Care sostenitrici e sostenitori, certo avrete letto anche voi le ultime notizie. “Sono tre i naufragi documentati dai mezzi di soccorso della Marina, con 65 corpi recuperati, fra cui tre neonati, e centinaia di dispersi. In tutta la settimana sono state 13mila le persone tratte in salvo e sbarcate in diversi porti italiani.
Le imbarcazioni in partenza dalla Libia risultano essere in condizioni sempre più disastrose e a stento riescono a raggiungere le acque internazionali, dove sono schierate le navi dell’Europa e dell’Italia.
Nell’ultima settimana sono salpati da Sabratha, Zuwara e dalle spiagge vicino Tripoli, a distanza di poche ore l’uno dall’altro, almeno una settantina di gommoni e una decina di barconi stracolmi. Vuol dire più di 15 al giorno” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/28/migranti-altro-naufragio-con-centinaia-di-dispersi-13mila-arrivi-in-una-settimana/2776356/)
Numeri. Parole. Videate che scorrono sul desk del computer. Foto, con quel mare stupendo sempre sullo sfondo. Numeri, parole e immagini sono le coordinate di una strage continua. Avete provato a mettere in fila quei numeri che si susseguono ormai da anni? Fanno paura. Perché quei numeri sono persone. Quelle immagini sono l’ultima prova della loro esistenza su questa terra. Un attimo dopo scompaiono inabissandosi nelle profondità di quel Mediterraneo che per secoli e per millenni è stato percorso in tutti i sensi da genti diverse, nella fortuna o nella sfortuna che sempre attende chi va per mare. La pesca, i commerci, le avventure, le razzie, le guerre… Le lingue, i canti, le merci, l’emozionante scoperta di altri mondi e culture. Ma quello era storia umana, con la sua terribile e meravigliosa ricchezza. Oggi non vi è più nulla di umano nella discarica di corpi che il Mediterraneo è diventato.
E a questa apocalisse come reagisce l’Europa, Italia in prima linea? Con il Migration compact. Freddo lessico anglosassone per nascondere la disumanità, senza peraltro riuscirvi. Nei fatti cosa c’è dentro la scatola e dietro l’etichetta? “Ricalca in pieno gli accordi con la Turchia per sigillare la rotta balcanica: soldi in cambio del blocco dei flussi esternalizzando l’accoglienza a paesi spesso non democratici. Anziché spendere denaro per finanziare le dittature, l’Europa dovrebbe investire nel salvare la vita alle persone”, ha detto Filippo Miraglia, vicepresidente dell’Arci.
Anche noi di Rete femminista “No muri, no recinti” lo pensiamo. E ne vediamo anche la totale assurdità. Il dispositivo che si sta preparando a suon di miliardi di euro per delegare il lavoro sporco ai paesi meno sicuri che esistano al mondo (Turchia, Libia…) a cosa dovrebbe servire? Ad alzare un’inaccessibile muraglia attorno a quella che in realtà è una fortezza fantasma, un coacervo di egoismi e ingiustizie, un simulacro di Europa, incapace di guardarsi allo specchio per paura di quel che vedrebbe.
Manca la capacità di un vero cambiamento, anche perché è stato archiviato l’irrompere della profonda trasformazione che il pensiero delle donne aveva fatto balenare, ponendo in primo piano come centro della politica la cura della vita, delle persone, dell’ambiente e delle relazioni. Ecco perché è così importante che le tante forze positive ancora vive come voi, sostenitrici e sostenitori di questa petizione, continuino ad attivarsi, a darsi forza e a farsi sentire. C’è ancora spazio per crescere.
Floriana Lipparini
Per firmare la petizione alle parlamentari europee: