L’agenzia stampa Dicle Haber attualmente ha tredici giornalisti in diversi centri di detenzione. Si tratta di un numero molto alto per una piccola agenzia. Sono accusati di “lavorare per conto di un’organizzazione terroristica, oppure sostenerla ed esserne membro”. Sia i giornalisti che l’agenzia sostengono che gli arresti sono avvenuti durante lo svolgimento della loro attività lavorativa.
Dicle Haber si concentra su tutto quello che riguarda i curdi in Turchia, Siria, Iraq e Iran. Le notizie che escono in turco, curdo e inglese vengono prodotte spesso nelle zone di conflitto, come il sud-est della Turchia, oppure il nord della Siria. Infatti tutti i tredici giornalisti arrestati in questi ultimi due mesi fotografavano, filmavano o facevano interviste in città come Van, Batman, Mardin e Antep, dove è ripartito dopo due anni di tregua il conflitto tra le guerriglie PKK-YPS e le forze armate dello Stato.
I tredici giornalisti sono Nuri Akman, Nedim Oruç, Nazım Daşdan, Feyyaz İmrak, Mazlum Doğan, Ziya Ataman, Muhammed Doğru, Mehmet Hakkı Yılmaz, Abdülkadir Turay, Meltem Oktay, Bilal Güldem, Şermin Soydan, Nedim Türfent. In questi ultimi anni sono stati imprigionati con varie accuse anche altri tre giornalisti dell’agenzia Dicle: Kamuran Sunbat, Nuri Akman e Şahabettin Demir.
Mentre il sistema giudiziario li accusa di attività terroristica, i giornalisti sostengono di essere stati presi di mira perché documentavano tutto ciò che accadeva nelle zone di conflitto. Come Şermin Soydan, finita dentro per aver svelato i documenti di un’operazione segreta dell’esercito con il nome di Gever, oppure Nazim Dasdan, per via delle sue ricerche sul possibile rapporto tra alcuni soldati dell’esercito turco e l’ISIS, supportate da fotografie e documenti.
Da luglio inoltre il sito dell’agenzia è stato bloccato 37 volte in tutto il paese. La Presidenza delle Telecomunicazione (TIB) ha deciso di impedire l’accesso al portale dell’agenzia basandosi sulla legge 5651, approvata nel 2007, che “regolarizza e controlla” gli accessi e i contenuti dei siti in Turchia.
Mentre gli scontri causano quasi ogni giorno la morte di combattenti armati e di civili, il conflitto limita anche il diritto all’informazione dei cittadini.