Recuperare vecchie linee ferroviarie dismesse per creare percorsi verdi tesi a valorizzare la mobilità dolce e una nuova forma di turismo attivo, responsabile e sostenibile. E’ questa la mission dell’Associazione italiana Greenways Onlus, costituitasi a Milano nel 1998 in occasione di un seminario presenziato dal prof. Julius Fabos dell’Università del Massachussets, capofila internazionale del movimento delle greenways.
Quasi 20 anni fa a tutti i partecipanti a all’incontro tenutosi presso la Facoltà di Agraria era già ben chiaro un concetto: il territorio nazionale, unico al mondo per ricchezza del patrimonio storico, culturale e ambientale, rappresenta uno scenario ideale per uno sviluppo progettuale legato al concetto dei “percorsi verdi”. Come recita l’articolo 1 dello statuto dell’Associazione «il termine Greenways può essere interpretato come un sistema di territori lineari tra loro connessi che sono protetti, gestiti e sviluppati in modo da ottenere benefici di tipo ricreativo, ecologico e storico-culturale». Nel contesto della mobilità dolce, le greenways possono dunque costituire un sistema di percorsi dedicati a una circolazione non motorizzata, in grado di connettere le popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole, paesaggistiche, storico-culturali) e con i “centri di vita” degli insediamenti urbanistici, sia nelle città che nelle aree rurali (art. 2).
I percorsi verdi si contraddistinguono per sei caratteristiche principali: sicurezza (sono separati dalla rete stradale ordinaria e dedicati esclusivamente a utenti non motorizzati); accessibilità (possono fruirne tutti, dai bambini, agli anziani fino alle persone diversamente abili), circolazione dolce (si tratta di tracciati agevoli con pendenze moderate che offrono un diverso punto di vista sui paesaggi circostanti), multiutenza (poiché adatti a ciclisti, pedoni, escursionisti a cavallo ecc.), recupero di infrastrutture e strutture esistenti (quali sentieri, strade storiche, ferrovie dimesse, strade rurali minori ecc.) e infine integrazione con l’ambiente naturale (offrono infatti un accesso rispettoso alle aree di particolare pregio naturale, svolgendo un’importante funzione educativa e consentendo una conoscenza e fruizione sostenibile del territorio).
Non stiamo parlando unicamente di svago, relax e salutari attività all’aria aperta in scenari naturali mozzafiato, perché, come è facile capire, le greenways comportano notevoli benefici per le popolazioni coinvolte, contribuendo non solo allo sviluppo delle regioni rurali attraversate tramite la valorizzazione delle tradizioni e del loro patrimonio storico, artistico e paesaggistico, ma anche alla creazione di nuove attività imprenditoriali e alla promozione di una nuova forma di turismo sostenibile, che favorisce la conoscenza della natura e il rispetto dell’ambiente.
Se è vero che la risposta ai problemi dell’urbanizzazione sparsa sta in una crescita intelligente basata su tre punti principali (uno sviluppo ad alta o media densità territoriale, il recupero del costruito e dei centri storici e una progettazione degli insediamenti e del movimento che connetta e attui un corretto bilanciamento tra differenti mezzi di trasporto), i percorsi verdi rispondono appieno a questa che è stata definita la politica delle 3D (Density, Design and Diversity of choices), poiché la densità territoriale consente alla gente di muoversi a piedi o in bicicletta, una buona progettazione connette le persone alle proprie comunità, e la diversificazione dei mezzi di trasporto comporta una riduzione dell’inquinamento.
La mobilità lenta è elemento fondamentale di una comunità viva e in buona salute fisica e mentale. Salvare la nostra rete di infrastrutture viarie è la premessa fondamentale per la realizzazione lungo tutto lo Stivale di una rete di greenways, che permettono di recuperare aree abbandonate, valorizzare le risorse naturali e rinsaldare il legame tra la popolazione e il territorio. Piste ciclabili, corridoi ecologici, strade turistiche, itinerari storico-culturali, modellatori del paesaggio: le greenways sono tutto questo e molto di più, poiché si rivelano accessi agli spazi aperti per i disabili, percorsi sicuri per i bambini che devono recarsi a scuola, nonché occasione di attività fisica e salutare per le nostre comunità. Possiamo dunque parlare di una risorsa multi-obiettivo, assolutamente da valorizzare in questa società sempre più urbanizzata, frenetica e inquinata.
