Il modo migliore per far accettare inerzialmente alle persone anche le scelte più nocive e pericolose consiste, ovviamente, nel non far sapere loro ciò di cui realmente si tratta. In assenza di informazioni concrete, la propaganda televisiva e la fabbrica dei consensi giornalistica possono magnificare le realtà peggiori presentandole come meraviglie imperdibili. È questo, tra l’altro, il caso del TTIP, il partenariato o trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti, del quale furono avviati i negoziati nei primi mesi del 2013 tra la potenza americana e la potenza- si fa per dire- europea.
Chiamiamo le cose con il loro nome: il TTIP è il trionfo del capitale assoluto e della competitività senza misure e – è il caso di dirlo – senza frontiere. Esso favorirà il libero scambio ancor più di oggi tra i paesi che lo firmeranno e le pene saranno draconiane per chi non lo rispetterà. L’obiettivo non celato è quello di conferire maggiore potere alle imprese, ossia alle multinazionali e ai globalisti della delocalizzazione deregolamentata.
Con il TTIP verrà posta in essere un’immensa “free zone” di libero commercio di merci e servizi: in essa non saranno più validi i limiti che attualmente valgono nei singoli Stati; limiti che – ricordiamolo – sono spesso altrettante conquiste ottenute a suon di battaglie e di lotte per la difesa dei diritti sociali e del lavoro, per la tutela della salute e dell’ambiente.
Il TTIP è libertà, ma sempre e solo per il capitale, sempre e solo per i mondialisti e per quella che nel terzo libro del “Capitale” Marx chiamava la “aristocrazia finanziaria”, coerente portato dello sviluppo dialettico del capitalismo avanzato e finanziarizzato. La “furia del dileguare”, per dirla con Hegel, propria della dinamica liberalizzatrice del fanatismo economico classista andrebbe a colpire, grazie al TTIP, la sicurezza e la sanità, i servizi pubblici e l’agricoltura, le materie prime e la proprietà intellettuale.
Di tale opera liberalizzatrice, sempre encomiata dal Ministero della Verità e della Propaganda Ufficiale, andrebbero a beneficiare non certo l’Italia o la Grecia, ma i colossi, in primis la monarchia del dollaro. Nulla di strano, del resto. Libero mercato e abbattimento dei controlli e delle protezioni significano una sola cosa, con buona pace della propaganda organizzata e delle omelie neoliberiste: significa concorrenza spietata al ribasso tra i lavoratori, trionfo dei prodotti più scadenti per via dei loro costi più bassi, distruzione delle produzioni locali e privatizzazione aziendalistica integrale delle esistenze e dei servizi. Il TTIP è dunque, senza esagerazioni, un’arma contro i lavoratori e a favore dei mondialisti. Ma è, poi, anche un attentato all’ambiente. Esso va indubbiamente nella direzione opposta a quella del movimento ambientalista: si oppone per sua essenza alla tutela del territorio, alla tutela delle varietà locali in agricoltura, all’economia locale del “chilometro zero”, al risparmio energetico.
Insomma, da qualsiasi angolo prospettico lo si osservi, il TTIP giova sempre unicamente a una parte: a quella del capitale e dei suoi alfieri senza coscienza infelice, a quella dei delocalizzatori folli e degli integralisti della privatizzazione. È bene che si sappia che cosa realmente il TTIP, di modo che si organizzino forme di resistenza dal basso, come peraltro sta già avvenendo. Come usa dire, “se lo conosci, lo eviti”.
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