«Che cos’è il Mediterraneo?» Si chiedeva Fernand Braudel tanti anni fa. E rispondeva: «Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre.»
n questo saggio Sebastiano Tusa ragiona sulle pluralità e le complessità di questo mare e sugli elementi di fondo che ne hanno caratterizzato la lunga vicenda, dalla preistoria al medioevo. Il mare più antico viene esaminato quale luogo di confluenza e di diffusione di merci, saperi e culture nell’ambito dei vari sistemi mercantili che resero ricchi i Minoici, i Micenei, i Fenici, i Greci ed i Romani. Ma viene investigato anche quale formidabile serbatoio di biomasse che hanno reso possibile la vita e lo sviluppo di numerose comunità costiere.
Gli strumenti e i modi con i quali il Mediterraneo è stato frequentato e utilizzato vengono analizzati in senso diacronico, al fine di poterne definire l’evoluzione, le contaminazioni, i retaggi e le tradizioni. Un’attenzione particolare è dedicata perciò ai miti e ai riti connessi con il grande mare, elaborati dai popoli per comprendere ciò che risultava incomprensibile, ma anche per «difendersi» dai pericoli dell’andar per mare.
Motivi di riflessione sono infine le complessità e le pluralità etniche di questo mare, che lungo i propri orizzonti ha consentito la formazione di un grande mosaico culturale, entro cui hanno convissuto, scontrandosi e anche incontrandosi, civiltà, lingue e religioni tra loro molto diverse.
Ma il «viaggio» di Tusa nel Mediterraneo è anche un percorso esistenziale, che investe in toto la sua dimensione di archeologo e di uomo che a questo mare piccolo-grande appartiene. Egli annota nella premessa: «Vediamo nel Mediterraneo la possibilità di immergersi nell’arcaismo di mondi insulari e nello stesso tempo stupire di fronte all’estrema giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti della cultura e dell’utile. Il Mediterraneo rinasce costantemente nella realtà, ma anche in noi stessi che abbiamo il privilegio di “sentirlo” scorrere nelle nostre vene spirituali, oltre che sulla nostra pelle bruciata dal sole e dal sale. Le civiltà che in esso s’incrociano odiandosi o amandosi s’incarnano in noi arrovellandosi nell’immanente dilemma tra lo struggente attaccamento alla vita e il ferale silenzio della morte.»
Sebastiano Tusa. Laureato in lettere con tesi in Paletnologia presso l’Università La Sapienza di Roma nel 1975. Perfezionato in Archeologia orientale presso La Sapienza di Roma nel 1985. Idoneo nel 2000 al concorso per professore ordinario della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Cagliari, settore Preistoria e Protostoria. Docente a contratto di Paletnologia presso il Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli dal 2000. Docente a contratto di Archeologia subacquea presso il Corso di Laurea in Archeologia navale dell’Università degli Studi di Bologna, sede staccata di Trapani dal 2001 al 2012. Docente di Archeologia subacquea presso l’Università di Marburg (Germania). Direttore del Servizio per i Beni Archeologici della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani (2000-2004). Soprintendente del Mare della Regione Siciliana (dal 2004 al 2010 e dal 2012). Soprintendente per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani dal 2010 al 2012. Direttore della rivista «Sicilia Archeologica». Dal 1972 ha partecipato e/o diretto missioni e ricerche archeologiche in Italia, Iraq, Iran, Pakistan, e Turchia. È attualmente direttore delle Missioni Archeologiche in Sicilia, Libia e Giappone. Ha condotto numerosi scavi archeologici in Sicilia, Lazio e Campania. Autore di circa 600 opere, tra monografie e saggi scientifici e divulgativi.