G7 Ise-Shima – ActionAid: l’accoglienza dei migranti non si può negoziare.
Modificare il migration compact per affrontare il problema alla radice
Per un’azione efficace, è necessario distinguere la cooperazione allo sviluppo da altre forme di partenariato e non imporre condizioni inique in cambio di aiuti.
Ise-Shima (Giappone), 27 maggio 2016 – Il migration compact può essere incisivo se non imporrà condizioni inique ai paesi più poveri. Secondo ActionAid, la decisione del premier Renzi di portare al tavolo del G7 il tema dei flussi migratori è un’importante iniziativa; la proposta italiana presenta però dei punti deboli. Il migration compact richiede infatti che sia necessario accettare le regole dell’Europa per combattere povertà e inuguaglianza. Il cuore della proposta è presentato come un contratto, un “bargain”, secondo la logica del do ut des. Un approccio ben diverso da quello della cooperazione allo sviluppo, che richiede di affrontare bisogni e tutelare diritti senza contropartite, puntando a migliorare le condizioni di vita come e dove necessario.
“Va riconosciuta al governo italiano la volontà di rilanciare la cooperazione con l’Africa e portare al tavolo del G7 la questione migranti, dopo averla condivisa con i leader europei. Gestire l’emergenza migranti con un approccio negoziale significherebbe però fare un salto nel passato e non affrontare le cause alla radice delle migrazioni di massa. Il documento del nostro Paese è chiaro, tanto da non nascondere che la questione essenziale è l’impatto dei flussi migratori sull’Europa”, dichiara Luca De Fraia, segretario generale aggiunto di ActionAid Italia. “Le cause all’origine delle migrazioni restano invece in secondo piano. Il governo italiano, prossimo presidente del G7, ha ancora tempo per rielaborare la sua proposta distinguendo in modo chiaro la cooperazione allo sviluppo da altre forme di partenariato” .
Il migration compact si concentra sul contenimento dei fenomeni migratori piuttosto che sulla loro risoluzione, come si comprende dall’enfasi posta sul ruolo dei “Paesi terzi”, ai quali si chiede di implementare programmi di rimpatrio, collaborare con la polizia di frontiera europea, istituire anagrafiche elettroniche e creare strutture per i richiedenti asilo. Non mancano inoltre avvisaglie del fatto che le politiche di cooperazione allo sviluppo possano servire interessi militari e di sicurezza.
Affrontare alla radice le cause delle migrazioni significa rilanciare la cooperazione con l’Africa, come ha promesso il premier Renzi in vista del G7 a guida italiana del 2017. L’Italia è ancora all’ultimo posto tra i paesi G7 non solo per l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo complessivo, ma anche per gli aiuti ai cosiddetti Paesi Meno Avanzati (PMA) e agli Stati Fragili, sebbene questi ultimi siano stati identificati come prioritari. “Se il piano di rilancio della cooperazione del governo appare frutto di una sincera volontà, per restare credibile non potrà rimandare all’infinito il nodo delle risorse. La prossima presidenza italiana del G7 offre un’ottima opportunità per cominciare a tradurre le promesse in realtà“, conclude De Fraia.