Devo dirlo con notevole imbarazzo, da ateo convinto che la religione faccia molto più male che bene, e che lo faccia non solo con la pretesa che la morte non sia reale, ma prima di tutto con la promozione di una cieca obbedienza a un’autorità apparentemente infallibile. Tuttavia, non provando io alcun tipo di coinvolgimento con le parti coinvolte qui, sono in realtà del tutto entusiasta nel riconoscere la buona notizia che la Chiesa cattolica è passata molto più avanti del mondo accademico USA sul versante basilare dell’opposizione all’omicidio di massa istituzionalizzato.

La Chiesa cattolica ha molto di cui rendere conto nel corso dei secoli, dalla disumanizzazione di gran parte dell’umanità alla normalizzazione dei “danni collaterali”. L’idea di una “guerra giusta” è stata sostenuta con argomentazioni inconsistenti per molti, molti anni, appoggiandosi sull’idea di una presunta sanzione divina. Ma l’attuale Papa ne ha avuto abbastanza. Ha appena tenuto una conferenza a Roma sul rifiuto di qualsiasi ulteriore utilizzo del sofisma “guerra giusta” per perpetrare uccisioni di massa. Non molto tempo fa ha detto al Congresso degli Stati Uniti di porre fine al sanguinoso commercio delle armi. Egli comprende la connessione tra fare la guerra e vendere le armi. Se ammettiamo che ogni guerra è male, siamo in grado di respingere come male l’enorme business che le multinazionali statunitensi fanno nel fornire gran parte delle armi. Finché facciamo finta che alcune guerre siano buone, lasciamo prosperare il complesso industriale che arma le guerre, e che in gran parte provoca quelle stesse guerre.

Il messaggio del Papa, in apertura dell’incontro di questa settimana a Roma, ha stabilito che “… l’obiettivo finale e più profondamente degno dell’uomo e della comunità umana è l’abolizione della guerra”. L’incontro era stato preparato con un comunicato dei suoi organizzatori secondo cui “l’idea di una ‘guerra giusta’ non può più rivendicare il centro della scena come approccio cristiano alla guerra e alla pace”.

Purtroppo il comunicato non era di rottura totale, comunque di spostamento in una direzione migliore. In ogni caso contiene l’appello per un totale rifiuto del termine ‘guerra giusta’: “Sottolineando la necessità di lavorare per una pace giusta, la Chiesa considera non più accettabile chiamare ‘giusta’ una guerra. Mentre sono necessari chiari criteri etici per affrontare attacchi e minacce eclatanti in un mondo violento, teologi morali e studiosi di etica non dovranno più far riferimento a tali criteri come ‘teoria della guerra giusta’, perché quel linguaggio mina l’imperativo morale di sviluppare strumenti e capacità per il confronto non violento”. Gli organizzatori vogliono una “nuova articolazione della dottrina cattolica su guerra e pace, compreso il rifiuto esplicito del termine ‘guerra giusta ‘ “.

Ciò riflette una comprensione accurata degli atteggiamenti mentali che devono essere corretti. L’idea che una guerra possa essere giusta contribuisce a non far considerare numerose opzioni non violente, e ciò avviene quasi settimanalmente negli Stati Uniti. Immaginate che si sviluppi una teoria di “giusti abusi sui minori” o di “giusta tortura dei gatti” o di “giusto stupro” o di “giusta distruzione del clima”. L’ostacolo non sta nel fatto che nessun professore di etica possa elaborare uno scenario immaginario in cui tali azioni possano apparire desiderabili. Il fatto è che le abbiamo rifiutate come società, o stiamo lavorando per farlo.

Guardate i sette paesi che il presidente Barack Obama si vantava di aver bombardato: Afghanistan, Iraq, Siria, Pakistan, Libia, Yemen e Somalia. Ognuno di essi è disastrosamente peggiore a causa della scelta di guerra di Obama, e in ultima analisi, forse la scelta del suo filosofo preferito Tommaso d’Aquino. Che cosa sarebbe successo se, per esempio, l’idea di bombardare la Libia fosse stata inaccettabile dalla comunità degli Stati Uniti nel 2011? Non avrebbero forse prevalso metodi pacifici per realizzare gli stessi obiettivi, o forse anche obiettivi meno vergognosi?

Ah, e che dire del diritto degli iracheni di combattere contro l’invasione? E del diritto degli Stati Uniti di combattere contro una futura immaginaria invasione che temiamo in modo così profondo e ridicolo? Utilizzare simili diritti per giustificare l’istituzione della guerra, compresa l’invasione statunitense dell’Iraq e il bombardamento delle sette nazioni di cui sopra, è un sofisma degno di un qualsiasi venditore di indulgenze. Possiamo riconoscere la forza della non violenza come strumento contro l’aggressione;possiamo riconoscere che la possibilità di subire un’aggressione non giustifica fare la guerra spacciandola per difesa; possiamo riconoscere entrambe. Roma sta spingendo in quelle direzioni chiunque presti attenzione. Il resto della nostra cultura non lo sta facendo.

David Swanson

David Swanson è un autore, attivista, giornalista e conduttore radiofonico. E’ direttore di WorldBeyondWar.org e coordinatore della campagna per RootsAction.org. Fra i suoi libri primeggia “War is a Lie” (2nd Edition, Just World Books, 2016). Tiene i blog DavidSwanson.org e WarIsACrime.org. Conduce Talk Nation Radio.

Swanson è candidato al Nobel per la Pace 2015 e 2016.

Traduzione dall’inglese di Leopoldo Salmaso