“Aggiungiamo un nuovo capitolo alla democrazia in Europa”, annunciava nel 2012 il Ministro degli Affari Europei, il danese Nicolai Wammen, nella fase iniziale del diritto di iniziativa dei cittadini europei (ICE).
L’introduzione del diritto di iniziativa dei cittadini europei (ICE) è stato deciso nel Trattato di Lisbona e dovrebbe integrare l’esistente diritto di petizione nell’UE. Dall’aprile 2012 i cittadini europei possono proporre una ICE, con l’onere che almeno 7 persone da 7 diversi Stati membri raccolgano nell’arco di un anno almeno un milione di firme da 7 diversi Stati membri, per poter poi essere accolti presso la Commissione Europea con la proposta per l’introduzione di una nuova legge.
Altamente celebrata in un primo momento come uno “strumento partecipativo” dell’UE, che trasmetteva ai cittadini l’idea di potersi autodeterminare a livello europeo su questioni importanti tramite referendum, in contrapposizione alla normale prassi di molti Paesi UE, la possibilità dell’ICE appare oggi non più così efficace. E con essa purtroppo anche l’idea che l’Unione possa definirsi “democratica”.
E’ comprensibile che ci possano essere durante il percorso delle difficoltà tecniche a causa di problemi di server e ostacoli amministrativi, come ad esempio per la necessaria indicazione del numero di documento. E’ naturale anche che uno strumento complesso come la ICE, da introdurre allo stesso tempo in 27 Stati membri, sia soggetto a migliorie e sviluppi.
Se si guarda al sito ufficiale della Commissione Europea, nella lista di tutte le ICE finora presentate, si ha in un primo momento una buona impressione: dalla sua introduzione nel 2012 ci sono state finora 56 iniziative. Non male in soli quattro anni! Si evince anche che i cittadini d’Europa hanno ben accolto e utilizzato lo strumento, nonostante grandi ostacoli amministrativi. Ma guardando meglio le cifre abbiamo che del totale:
- 12 sono state ritirate;
- 16 rifiutate a causa di sostegno insufficiente;
- 20 respinte;
- 4 in elaborazione;
- 1 con lo stato “raccolta conclusa”;
e secondo la Commissione EU 3 sono con “esito positivo”.
In che senso “positivo”? che i cittadini sono stati ascoltati per quanto riguarda i loro interessi? No, “esito positivo” significa solamente che la ICE è stata accolta dalla Commissione, ma purtroppo nient’altro.
La prima ICE ad essere ufficialmente accettata dalla Commissione è stata la campagna “Stop alla vivisezione” per l’abolizione della sperimentazione sugli animali. E’ stata registrata già nel 2012, ha soddisfatto tutti i requisiti e le è stato assegnato lo status “verificata”. Eppure non molto è cambiato. La Commissione ha sì reagito entro i termini di tre mesi con un parere, nel quale ha però solamente comunicato che i tempi non sono maturi.
Simile è stato il percorso della seconda ICE con “esito positivo“, denominata “One of us“, per la protezione degli embrioni, in modo che il libero mercato non possa (ancora!) commerciare con la vita non nata, che è già di per sé uno scandalo da evitare con una ICE. Anch’essa è stata registrata nel 2012, soddisfatto i vari requisiti, iscritta con lo status “verificata“ , ufficialmente accettata come proposta ma poi rigettata nel maggio 2014. “La presunta partecipazione popolare è stata una mistificazione. La Commissione non prende sul serio la volontà popolare“, ha commentato Hedwig von Beverfoerde, coordinatrice nazionale di “One of us“ in Germania. [1]
La terza ICE con esito “positivo“ ci lascia intuire come vanno le cose. I cittadini più attivi avranno sicuramente sentito parlare di “Right2Water“ [2], l’iniziativa che vorrebbe proibire che grandi gruppi privati acquisiscano i diritti sulle forniture di acqua pubblica. E’ stata sostenuta da 1.884.790 firme, quasi il doppio di quelle richieste, e quindi accettata. Ciò più di due anni fa. E quindi? Nel marzo 2014 la Commissione ha svogliatamente emesso un comunicato con il quale si impegnava all’attuazione. Da allora silenzio e nessuna azione. Forse non si vuole toccare l’industria dell’acqua, ora che si spera di poter finalizzare presto il TTIP, per il quale la Veolia, la Nestlè e altre corporations già si sfregano le mani, dato che non basta loro controllare già l’acqua nel resto del mondo. Una volta che il TTIP passasse, avverrebbe per il controllo delle forniture di acqua pubblica la privatizzazione che è già avvenuta per molti altri beni comuni.