Deputata a tale scopo è l’Associazione italiana Greenways Onlus, che si propone di connettere e sviluppare le iniziative relative alla costruzione e allo sviluppo dei percorsi verdi. Sull’esempio di quanto avvenuto negli Usa a partire da metà degli anni ’60, i loro promotori si sono chiesti da subito se fosse possibile recuperare il patrimonio ferroviario dimesso, per proporre nuovi modelli di riutilizzo. Da qui l’idea di procedere con un censimento nazionale in collaborazione con le Ferrovie dello Stato, che ha svelato la presenza di ben 8mila Km in disuso, riconvertibili in percorsi naturalistici.
Il progetto “Ferrovie abbandonate” mira proprio a far conoscere tutti i tracciati ferroviari inutilizzati esistenti in Italia (con dati tecnici, mappe e immagini), al fine di conservarne la memoria e promuoverne la valorizzazione. «Si tratta di un patrimonio importante, fatto di sedimi continui che si snodano nel territorio e collegano città, borghi e villaggi rurali, di opere d’arte (ponti, viadotti, gallerie), di stazioni e di caselli (spesso di pregevole fattura e collocati in posizioni strategiche), che giacciono per gran parte abbandonati in balia dei vandali o della natura che piano piano se ne riappropria. Un patrimonio da tutelare e salvare nella sua integrità, trasformandolo in percorsi verdi per la riscoperta e la valorizzazione del territorio o ripristinando il servizio ferroviario con connotati diversi e più legati ad una fruizione ambientale e dei luoghi», si legge sul sito.
Attualmente in Italia sono state realizzate una cinquantina di greenways, per un totale di circa 750 Km fruibili. Dopo il Trentino Alto Adige, che ha provveduto a recuperare quasi tutti i tracciati ferroviari dimessi, le regioni più attive nel settore delle vie ecologiche si sono dimostrate Lombardia, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Tra i migliori percorsi verdi meritano una citazione la super-attrezzata ciclovia delle Dolomiti, la suggestiva Spoleto-Norcia e il percorso ciclopedonale Treviso-Ostiglia, realizzato sull’ex-ferrovia militare. Le opportunità future sono infinite, con l’Associazione italiana Greenways che reclama la necessità di un piano nazionale d’intervento e di finanziamenti specifici.
La stessa Onlus, in collaborazione con il Touring Club Italiano (Tci), promuove il progetto “Binari verdi”, teso a valorizzare, con un marchio significativo, le greenways realizzate lungo vecchi tracciati ferroviari che soddisfano alcuni requisiti di qualità, favorendone il riconoscimento e la promozione come un vero e proprio prodotto turistico. Rivolto agli enti gestori delle greenways (comuni, consorzi di comuni, province, comunità montane, enti parco ecc.) che vogliono valorizzare i loro percorsi e il territorio locale garantendo elevati standard qualitativi agli utenti, “Binari verdi” fornisce il supporto in tutte le fasi progettuali, dallo studio di fattibilità all’analisi dell’utenza fino all’acquisizione del sedime ferroviario, favorendo la realizzazione di interventi che soddisfano i requisiti di qualità.
Il marchio “Binari Verdi” viene assegnato in seguito a una valutazione quali-quantitativa di oltre 50 criteri di analisi raggruppati in cinque macro-aree (sicurezza, comfort, piacevolezza, accessibilità, manutenzione): una volta ottenuto consente di utilizzare il logo e la segnaletica dedicata lungo il percorso, nonché di partecipare al network europeo delle greenways e di usufruire di apposite iniziative di divulgazione rivolte ai turisti e finalizzate a promuovere il percorso e il territorio in questione.