tizzano. Il libro Vite Partigiane raccoglie, in versione trascritta, cinque testimonianze orali di noti partigiani che raccontano la personale esperienza nella Resistenza Antifascista, in una narrazione corale e collettiva dove emerge il coraggio di una generazione di ragazze e ragazzi che decide di ribellarsi all’inconsistenza feroce del fascismo e dei suoi terribili alleati.
Il testo raccoglie cinque documenti sul significato della scelta di essere persone libere. I partigiani intervistati sono: Rosario Bentivegna, Sergio Flamigni, Massimo Rendina, Walchiria Terradura, Teresa Vergalli
Questi grandi protagonisti della Resistenza non sono eroi, ma persone che hanno sempre creduto in un ideale e per questo hanno lottato, dimostrando che si può trasformare la propria vita e la personale realtà e invertire un destino collettivo drammaticamente segnato. Le conversazione trasmettono un insegnamento importante: non si può vivere restando indifferenti a quanto accade nel mondo. L’eredità della Resistenza Partigiana continua ancora oggi, per esempio, fra i popoli che stanno lottando per difendere loro stessi e i territori dalle devastazioni, dall’inquinamento, dallo sfruttamento che imponenti forze multinazionali hanno provocato e scatenato con lo scopo di soddisfare le richieste di uno stile di consumo avido e egoistico, dettato dalle bieche logiche neoliberiste e dei mercati speculativi dell’alta finanza.
I testimoni del libro Vite Partigiane trasmettono messaggi importanti e fondanti alle nuove generazioni sulla Resistenza Partigiana Antifascista, in quanto movimento di popolo che ha dato al nostro Paese una dignità di fronte al mondo, per la libertà di pensiero, di parola, per il rispetto della vita, nella lotta contro la paura e contro il bisogno, per i diritti umani inalienabili e imprescindibili.
Questi sono i valori di una democrazia che i giovani devono perseguire, senza ricorrere alla violenza, a meno che non siano costretti da un male assoluto, come lo sono stati i nostri Partigiani, il cui sogno era quello di ascrivere per sempre nella storia la parola fine a tutte le guerre, per la pace internazionale e universale. La violenza non fa parte della democrazia, che può essere difesa anche in modo non violento, per creare una società di liberi e uguali. È importante argomentare sull’attualità della Resistenza, perché la dittatura è sempre in agguato, perché il potere corrompe e è necessario resistere a ogni forma di regime e di totalitarismo, come i nostri partigiani, che hanno lottato e hanno subito torture e deportazioni per questo ideale.
Nella società attuale ormai non esistono autentici valori antifascisti, ma solo un consenso cieco che viene dalla televisione e dai giornali. Le nuove generazioni si trovano di fronte a una scelta che non è la lotta armata, ma l’impegno democratico, l’attivismo, la partecipazione sociale e l’impegno civile.
I Partigiani intervistati, nelle conversazioni, affermano che il loro era un impegno e una scelta culturale profonda, sentita, vissuta. Si riunivano clandestinamente per studiare le grandi opere culturali del pensiero e dell’ingegno umano, che respirano di libertà, da Marx al Vangelo.
La partecipazione e l’attivismo antifascista non sono stati solo una lotta per liberarsi dai tedeschi e dai fascisti, ma una sentita e profonda volontà di cambiare lo status quo, di rivoluzionare tutto. Grazie al movimento resistenziale partigiano il nostro Paese ha conquistato la dignità di fronte al mondo di non essere considerato un popolo di obbedienti, sottomessi e servili, seguaci del duce, ma di essere considerato un soggetto politico e un’entità statale con diritti e doveri, con la possibilità di sedersi al tavolo della pace, non come popolo vinto, ma con sanzioni di guerra meno dure e repressive.
Tramite la Resistenza si è ottenuto il diritto di voto per le donne e i presupposti per l’emancipazione femminile e soprattutto abbiamo conseguito la pace, la Costituzione che ripudia la guerra, la libertà e la formazione dell’Europa, di cui si parla in modo dubitativo, ma invece è un’istituzione necessaria per la solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza e l’accordo fra tutti i popoli. Le nuove generazioni devono lottare per la cultura, per imparare, per una scuola migliore. Le nostre armi di pace sono la solidarietà, la partecipazione, l’attivismo, il volontariato, le organizzazioni culturali di base, per risolvere insieme e collettivamente i problemi della società attuale. È necessario ricostruire comitati di quartiere per difendere e tutelare i diritti delle persone, per fare democrazia dal basso, perché non si può aspettare un “dittatore buono” dall’alto. La realtà si combatte dalla base, nelle scuole, nei quartieri, nei luoghi di lavoro, nelle grandi e piccole associazioni. È necessaria una nuova Resistenza a partire dalla partecipazione sociale e dall’impegno civile, per la tutela della pace, dei diritti umani, dei beni comuni, del patrimonio culturale, dell’ambiente, per il disarmo, per un’alternativa al potere, contro i potentati della guerra, dell’atomo, del petrolio, dell’acciaio, e per ribadire l’opposizione allo stravolgimento di tutte le Carte Costituzionali nate dalla Resistenza Partigiana Antifascista.