Anche per il TTIP c’è stata una ICE; sono state raccolte addirittura quasi 3,5 milioni di firme finora, per fermare il trattato di “libero scambio“. La ICE è stata presentata al raggiungimento del milione di firme richieste, ma respinta dalla Commissione Europea a causa di “mancanze di forma“. Si trattava naturalmente di un misero pretesto, che a quanto pare la Commissione si può permettere. Solo tramite l’impegno volontario di molti attivisti e una vasta rete di oltre 500 ONG la campagna è stata comunque portata avanti fino ad oggi.
Tornando al tema dell’acqua, dichiarata nel 2010 dall’ONU “diritto umano fondamentale” per tutti nel mondo: la ICE “Right2Water” è stata approvata a grandissima maggioranza nel settembre 2015 dal Parlamento Europeo. Un’iniziativa intrapresa dai cittadini è stata dunque accolta e portata avanti dai loro rappresentanti. Si presuppone che questa decisione doppiamente democratica porti effettivamente ad agire. Persino Jean-Claude Juncker e Martin Schulz appoggiarono la ICE durante la campagna elettorale per le Europee 2014. Da allora purtroppo non è accaduto nulla.
L’inadeguatezza dello strumento ICE e la necessità di un suo perfezionamento era chiara anche al Parlamento Europeo, oltre che alle molte organizzazioni di attivisti per la democrazia. Si è avuta infatti una risoluzione riguardante la stessa ICE (28 ottobre 2015), nei cui 41 punti si richiede il suo superamento e semplificazione, la sua maggiore diffusione e un’attuazione più efficace. [3]
Se si fa lo sforzo di leggere le varie richieste si può chiaramente constatare che un’azione è necessaria non tanto da parte degli organizzatori, che hanno raccolto le firme, presentato la ICE e si sono impegnati nonostante tutti gli ostacoli, quanto da parte della Commissione, che dovrebbe finalmente eliminare gli innumerevoli ostacoli di ogni specie e promuovere l’iniziativa come proprio strumento. Inoltre il Parlamento si preoccupa evidentemente a causa della forte disaffezione verso la politica, in aumento ovunque in UE, quando riconosce un deficit di democrazia e afferma in modo prudente ma chiaro che: “il rafforzamento della legittimazione democratica dei suoi organi deve essere uno dei principali obiettivi dell’UE”.
Al punto 14 il Parlamento Europeo richiede alla Commissione di “considerare a questo proposito anche il Parlamento stesso come organo decisionale, in particolare dato che è l’unica istituzione i cui membri sono direttamente eletti dai cittadini europei”. I nostri rappresentanti devono dunque pressare la Commissione per poter essere ascoltati. Ciò non dovrebbe essere automatico in una democrazia? Purtroppo la Commissione non ha finora reagito in merito.
Si pone dunque la questione, se questa sia o no una democrazia. I cittadini promuovono iniziative su temi che incidono sulla vita di tutti, si raccolgono le firme di milioni, le iniziative vengono appoggiate dai rappresentanti eletti, promosse e inoltrate con forza alla Commissione, che si rifiuta persino di considerarle e di attivarsi in qualche modo. Non ci sono ancora mai state trattative o proposte di compromesso degne di nota, la Commissione ignora sia il suo stesso strumento, presentato e magnificato come “altamente democratico”, che il Parlamento, i cittadini europei e non è responsabile di fronte a nessuno?
L’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis con il suo neonato movimento “Democracy in Europe” DiEM25 [4] critica questo e altro. L’intento è quello di rendere l’UE più trasparente [5] e restituire il potere al demos, così come in teoria dovrebbe essere. Chi si registra sul sito DiEM25 può da subito entrare in contatto con altri membri in tutt’Europa, scambiare idee e opinioni, promuovere iniziative e progetti. Il principio della democrazia di base può qui divenire realtà. Il movimento è ancora neonato e dunque alle prese con tutte le difficoltà, ma può crescere e svilupparsi a condizione che ci sia una volontà comune. Volontà che evidentemente manca alla Commissione UE.
Non dovremmo accettare che la ICE e l’idea di partecipazione popolare in UE giacciano nelle sabbie mobili. Una rete formata da Democracy International, Mehr Demokratie e.V. e ECI Campaign ha per questo avviato una petizione per salvare lo strumento ICE, da firmare sul sito www.citizens-initiative.eu . Ne vale la pena, dal momento che è in gioco non meno che la democrazia stessa.
Links:
[1] http://www.oneofus.eu/it/
[2] http://www.right2water.eu/it
[3] http://www.europarl.europa.eu
[4] http://diem25.org/home-it/
[5] https://you.wemove.eu/campaigns/trasparenza
2 maggio 2016
Traduzione dal tedesco di Diego Guardiani