La probabile, prevista, espulsione da M5s del sindaco di Parma Federico Pizzarotti la dice lunga su metodi di M5s. «Federico Pizzarotti è sospeso dal Movimento 5 Stelle». Basta una riga sul blog di Beppe Grillo per congelare il sindaco di Parma indagato per abuso d’ufficio. É un atto arbitrario sferrato dall’ alto del vertice grillino perché non avrebbe informato di un avviso di garanzia. Informato chi? Beppe, il direttorio, la Casaleggio associati.
Nessun confronto o chiarimento o approfondimento della vicenda ma una rapida decisione di dargli un metaforico “calcio in culo” e buttarlo fuori dal movimento. Quale è la colpa poi di Federico Pizzarotti? Quella di aver nominato due persone stimate e compenti per il teatro di Parma. Pizzarotti si è difeso alcuni giorni fa. «Gentilissimo anonimo staff ,forse vi siete dimenticati che sono un sindaco eletto, un pubblico ufficiale ed a una email anonima non fornisco nessun documento. Soprattutto per un’indagine in corso che coinvolge me, altri membri del cda, e una fondazione. Per altri approfondimenti fatemi chiamare dal responsabile dei comuni Luigi Di Maio. Ci vuole rispetto delle persone, si deve poter essere chiamati e avere un confronto. Su di noi è stato versato tanto fango anche dall’interno del movimento. È evidente che non è un comportamento che si addice a una forza di governo. Ora mi aspetto un chiarimento». La vicenda ha evidenziato un approccio diverso dei vertici pentastellati rispetto a quella che ha coinvolto il sindaco di Livorno, Nogarin, che, indagato, ha ricevuto una telefonata di solidarietà da Beppe Grillo.
La tensione resta alta. Non è una novità. L’Emilia Romagna è stata sempre la spina nel fianco dei vertici del Movimento. Non è un caso che la prima espulsione «politica» sia stata quella di Valentino Tavolazzi e della sua lista civica a Ferrara. Poi ci sono state quelle di Federica Salsi, consigliera a Bologna, e di Giovanni Favia, consigliere regionale, «licenziati» alla fine del 2012.
Alle elezioni amministrative del 2016, il prossimo 5 giugno andranno alle urne 1306 comuni, di cui 1116 appartenenti a regioni ordinarie e 190 a regioni a statuto speciale. Si voterà in 25 comuni capoluogo di provincia, fra cui Roma, Bologna, Cagliari, Milano, Napoli, Torino e Trieste che sono anche capoluogo di regione. Considerato il numero dei comuni, l’importanza di alcune città e il numero degli elettori coinvolti, è impossibile non cogliere il valore politico di queste elezioni, innanzitutto per il Partito Democratico e per il suo principale antagonista il M5s. Insomma le prossime comunali avranno un peso simile, o quasi, alle politiche.
La vicenda Pizzarotti potrebbe far riflettere gli elettori se dare il voto a candidati sindaci pentastellati.